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Mario Zaniboni. Santa Maria di Padovetere, pieve paleocristiana.

Nella provincia di Ferrara, i luoghi storici che hanno le radici nell’antichità, risalendo al Neolitico, cioè indicativamente dall’8000 al 3500 a.C., sono quelli di Bondeno, che si trovano nella parte occidentale del territorio della città, mentre in quella orientale sono quello di Comacchio e paesi vicini.
Purtroppo, non si sa molto di quei tempi, ma non è difficile pensare alle difficoltà vissute dai piccoli insediamenti di contadini che a fatica riuscivano a tirare avanti, perché il terreno agricolo era ridotto dal dominio delle malsane paludi, alimentate dalle piene e dagli allagamenti di sua Maestà il Po, che cambiava e modellava il suo aspetto a ogni piè sospinto, aprendo nuovi corsi d’acqua e interrando quelli vecchi. E, per di più, a completare lo stato miserevole di quella povera gente, non mancava la compagnia massiccia delle pericolose anofele, succhiatrici preferibilmente del sangue umano.
E nei primi tempi, quando tutto procedeva per il meglio, la città di Spina divenne un importante centro commerciale e di smistamento militare fra la Pianura Padana, il Veneto e l’Oriente; ma poi, a causa dei fini apporti lapidei dei fiumi che provenivano dall’Appennino e del Po, che a un certo momento spostò il suo alveo verso nord, il porto di Spina sull’Adriatico si allontanò troppo dalla città, favorendo in tal modo gli interessi di Ravenna. Così, Spina decadde al punto che fu abbandonata dai suoi abitanti e scomparve dalla superficie della terra, tanto che solamente alla metà del secolo XX si riuscì a trovarne le tracce.
Nei pressi di Spina, al servizio della comunità religiosa era stata costruita una pieve, cioè una di quelle strutture che nel Medioevo erano le sedi delle piccole circoscrizioni ecclesiastiche dell’Italia del nord: era Santa Maria nella località chiamata Padovetere, dal nome Padus Vetus del vecchio ramo del Po che ivi scorreva e anche lui scomparso, nella Valle Pega. Di questa scrisse Andrea Agnello, nato attorno all’801 a Ravenna, nella sua opera Liber Pontificalis, affermando che si trattava di un piccolo edificio di culto condotto da monaci.
E anche di questa chiesa, come di quelle di Spina, erano state perse le tracce.
Quando si lavorava per effettuare la bonifica idraulica di parte delle Valli di Comacchio, nel 1956, mentre si stava scavando un canale di drenaggio fra la Valle del Mezzano e la Valle Pega, ci si imbatté nei resti di un edificio religioso, e l’archeologo responsabile degli scavi, Prof. Nereo Alfieri, non ebbe dubbi a identificarli come appartenenti alla pieve di Santa Maria di Padovetere, costruita nel VI secolo d.C. Una chiesa di cui si sono individuate una sala, un battistero di forma ottagonale e un campanile; e si sono ritrovati pure i resti del cimitero annesso alla costruzione.
padovetereMolto più tardi, per l’esattezza nel 2015, durante una nuova campagna di scavi nei dintorni, insieme con reperti molto importanti, fu rinvenuta una barca della lunghezza di 15 metri risalente al periodo compreso fra l’età romana e quella medioevale; inoltre, furono individuati due piroghe, resti di ceramica e ossei, fra cui quelle di bambini.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

Vedi anche: Santa_Maria_in_Padovetere, di Carla Corti

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