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MODENA. Scheletri superstar. Interesse planetario per gli Amanti.

Tomba_degli_Amanti
Sta facendo il giro del mondo la foto dei due scheletri di età tardo romana sepolti mano nella mano, rinvenuti nel 2009 durante gli scavi effettuati sotto il controllo della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna in Viale Ciro Menotti a Modena.
La notizia, data casualmente due settimane fa dall’archeologo Donato Labate a un giornalista della Gazzetta di Modena, ha immediatamente riscosso l’interesse generale, soprattutto dopo che Discovery News l’ha rilanciata in lingua inglese sul palcoscenico internazionale.
Da allora non c’è quasi portale al mondo, dal Giappone alla Russia, dagli USA all’India, che non mostri la struggente foto della giovane coppia che si tiene per mano da 1500 anni, il capo della donna rivolto verso quello dell’uomo che a sua volta doveva guardarla (osservando le vertebre del collo gli antropologi hanno rilevato una rotazione post sepoltura del capo dell’uomo).
Non erano ragazzi, gli amanti di Modena, ma neppure troppo maturi: “adulti”, ipotizzano gli antropologi da una prima analisi dei resti.
Indagini più approfondite, affidate a Giorgio Gruppioni, direttore del Laboratorio di Antropologia, Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna), diranno con un margine minimo di errore quanti anni avessero e forse anche come e perché sono morti.
Nel frattempo restano i dettagli scientifici di un ritrovamento che ha emozionato gli archeologi stessi che l’hanno effettuato.
L’uomo ha il palmo rivolto verso l’alto, a reggere quello femminile rivolto verso il basso: è stata quindi confermata la prima impressione che i due si tenessero effettivamente per mano, e che siano stati sepolti contemporaneamente.
L’anello, che inizialmente gli archeologi avevano attribuito alla mano femminile, appartiene invece a quella maschile: è un monile in bronzo che qualifica l’uomo come cives romanus.
L’uomo tiene la mano destra della donna con la propria sinistra. Questo è un dettaglio che “fotografa” un momento intimo e del tutto privato. Contrariamente al gesto ufficiale della dextrarum iunctio (l’unione delle mani destre di sposo e sposa come rievocazione del rito nuziale), qui si è scelto un gesto assolutamente “quotidiano”, a suggerire la dimensione privata delle ragioni che hanno portato a questa peculiare doppia deposizione.
Gli archeologi fanno notare che se le sepolture doppie (bisome) sono di per sé piuttosto rare, e rarissime quelle che denunciano il chiaro intento di traslare oltre la morte uno stretto rapporto sentimentale, sono di fatto inesistenti e senza precedenti, a quanto ne sappiamo finora, quelle in cui i due amanti si tengono per mano.
Nel 2007 commosse il mondo la tomba di Valdaro di Mantova, di epoca neolitica, con gli amanti stretti in un abbraccio, seguita un anno dopo da un’analoga scoperta, di epoca ancora più antica, presso Diyarbakir, nella Turchia sudorientale.
Se questi antichissimi corpi congiunti paiono quasi anticipare gli abbracci dei famosissimi sarcofagi bisomi etruschi, con lo sposo che avvolge col suo braccio le spalle della sposa, la sepoltura rinvenuta a Modena offre invece un’immagine al momento inedita. La rappresentazione non dell’abbraccio ma del prendersi per mano, di un gesto privo di rilevanza pubblica ma al contrario intimo e quotidiano, è ciò che rende questa scoperta eccezionale.
L’augurio del Soprintendente Filippo Maria Gambari e degli archeologi della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Luca Mercuri e Donato Labate, è che l’accertamento della causa di morte possa spiegare i motivi di questa suggestiva anomalia.
In ogni caso, la direttrice il Museo Civico Archeologico di Modena, Ilaria Pulini, si è già dichiarata disponibile a esporre la coppia nelle sale del museo.

Info:
Filippo Maria Gambari (Soprintendente) sba-ero@beniculturali.it
Luca Mercuri, archeologo SBAER, luca.mercuri@beniculturali.it
Donato Labate, archeologo SBAER, donato.labate@beniculturali.it).

Fonte: Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, 03/11/2011

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