Archivi

Mario Zaniboni. Teste Olmeche. Misteri irrisolti.

olmeche

Studiando e ammirando quanto gli antichi hanno tramandato, non di rado nascono spontanei dei questiti ai quali non sempre si riesce a dare una risposta ragionata ed esaustiva. Uno di questi riguarda quanto si è riscontrato nell’America del Sud, dove si è ricorso all’uso di pietre di basalto di dimensioni enormi e, naturalmente, di pesi altrettanto enormi, per realizzare oggetti isolati oppure strutture complesse. E ciò che si desidererebbe conoscere, non tanto come questi siano stati prodotti, giacché gli arnesi, seppur primitivi, erano a disposizione, bensì come si sia riusciti a trasportarli ed a sistemarli nelle loro sedi definitive, con i mezzi molto limitati di cui si aveva la disponibilità secondo le nostre conoscenze, essendo notoriamente le strade tutt’altro che agevoli ed avendo i mezzi senza ruote, giunte dopo la scoperta del Nuovo Continente da parte di Cristoforo Colombo; e, per di più, gli Olmechi non allevavano nemmeno animali da soma.
Forse hanno usato vie d’acqua, con natanti lungo le coste del Golfo del Messico e risalendo i fiumi: il mistero resta. Ma ciò che è certo è che le teste sono state trasportate per più di cento chilometri sull’asciutto con mezzi tuttora sconosciuti. Già – potrebbe essere – si spianava il terreno e si trascinavano i blocchi, ma come? Forse funi e file lunghissime di indigeni tiravano i blocchi? Sicuramente un lavoro non agevole.
Facendo riferimento a ciò che gli Olmechi hanno lasciato, quali piattaforme, strade rialzate, cumuli e altro quali prodotti di movimento terra, si è certi che possedevano le capacità tecniche per realizzare anche grandi opere. Comunque, le teste erano dove sono state trovate e accontentiamoci di ciò, fino a quando qualcuno sarà in grado di togliere tutti i dubbi dei contemporanei.
La storia racconta che nel XIX secolo, nel sito archeologico denominato Tres Zapotes, situato nelle pianure del Messico centromeridionale, attraversate dal fiume Papaloapan, fu scoperta una testa colossale, che più tardi, nel 1938, sollevò la curiosità dell’archeologo, etnologo Matthew Stirling, che fece le prime ricerche sulla civiltà olmeca. E con questa anche altre furono scoperte, tanto che furono avviati studi sulle messicane “Teste Olmeche”, che non hanno fatto parte di nessuna struttura, ma che comunque hanno attivato interrogativi per il fatto di essere state trovate lontane dalle cave di basalto della Sierra de los Tuxtlas di Veracruz (nota anche come Sierra de Santa Martha e Sierra de Tuxtla), situata non lontana dalla costa del Golfo del Messico, da cui i massi furono estratti.
Si tratta di enormi testoni, che sono stati trovati dove non sono stati scolpiti, bensì in quattro siti diversi del Golfo del Messico. Derivano dalla lavorazione di grossolani massi a forma vagamente sferica, esclusi due, provenienti da San Lorenzo Tenochtitlàn, che furono ripresi partendo da una specie di trono, datato anteriormente al 900 a.C., caratteristico della civiltà olmeca dell’America centrale e latina. E un’altra testa colossale è stata trovata a Takalik Abaj in Guatemala nell’America Centrale che è l’unica trovata al di fuori dell’area residenziale degli Olmechi.
Chi erano gli Olmechi? Erano gli appartenenti ad un’antica popolazione precolombiana stanziata nel Messico centro meridionale, nei territori di Tabasco e Veracruz, un territorio lungo circa 275 chilometri e largo un centinaio, il cui periodo di maggiore splendore fu quello compreso fra il 1400 e il 400 a.C. Furono fra i primi a scolpire la pietra e lasciare esempi di scrittura, risalente al 650 a.C., come si riscontra in reperti archeologici.
Gli Olmechi fecero parte di uno dei sei gruppi che sono ritenuti fondamentali in merito alla cultura ed alla civiltà che si è sparsa, come macchia d’olio, in tutto il mondo. Le altre sono state quella di Norte Chico nell’America del Sud, di Erlitou del Fiume Giallo in Cina, dell’antico Egitto in Africa, della Valle dell’Indo in India e sumera nell’Iraq.
Fu sicuramente il popolo che per primo ebbe una civiltà prosperosa, che trasmise a tutti i popoli successivi. Per questioni religiose, purtroppo, è stato dimostrato che praticassero sacrifici umani, mentre, sicuramente meglio accettabile era la passione per lo sport della pelota. La civiltà olmeca si espanse, tanto che se ne trovano vestigia a El Salvador, nell’America Centrale.
Le teste colossali olmeche variano in altezza da 1,47 a 3,4 metri e pesano tra le 6 e le 50 tonnellate; per lo più, sono in basalto grigio scuro a grana grossa, denominato basalto di Cerro Cintepec, dal nome del vulcano appartenente alla catena montuosa denominata Sierra de los Tuxtlas.

