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ALESSANDRIA D’EGITTO. Cleopatra in fondo al mare.

Se quella sfinge potesse parlare… Su e giu’ dal fondo del mare, appesa a una gru, grazioso effetto speciale a beneficio degli invitati. Quelli che attendono a casa loro le altre meraviglie del tesoro egizio riemerso.
Oggi noi italiani, che le avremo in mostra dal prossimo febbraio a Venaria Reale, ieri i giapponesi, che le ospiteranno a Yokohama da luglio, poi gli spagnoli, che le hanno esposte nei mesi scorsi a Madrid. E per fortuna non sono venuti dalle altre sedi della trionfale tourne’e europea, da Berlino a Parigi a Bonn, due milioni di visitatori in tutto, senno’ c’era il rischio che il mostro levigato dal mare perdesse la sua lapidea impassibilita’ e si mettesse a minacciare guai, come la mitologica parente greca.
«E’ troppo pesante, con questi strumenti possiamo soltanto sollevarla a pelo dell’acqua», sorride Franck Goddio, gran regista delle operazioni di recupero, dal ponte della Princess Duda.
Porto orientale di Alessandria, la leggendaria capitale delle scienze e degli studi filologici, fondata (e pero’ mai vista) da Alessandro il Grande nel 332 a.C.
La costa della citta’ moderna, 5-6 milioni di abitanti, e’ a poche centinaia di metri, con la rinata Biblioteca a Sud-Est, sorvegliata dal colosso di Tolomeo II che la costrui’ nel III secolo a.C., e il forte di Qait Bay a Nord-Ovest, dove torreggiava il Faro. Galleggiamo sulle vestigia del Portus Magnus ellenistico-romano e degli antichi quartieri reali, teatro dei festini di Cleopatra e Marco Antonio: piu’ o meno sui resti di quel piccolo palazzo, chiamato Timonion in ricordo del celebre misantropo ateniese, dove il triumviro depresso si era ritirato dopo la disfatta di Azio, 31 a.C., a fare anche lui su e giu’, come un leone in gabbia, in attesa della fine. Tutto sotto l’acqua, da due a dodici metri, completamente ricoperto gia’ nell’VIII secolo: effetto progressivo di un insieme di cause combinate, dall’abbassamento della costa mediterranea orientale, al peso eccessivo dei monumenti, che ha causato la liquefazione dello strato di argilla su cui era stata costruita la citta’, ai terremoti e agli tsunami.

E’ come una Pompei subacquea, con i sedimenti marini al posto della lava a conservare gli oggetti, tanto meglio quando piu’ profondamente vi sono immersi. Franck Goddio, l’uomo che sta riportando alla luce tutto cio’, freme di entusiasmo al ricordo dei suoi incontri in fondo al mare.

Piantati nella sabbia, magicamente baluginanti tra alghe e banchi di pesci, colossali sovrani ellenistici travestiti da faraoni egizi, signori romani travestiti da sovrani ellenistici che si travestivano da egizi (mentre le gigantografie di Mubarak disseminate nella citta’ moderna fanno pensare piuttosto a un faraone in vesti occidentali).
Alessandria era un crocevia di storia e di culture, il punto in cui Oriente e Occidente cozzavano e si fondevano in uno spumeggiare di rielaborazioni originali. Come nella statua della regina Arsinoe, «simile a una divinita’ che esce dall’acqua con una tunica bagnata trasparente: straordinaria!», dice Goddio. «Extraordinaire», «fabouleux», «e’mouvant»: il suo lessico e’ intessuto di esclamativi. Asciutto e abbronzato, camicia azzurra sbottonata con il logo dello sponsor (la Hilti Foundation, emanazione di una multinazionale che opera nell’industria delle costruzioni), Goddio dimostra molto meno dei suoi 61 anni.
Francese nato a Casablanca – origini piemontesi da parte di padre, nipote per parte di madre di quell’Eric de Bisschop, esploratore e avventuriero nelle isole del Pacifico, che invento’ il moderno catamarano -, con la sua aria divertita da bon vivant non assomiglia molto a un archeologo: uno di quelli reali, non quelli che si vedono nei film. O meglio, piuttosto, e’ proprio a questi che fa pensare. Intanto non e’ davvero un archeologo: studi di economia e di statistica, ha dovuto aspettare fino al 1983 prima di poter rispondere al richiamo dei fondali.
«Ho scelto l”archeologia subacquea», spiega, «perche’ vedevo le stupidaggini commesse da gente che non aveva sufficiente conoscenza del mare».

Facile a dirsi, quando si dispone di tecnologie da fantascienza. Dapprima le ricerche di relitti nel Mare Cinese, poi, nel ’92, l’arrivo nel delta del Nilo.
«All’inizio non cercavamo niente: volevamo fare una topografia della citta’ sommersa. Avevamo letto tutti i testi, la descrizione molto precisa di Strabone. Abbiamo condotto prospezioni sistematiche per diversi anni, poi abbiamo cercato di corroborare questi risultati con una serie di scavi mirati».
Goddio lavora di mouse, sottocoperta, e sullo schermo del computer si disegnano, a colori, le carte ottenute con gli scandagli acutistici ad altissima definizione, poi con la risonanza magnetica nucleare, poi le risultanti dal loro incrocio, con una miriade di puntini a indicare gli oggetti individuati sul fondo, che crescono esponenzialmente a ogni zoomata – ogni cosa, compresi i blocchi di pietra, numerata e descritta in apposite schede linkate.
«Abbiamo una mappa molto precisa di come doveva presentarsi Alessandria nel II secolo d.C., con le 1500 colonne di granito rosa del suo porto».

Si torna all’aperto per vedere i pezzi recuperati negli ultimi giorni nella baia di Abu Quir, una ventina di chilometri piu’ a Est, dove il mare si e’ mangiato Canopo e Herakleion, il grande porto dei faraoni, per quattro secoli, prima della fondazione di Alessandria, passaggio obbligato per i commercianti greci che trafficavano con l’Egitto. