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Ermanno De Paoli Vitali. Alcune lacunose annotazioni scientifiche sulla dissalazione marina del filosofo e naturalista Aristotele suggeriscono considerazioni di attualità.

aristotele

In questo tempo di crisi climatica globale e locale, gli eventi atmosferici estremi, come uragani e nubifragi, traggono energia dal riscaldamento globale e sono diventati sempre più violenti e frequenti negli ultimi anni, provocando morti e distruzione.
Continuiamo a vivere i fortunali e la siccità, per non dire di frane e roghi, come se fossero incidenti casuali e poco importanti. Nel Palazzo nessuno se ne cura più di tanto e non c’è – incredibilmente – alcun dibattito virtuoso in corso nella politica planetaria. È da ritenere che i primi ad asservare le fasi del ciclo idrologico come un coacervo di processi tra loro indipendenti e che la loro attenzione sia stata esclusivamente attratta da quelli più direttamente interferenti con le loro attività vitali furono in occidente gli antichi greci (1).
In Meteorologia, a cura di Lucio Pepe, apprendiamo quanto segue (2): le osservazioni della circolazione dell’acqua in natura (mare, fiumi, piogge), furono avviate da Talete di Mileto (624 – 545 a.C.). Anassagora (500-497 a.C.) affermava che la salinità del mare è prodotta dall’acqua dei fiumi che, filtrando attraverso la terra, ne raccoglie le sostanze saline trascinandole a mare. Aristotele (A.), filoso naturalista (384-322 a.C.) sostiene che l’esalazione umida (vapori di acqua dolce) per il riscaldamento del mare, è alla base del meccanismo di formazione delle nubi, quindi della pioggia, della neve, e delle sorgenti dei fiumi. Per lo Stagirita la salinità del mare è prodotta dall’acqua piovana che trascina con sé nel mare le parti salate contenute in quella specie di fumo (kapnos) che è l’esalazione secca, quando si leva da terra, rigettando in blocco le ipotesi (corrette) di Anassagora.
La possibilità di dissalare l’acqua di mare fu oggetto di sperimentazione nell’antica Grecia a partire da Democrito (460 – 370 a.C), primo fisico atomico antico a descrivere le particelle del sale: “grandi e angolose”, quindi setacciabili da filtri terrosi per ottenere acqua dolce. La questione è posta anche dal filosofo naturalista Plinio il vecchio (23 – 79 d.C.) e anche da Emanuele Kant (1724 – 1804) che menziona un effetto di filtraggio simile. Claudius Aelianus filosofo (175 – 235 d. C.) scrive (3): “Sostiene Aristotele, e Democrito prima di lui, e Teofrasto in terzo luogo, che i pesci non si nutrono di acqua salata, bensì dell’acqua dolce che si trova nel mare”. Per A. nel mare si
distribuiscono stratificazioni fluide di differenti salinità e di differenti temperature con cinetiche di ascensioni e sprofondamenti (4).
Il moto degli strati e l’impatto con elementi terrosi possono produrre acqua dolce. Prosegue A.: “Che, dunque, la salinità risulta da una mescolanza è chiaro non solo da quanto si è detto, ma è anche confermato da ciò: se, dopo averlo foggiato, si pone un vaso di cera nel mare [per lo sperimentatore la cera è composta da acqua in prevalenza e da elementi terrosi], avendo chiusa l’apertura in modo da non far penetrare acqua di mare, si constaterà che ciò che è entrato attraverso le pareti di cera è acqua potabile, perché la parte terrosa, che mescolata produce il sapore salato, viene separata come da un filtro”.
Questo esperimento è descritto nelle Opere biologiche di Aristotele, in Metereologica e nell’Historia animalium. In realtà, la cera possiede intrinseche caratteristiche di idrorepellenza e di impermeabilità che vanificano i risultati descritti.
Numerosi interpreti, soprattutto filologi, hanno sostituito kérinon (cera) con keràminon (argilla) e riportano che anche A. aveva annotato una positiva esperienza valendosi di un recipiente di ceramica grezza non verniciata (5). Purtroppo, la ceramica grezza non è selettiva del solvente (acqua dolce), è permeabile anche ai soluti (sali) e il vaso conterrà acqua salmastra. Per quanto concerne l’accezione: “si pone” il vaso (di cera o di argilla) nel mare [Ө da tiӨmi (cfr. nota 2)], soltanto in un passaggio A. annota che il vaso vuoto, legato alla corda, galleggia, poi riempitosi affonda e viene recuperato, pieno di acqua potabile (6). Le condizioni sperimentali mutano radicalmente se, come in un altro suo passaggio (Historia animalium (7)), il predicato verbale [kaӨei da kaӨimi viene sciolto con “affondare” il vaso vuoto alla guisa di uno scandaglio o di un’ancora o di una rete da pesca, rispettivamente (8) La calata del recipiente ad almeno 300 m di profondità espone la parete del medesimo a una pressione idrostatica di ca 30 atm., superiore alla pressione osmotica dell’acqua marina, condizione favorevole al flusso di solvente in assenza di soluto (acqua dolce) dall’acqua salmastra al recipiente vuoto. Il fenomeno prende il nome di: dissalazione marina per osmosi inversa o ultrafiltrazione (9). Per il fenomeno è necessario che la parete del recipiente debba essere formata da materiali semipermeabili come il cellophan, il polisulfone, la poliamide, non disponibili in epoca aristotelica. Si sarebbe potuto usare resina d’albero, pece greca da calafataggio (colofonia), pelle di animali, materiali, tutti, mai citati negli scritti in merito. La cera e la ceramica gezza mantengono le loro peculiari caratteristiche, rispettivamente, di impermeabilità e di porosità (permeabilità indiscriminata per solvente e soluti) anche se immerse in alti fondali marini.
Due ricercatori, Andreas Roses e Alfred Stückelberger, negli 90 del XX secolo, riprodussero la condizione della immersione marina di un recipiente di argilla grezza rivestito di cera, posto in una camera iperbarica a ca 30 atm. I risultati definiti promettenti non ebbero seguito (10).
Aristotele descrive l’esperimento di potabilizzazione dell’acqua salmastra con uno stile narrativo piuttosto che di relazione scientifica (ipotesi, verifica, raccolta dati, elaborazione dei risultati, pubblicazione, come si procede nella scienza moderna di Galileo).
Non possiamo che eccepire la significativa lacunosità delle osservazioni, al limite della non veridicità.
Il problema del nutrimento dei pesci diventa marginale rispetto all’impianto speculativo della circolazione dell’acqua in natura e dell’origine della salinità del mare. L’assioma che i pesci si alimentano di acqua dolce e che dunque nel mare deve esserci acqua dolce non trovò alcuna evidenza sperimentale.
Quale conclusione trarre dalle annotazioni di Aristotele. Forse quella di sollecitare la società presente ad uscire dalla miopia di interessi politici ed economici non meno che di forzature scientifiche nel valutare il peso antropico nella crisi climatica con approcci virtuosi e lungimiranti per la salvaguardia della nostra salute corollario di quella del nostro suolo.

