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AQUILEIA (Ud). Scoperta la Casa dei putti danzanti.

Una domus enorme, estesa su almeno due terzi, forse addirittura su un intero isolato, nella fattispecie la seconda insula a nord-est del foro, una delle più importanti di Aquileia: la Casa dei putti danzanti – così è stata battezzata dal soggetto di un raffinato mosaico che decorava gli ambienti di rappresentanza – è il complesso architettonico di edilizia privata più ampio riportato alla luce, finora, nel contesto archeologico aquileiese.
Una campagna di scavi curata dal Dipartimento di scienze dell’antichità dell’università di Trieste sta gradualmente restituendo alla vista questa dimora di straordinario interesse, risalente al IV secolo dopo Cristo, ma dalle origini più antiche, visto che sono stati evidenziati non solo una fase databile alla fine del III secolo, ma anche substrati riferibili all’età tardo repubblicana.

Nell’ampio cantiere, affacciato su via Gemina, si lavora a lotti dal 2005, ma la campagna di quest’estate è quella che, probabilmente, ha prodotto i risultati più significativi. Va sottolineato, in primo luogo, il carattere di eccezionalità dell’operazione in corso: ad Aquileia è infatti difficilissimo scavare in estensione, e quello della domus dei putti danzanti rappresenta dunque un caso unico. Non esiste infatti in città, allo stato attuale, altra casa romana indagata nella sua interezza.
Ulteriore precisazione, relativamente a quest’ultimo aspetto: nemmeno la domus di via Gemina è stata ancora riportata completamente in superficie. L’équipe di ricercatori dell’ateneo triestino, coordinata da Federica Fontana, si è resa conto che l’estensione della struttura è superiore a quella inizialmente presunta: potrebbe darsi che la casa terminasse ai margini alla limitrofa via lastricata, sulla quale, forse, si affacciavano delle botteghe.
Tutte ipotesi, al momento: bisognerà continuare a scavare in direzione del porto fluviale, sperando di riuscire a evidenziare il collegamento fra la domus e la strada, appunto. La sfida è impegnativa ma allettante, considerando che sono davvero rari i casi in cui tale connessione è rimasta visibile. La strutturazione della casa, datata post 327 grazie al reperimento di una moneta costantiniana nella preparazione di un mosaico, è stata ormai appurata con precisione.

Dell’edificio si è potuto studiare anche l’impianto verticale, rilevando dunque non solo la planimetria, ma anche le varie fasi di costruzione. Il complesso evidenzia due momenti di edificazione, il primo datato alla fine del III secolo, il secondo ad alcune decine d’anni più tardi, quando la domus fu interessata da un globale intervento di restauro che, però, ne lasciò inalterata la pianta. Furono rifatti i mosaici, i pavimenti, un muretto-tramezzo, i pilastrini che sostenevano l’intercapedine per il riscaldamento di un settore adibito, probabilmente, a sala termale. L’ingresso principale era affacciato su via Gemina; i primi ambienti, tappezzati da un mosaico fiorito, erano di rappresentanza. Seguivano un’area residenziale sempre di rappresentanza e quella, invece, privata, una serie di vani di di simpegno e quindi la grande zona termale.

Il rinvenimento di un muretto in mattoni (circostanza rarissima ad Aquileia) ha tuttavia indicato la presenza di un sostrato che parrebbe riportare, come detto, all’età tardo repubblicana.
Una casa di queste proporzioni doveva necessariamente appartenere a un personaggio illustre. Illuminante, in tal senso, è stato il ritrovamento di un reperto di estrema preziosità, un frammento di una pregiata coppa in vetro, che indurrebbe a pensare che il proprietario rientrasse nella cerchia della corte imperiale.


Fonte: Messaggero Veneto 08/08/2009
Autore: Lucia Aviani
Cronologia: Arch. Romana

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