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Giuliano CONFALONIERI, Archeoliguria – quarta parte.

Le Confraternite, istituzioni d’epoca medioevale, si erano assunte compiti assistenziali e religiosi. Rare nel XIV sec., proliferarono nei secoli successivi associando mestieri o quartieri, gruppi religiosi o di mutuo soccorso dove la cassa comune aiutava gli indigenti e gli affiliati in crisi.
La Confraternita della Carità di Alassio e quella albenganese della Misericordia ne ricordano la presenza sul nostro territorio insieme a quelle savonesi: SS. Trinità, Santi Giovanni e Petronilla, N.S. di Castello, San Domenico, Santi Pietro e Caterina, Santi Agostino e Monica (“Acora fraeli me karissimi noi se torneremo devotamenti a lo bom rey de vita eterna e si lo pregeremo che elo ge piaxe de mandà santissima e fermissima paxe de ce in terra e speciamenti in la Citae de Zenoa e de Saona…”), ognuna con propri statuti.
A Pietra Ligure sono note quelle dei Disciplinanti (Bianchi), Orazione e Morte (Neri), Santa Catterina (Rossi). Quest’ultima sorse all’inizio dell’Ottocento (l’elenco degli iscritti 1808 è conservato nella Curia di Albenga) sistemandosi a Pietra dapprima nella Cappella omonima del vecchio cimitero alle spalle del castello e poi nella Chiesa di S. Anna nel Fosso; nel 1814 si trasferì nell’Oratorio della Concezione dei Disciplinanti e si sciolse nel 1940 quando la costruzione viene demolita; dal 1979 il gruppo ricostituito ha sede nella Chiesa dell’Annunziata (costruita alla fine del Seicento) con scopi caritativi, culturali e di accompagnamento delle processioni solenni con i crocefissi ornamentali ed il caratteristico tabarro rosso.
Oltre a queste Confraternite principali agivano in zona altri gruppi che spesso nelle cerimonie pubbliche religiose si trovavano in diretto conflitto per motivi di precedenza o per vecchi rancori tra famiglie. Nei suoi scritti lo storico locale Tobia Oddo racconta che “durante la processione annuale al Santuario della Madonna del Soccorso a Pietra (alla quale tutte le parrocchie della vallata partecipavano all’indomani della Festa di Pentecoste), quando le due lunghe colonne di fedeli si incontravano al crocevia, prima si appoggiavano i crocefissi e le sacre insegne ai muri delle ‘fasce’, poi i ‘contradaioli’ di Bardino Vecchio e Bardino Nuovo incominciavano il rito della scazzottatura con l’immancabile corollario di contumelie, insulti ed imprecazioni di ogni genere”.
A Savona la “notte dei Murtinn-a” con le Casse, gruppi statuari lignei portati a spalla dai Camalli (una volta arruolati tra gli scaricatori del porto), rievoca con la processione salmodiante la Passione del Calvario ed emula eventi similari diffusi in tutta la penisola; una fede antica che si esprime dal 1200 quando furono fondate le prime congregazioni del circondario. L’accesa rivalità tra alcuni gruppi fece proibire dalla Curia nel 1585 la processione del Venerdì Santo perché il vescovo ritenne che le movenze dei flagellanti “più presto muovono a riso che a divotione”. Nel Settecento il vescovado provvide a riunire gli Oratori per concordare una manifestazione all’insegna della collaborazione, nel quinto Concilio di Milano, San Carlo Borromeo approvò una regola valida anche per le Confraternite liguri nella quale la figura del parroco diventava supervisore di tutte le attività inerenti questo tipo di istituzione utile in molte occasioni come nel Seicento quando una grave pestilenza, provocata da soldati spagnoli di passaggio, colpì gli abitanti che vivevano di agricoltura povera “cibandosi la maggior parte d’essi di castagne e legumi, poiché molti di essi non mangiano pane ne bevono vino tutto l’anno”. Alla gente di basso ceto infatti la cucina riservava il lardo come condimento di base mentre i pranzi dei Signori nelle grandi occasioni prevedevano una dozzina di portate comprendenti “Lepre dorate, et lucij… anatre, ayroni et carpo sperte d’oro…
A fianco delle Confraternite agivano Ordini come i Trinitari diffusi in Provenza e Liguria, i Templari, i Santi Cavalieri e quelli di Malta che difendevano le navi dei pellegrini e riscattavano gli individui rapiti dai pirati e fatti schiavi; alla fine del XII sec. costruirono a Genova la Commenda di Pré, ospitale con chiesa o stazione marittima per pellegrini. Da più di mezzo millennio offre il suo conforto la Veneranda Compagnia di Misericordia, il cui scopo è quello di “assistere, istruire, sollevare i carcerati, indurre a penitenza cristiana e confortare i condannati a morte”.
Molte antiche Confraternite di Liguria hanno oggi – oltre ai radicati doveri istituzionali e di pratica religiosa – il compito di seguire le processioni con i loro grandi artistici crocefissi (la croce astile, cosi detta perché sorretta da un’asta, è di uso molto antico ma solo dal IX sec. fu completata dalla figura scolpita del Cristo). Le processioni liturgiche procedono per tradizione da destra a sinistra e hanno lo scopo di espiazione o di propiziazione ma anche quello di commemorare eventi e scadenze rituali: Corpus Domini, Via Crucis, Venerdì Santo.
Il Corpus Domini – festa religiosa che cade dieci giorni dopo la Pentecoste, istituita ufficialmente nel 1264 per commemorare il miracolo di Bolsena – culminava con la processione che portava l’Ostia consacrata nelle vie. La sua storia ha alcuni legami con quella del teatro perché la sfilata diventava in alcune occasioni un vero e proprio spettacolo anche per l’accostamento a riti propiziatori dedicati al mondo agricolo: nel tempo, la celebrazione si mescolò con leggende agiografiche, con carri figurati, finte battaglie e quadri viventi. Il fedele, soprattutto quando è confuso nella folla, sente il bisogno di esternare in qualche modo, oltre che con la preghiera e la meditazione, la sua presenza al Creatore. Nel tempo si sono stratificate ‘invenzioni’ tinte di folklore che si mescolano con il rito tradizionale. Un insieme di manifestazioni devozionali che riescono a coinvolgere emotivamente proprio per lo sforzo di rendere concreto il Mistero: dalle rappresentazioni sacre agli ex-voto, dalle quinte effimere alle macchine processionali, dalle corali all’arte sacra. Sono modi talvolta eccessivamente plateali ma estremamente efficaci per congiungere realtà e metafisica.
Secoli di storia hanno accumulato una serie di eventi in bilico tra sacro e profano che ancora oggi costituiscono il coronamento della liturgia. Artisti e mecenati intendevano la materializzazione del sacro come un mezzo per avvicinarsi a Dio.
L’architettura  delle cattedrali invita alla preghiera, i grandi della pittura – da Giotto a Leonardo a Michelangelo – hanno contribuito con il loro lavoro ed il loro ingegno a lasciare prove indelebili. Grandiosi affreschi come quelli della Cappella Sistina e dell’Ultima Cena, pale gigantesche issate sugli altari: uno stimolo all’intelligenza e alla fede di tutti coloro che sanno apprezzare ‘il tormento e l’estasi’ degli artisti che le hanno create.
Un tipo di arte sacra minore o comunque popolare è costituita dalla numerosa produzione di scenografie precarie come quelle usate nei teatri, disegni o pitture su tela o cartone (‘cartelame’), realizzata per usi temporanei in occasione di feste religiose. Dal XVI sec. per l’adorazione del SS. Sacramento esposto nelle Quarantore, ci fu una proliferazione di queste ‘quinte’ di derivazione teatrale.
Spesso realizzato con grande cura, il cartelame ha avuto una durata imprevista, tanto da giungere fino ai tempi nostri con reperti ancora visibili nelle chiese di Ceriana, Andora e Imperia Porto Maurizio. Un’altra forma di rappresentazione sacra è il Presepio (dal latino ‘praesaepe’, mangiatoia), la cui origine deriva dalla liturgia della notte di Natale. Furono San Francesco ed il suo ordine a diffondere la tradizione (in forma di sacra rappresentazione a Greccio con personaggi in carne ed ossa) insieme ai domenicani ed ai gesuiti.
Il più antico presepio – dovuto ad Arnolfo di Cambio – è conservato nella Basilica romana di  S. Maria Maggiore, quello di Andrea della Robbia è nel Duomo di Volterra (dal Quattrocento furono introdotte grandi figure in legno o terracotta poste davanti ad un fondale). Molto importanti sono quelli del Settecento di fattura napoletana: centinaia di statuette realizzate dai migliori figurinai, molte delle quali conservate alla Certosa di San Martino.
In Liguria sono note le sculture lignee di A.M. Maragliano, le terrecotte di Albissola create nell’Ottocento da Antonio Brilla e ‘macachi’ colorati a freddo dalle donne albissolesi. Immaginette sacre ed ex-voto sono un ulteriore esempio di come la precarietà umana abbia bisogno di rendere tangibile il proprio sentimento, di fare partecipi gli altri delle proprie miserie, dal privato al pubblico. I ‘santini’, stampati solitamente su un piccolo cartoncino, riproducono la figura di un Santo o di oggetti sacri: Don Bosco, S. Rita da Cascia, la Pisside, ecc. Sul retro alcune riportano la preghiera destinata all’occasione per la quale furono realizzate. Oltre al significato simbolico, molti pezzi hanno cromatismi e disegni originali, d’epoca e nazionalità diverse, offrono preziosismi come minuscole reliquie racchiuse e bordi traforati ad arte: maneggiati fino a consumarli e scolorirli, personalizzati dai nostri nonni con un nome o una data.

Autore: Giuliano.confalonieri@alice.it

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