Autore: Ermanno De Paoli Vitali – ermannodepaolivitali@libero.it

1 Franco Ravelli, Il ciclo idrologico naturale nel pensiero dei classici fino agli albori della moderna idrologia, Rivista di Storia dell’Agricoltura – a. XL, n. 1, giugno 2000, p. 3-32.
2 Aristotele, Meteorologia, a cura di Lucio Pepe, Bompiani Testi A Fronte, Giunti Editore, 2022, p.V, p. X, p.XI, p. XVII, cfr. nota 4, 359a, 15-25, p. 83.
3 Aeliani, De Natura Animalium, LIB IX, LXIV, PARISIIS, Editore Ambrosio Firmin Didot. 1858, pp. 166-167. Enpedocle, Frammenti e testimonianze, a cura di Anelo Tonelli, Bompiani testi a fronte, 2002, pp. 216-218.
4 Maria Fernanda Ferrini, a cura di, Aristotele Problemi, Introduzione, traduzione, note e apparati, Milano, Bompiani, 2002 (Collana Testi a fronte, n. 62), sezione XXIII, l’acqua salata e il mare, 19-22, p. 351.
5 James Riddick Partington, A History of Chemistry, 4 voll., London 1964-1970, vol 1, pp. 108-109
6 Ibidem, p. 109.
7 Aristotele, Historia animalium, VIII 2 590a 24.
8 Le Monnier, dizionario illustrato greco italiano, Le Monnier, Firenze, 1975, p. 634, ad vocem), Lorenzo Rocci, Vocabolario greco italiano, Dante Alighieri, 1987, p. 944, ad vocem), Franco Montanari, vocabolario della lingua greca, Loescher, 1995, p.972, ad vocem.
9 Il fenomeno della pressione osmotica fu scoperto nel 1748 dal fisico francese J. A. Nollet, nel 1877 W. Pfeffer effettuò le prime misurazioni della pressione osmotica. Il primo dissalatore marino fu costruito a Los Angeles nel 1950.
10 Andreas Roses, Meerwasserentsalzung Nach Aristoteles(?) Ein Zwischenbericht, Hermes. Zeitschrift für klassische Philologie, 1994, 122. Bd., H. 3, pp. 300-308; Alfred Stückelberger, Meerwasserentsalzung Nach Aristoteles (?). Ein Nachtrag, Hermes, Published By: Franz Steiner Verlag, 1996, 124. Bd., H. 3, pp. 378-380.

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