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Michele Zazzi. Le classi subalterne etrusche e le rivolte sociali del IV secolo a.C.

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Nel IV secolo a.C. nelle città-stato etrusche, in linea di massima, il potere economico e politico era detenuto dalle famiglie appartenenti alla classe aristocratica (prevalentemente ricchi proprietari terrieri) che componevano l’oligarchia dominante e si spartivano l’accesso alle nuove cariche della magistratura repubblicana.
Ai componenti delle classi sociali inferiori (artigiani, mercanti, lavoratori) – che le fonti romane definivano servi (ma che in realtà erano liberi e quindi diversi dagli schiavi) o plebe, mentre le fonti greche inquadrano tra i penéstai = poveri – erano interdetti tra l’altro all’esercizio delle cariche pubbliche ed ai matrimoni con la classe aristocratica.
zazziTale situazione generò forti conflitti sociali (assimilabili a quelli tra patrizi e plebei a Roma) che ebbero dinamiche diverse da centro a centro.
Le fonti in particolare fanno riferimento a vicende che sarebbero accadute ad Arezzo ed a Volsinii.
Ad Arezzo vi sarebbe stata una prima ribellione sociale intorno al 358 a.C. Si evincerebbe da uno degli elogia degli Spurinna, potente famiglia di Tarquinia (si tratta di una delle epigrafi latine della famiglia rinvenute nel foro di Tarquinia relativamente all’età giulio-claudia): Aulus Spurinna, che rivestì tre volte la magistratura suprema di Tarquinia, sarebbe intervenuto con l’esercito per sedare la rivolta. L’aristocrazia aretina avrebbe chiesto aiuto alla potenza egemone dell’Etruria del tempo. I rapporti tra i Cilnii, una delle più importante gens di Arezzo (nonchè famiglia del ramo materno di Mecenate) e gli Spurinna sarebbero attestati da un’epigrafe (oggi perduta) del IV secolo a.C. secondo la quale Larthi Cilnei, figlia di Luvchumes Cilnie, sarebbe stata sposata con Arnth Spurina per 14 anni.
Nel 302 a.C. (Tito Livio X, 3, 2), sempre ad Arezzo, sarebbe scoppiata un’altra rivolta delle classi inferiori verso la famiglia dei Cilnii, che questa volta avrebbe chiesto ed ottenuto l’intervento pacificatore dei Romani ad opera del dittatore Marco Valerio Massimo. La scesa in campo di Roma a favore dell’aristocrazia aretina si spiegherebbe con la politica filoromana attuata da quest’ultima a seguito della decadenza di Tarquinia.
zazziA Volsinii gli aristocratici (facendo una scelta diversa dai nobili aretini) avrebbero condiviso il potere con le classi subalterne, facendole partecipare dapprima alle funzioni militari ed almeno in parte all’amministrazione della città (accesso alle magistrature minori?). Le classi meno abbienti avrebbero poi rivendicato un peso sempre maggiore, facendo ricorso anche alla violenza per ottenerlo. A questo punto Roma su richiesta di alcuni aristocratici volsiniesi scampati al pericolo intervenne militarmente (con Marco Fulvio Flacco) nel 264 a. C. assediando la città e annientando i rivoltosi. I Romani però andarono ben oltre e, dopo aver saccheggiato e distrutto la città, deportarono i sopravvissuti in un sito meno difendibile in riva al Lago di Bolsena (Zonara Epitome Storica 8,7, 4-8; Giovanni Antiocheno fr. 50 Muller).
Sempre con riguardo ai conflitti sociali le fonti (Pseudo-Aristotele) riportano un racconto molto simile a quello della rivolta di Volsnii anche con riferimento alla città (allo stato non identificata) di Oinarea.

Sulle rivolte sociali del IV secolo a.C. cfr,, tra gli altri:
– Françoise-Hèlène Massa-Pairault, La struttura sociale e la questione dei servi, in gli Etruschi, Bompiani, 2000, pagg. 255 e ss.;
– Paolo Liverani in Introduzione all’Etruscologia, a cura di Gilda Bartoloni, HOEPLI, 2012, pagg. 234 e ss.

zazziImmagini dell’area archeologica di Castelsecco ad Arezzo, del tempio del Belvedere di Orvieto, del gruppo dell’aratore proveniente da Arezzo ed esposto al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e di armatura in bronzo conservata nel Museo Archeologico Nazionale Etrusco di Orvieto.

Autore: Michele Zazzi – michele.zazzi@alice.it

 

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