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LIONE (F): Il calendario celtico. Il suo ciclo durava cinque anni.

Lo conosciamo grazie ad una tavola conservata al Museo di Lione. Cercava di conciliare i periodi del sole e della luna con mesi extra.

IL calendario di Coligny, conservato al Musée de la Civilisation Gallo-Romaine di Lione, è una tavola comprende un calendario celtico lunisolare di 5 anni, con i nomi dei dodici mesi lunari celtici e due mesi intercalari di 30 giorni privi di nome.

Il quinquennio è strutturato su tre anni di dodici lunazioni e due anni, il primo e il terzo, di tredici lunazioni. La particolarità del calendario sta nel numero di giorni dei mesi. (Samon 30, Duman 29, Riuros 30, Anagan 29, Ogron 30, Cutios 30, Giamon 29, Simiuis 30, Equos 30, Elembios 29, Edrini 30, Cantlos 29).

La scelta di considerare sette mesi di 30 giorni e cinque mesi di 29 comporta che i giorni compresi in un anno celtico di dodici lunazioni risultino 7×30+5×29 = 355, in eccesso rispetto all’anno lunare, che dura poco più di 354 giorni.

E’ improbabile che osservatori esperti come i druidi abbiano commesso un errore così grande, errore ancora maggiore negli anni con la tredicesima lunazione intercalare, che risulta di ben 8×30+5×29=385 giorni.

Una stessa scritta chiaramente incisa nella tavola di bronzo lo ricorda: MID XIII MATV CCCLXXXV LAT che va tradotta come “mese tredicesimo fortunato (che porta l’anno ad essere) 385 lungo”.

Lo schema di Coligny è dunque chiaro e indiscutibile. Tuttavia la lettura può essere decisamente diversa rispetto alle lunazioni: lo schema di tre anni di 355 giorni e due anni di 385 porta a un totale di 1835 giorni. Siccome, come ci assicura un testo di Plinio, il secolo celtico era composto da trent’anni, il ciclo andava ripetuto sei volte. In questo modo il ciclo completo risultava di 1835×6=11.010 giorni.

Questo numero trasforma il Calendario di Coligny in una incredibile e complessa tavola per previsioni planetarie. Innanzi tutto, se dividiamo questo numero per il periodo sinodico di Mercurio, troviamo che il periodo si ripete in un secolo celtico 95 volte, con uno scarto di poco più di un giorno in trent’anni. Questo è senza dubbio l’elemento caratterizzante e la nuova chiave di lettura del calendario di Coligny: la possibilità di determinare la posizione e la fase di Mercurio. Bisogna sottolineare che Mercurio era la divinità più importante dei Celti. Per i Celti Mercurio era Lug: una ulteriore conferma dell’interpretazione del calendario sta nel fatto che il reperto sia stato rinvenuto nei pressi di Lione, il cui nome era anticamente Lugdunum, proprio perché era la città consacrata alla più importante divinità del pantheon celtico.

Cesare scrive: “Il dio che venerano sopra ogni altro è Mercurio, le cui statue sono le più numerose”. In questo dio vedono l’inventore di tutte le arti; lo considerano come guida di chi viaggia lungo le strade, come colui che più di ogni altro può far guadagnare denaro e favorire il commercio.

Cerchiamo di metterci nei panni di un osservatore celtico e sforziamoci di immaginare le sue osservazioni: era fondamentale l’osservazione delle massime elongazioni, orientale e occidentale, del pianeta, quando raggiunge la massima distanza apparente dal Sole e la sua visibilità è migliore. Coligny consente di prevedere queste posizioni con una approssimazione di circa un giorno ogni trent’anni.

Questa scoperta cambia totalmente il significato del calendario celtico, che era estremamente preciso per quanto concerne Mercurio, mentre si limitava a una descrizione meno attenta, pur essendo altamente simbolica, delle fasi lunari. Viene spontaneo un paragone: lo stesso procedimento si trova tra i Maya, ma per Venere, la loro divinità più importante. Coligny consente di effettuare anche altre previsioni. Innanzi tutto, dividendo 11.010 per il periodo siderale di Venere, si ottengono 49 cicli con un anticipo di circa otto ore. Inoltre, lo stesso numero diviso per il periodo siderale della Luna, fornisce 403 cicli, con un anticipo di circa 14 ore. Infine, se consideriamo solo 5 cicli di Coligny, e quindi 25 anni, otteniamo 1835×5=9.175 giorni, che corrispondono a 23 periodi sinodici di Giove.

Tutto ciò merita una serie di considerazioni. Innanzi tutto va rivalutata la scienza dei Celti, e in particolare l’astronomia. Inoltre, questa scoperta conferma l’importanza di Mercurio come principale divinità, e ne ribadisce la connotazione astrale. Infine bisogna sottolineare il calendario basato sul periodo siderale della Luna: vi sono reminescenze nei calendari agricoli attuali alpini. Ancora oggi, i contadini della Valle d’Aosta e della vicina Savoia amano usare per le loro principali opere agricole un calendario lunare siderale, che viene riassunto popolarmente con il termine dialettale “Planètta”, che indica la posizione della Luna nel cielo. C’è in questa tradizione una reminescenza di abitudini celtiche?

Fonte: La Stampa – Tuttoscienze 28/12/2005
Autore: Guido Cossard

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