I massi, dai quali sono stati realizzate le teste, provengono da un territorio che è stato occupato da grandi lahar, termine che è originario dell’Indonesia con il significato di “lava”. Perché si dice questo? Il lahar non è altro che una colata di materiale piroclastico misto ad acqua che, durante l’eruzione, scorre velocemente lungo le pendici del vulcano, trascinando con sé tutto quanto incontra nel suo potente moto turbolento, compresi anche grossi massi di roccia; ha le caratteristiche di consistenza, viscosità, comportamento del calcestruzzo e, come lui, una volta fermatosi, si raffredda e si solidifica. Quanto descritto sta a chiarire che, con ogni probabilità, i massi erano già disponibili senza doverli estrarre dal suolo.
Le teste ritraggono volti virili, con guance paffute, naso schiacciato, occhi leggermente convergenti, nuca tendenzialmente piatta: sono le fisionomie comuni delle genti dei territori messicani di Tabasco e Veracruz. Portano tutte un copricapo caratteristico ed inoltre, quasi tutte le teste portano grossi tappi inseriti nei lobi delle orecchie.
Sono state trovate in gruppi o allineate in file nelle vicinanze dei principali centri abitati. Osservandole bene, si riconosce che i personaggi rappresentati erano noti agli scultori, giacché le teste sono delle loro copie, ognuna delle quali ha caratteristiche ben precise: forse riprendevano i volti di sovrani o dignitari ancora in vita o del passato.
Chi rappresentassero non è dato sapere, però, tenuto conto delle difficoltà di estrazione dalle cave e costruttive e, da non sottovalutare, dei costi affrontati per il loro trasporto per lunghe distanze fino alla sede definitiva, si ritiene che si trattasse di sovrani o potenti dignitari, appunto.
Sicuramente, la lavorazione e la successiva sistemazione dei testoni era stata da loro approvata. Per quanto riguarda la lavorazione, senza dubbio sono stati coinvolti vari tipi di artigiani e di lavoratori, cioè minatori, scultori e tutti coloro che operavano per preparare gli utensili giusti, per spostare i blocchi finiti e per provvedere a tutto quanto serviva; e di conseguenza, solamente gente danarosa poteva permettersi di affrontare le spese relative.
Intanto, gli studiosi sono alla ricerca dei collegamenti fra le varie teste, ma finora le risposte sono latitanti.
La prima gigantesca testa fu scoperta nel 1862 a Tres Zapotes, un sito archeologico situato nella pianura del fiume Papaloapan nel Golfo del Messico. Ma le ricerche in merito furono riprese solamente nel 1938 durante una spedizione archeologica diretta da Matthew Stirling.
Le teste sono ancora oggi un mistero, per quanto più sopra esposto. Finora, ne sono state trovate 17. La prima scoperta, come già detto, risale al 1862 a Tres Zapotes. Delle teste, 15 sono state scolpite partendo da massi vagamente sferici e di forma abbastanza regolare, mentre le restanti 2 provengono da pezzi molto più grossi, partendo da troni di grandi dimensioni, come ricordato più sopra.
Le sedi in cui sono state trovate sono 4 (San Lorenzo, La Venta, Tres Zapotes e Rancho). Quella di San Lorenzo si ritiene sia stata sepolta verso il 900 a.C., per cui fu scolpita precedentemente. Però, non risulta chiaro il fatto che alcune teste siano state spostate, per cui si potrebbe supporre che la loro produzione possa essere avvenuta in un lungo periodo di tempo.
Attualmente le enormi teste sono nel Messico, distribuite come di seguito riportato: delle teste di San Lorenzo, due sono esposte nel Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico, sette si trovano in quello di Xallapa e una fa bella mostra di sé nel Museo delle Comunità di San Lorenzo Tenochtitlan, non lontano da Texistepec; le quattro teste di La Venta sono conservate nella capitale dello stato di Tabasco, Villahermosa, dove tre sono nel Parco Museale di La Venta ed una si trova nel Museo di Storia di Tabasco; infine, tre teste sono nell’Hotel Gran Santiago Plaza Tuxtlan e una nel Museo delle Comunità di Tres Zapotes.
Raramente escono dal Messico per essere presentate in mostre interazionali; forse ciò per le difficoltà connesse, più che alle dimensioni, al peso.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

Segnala la tua notizia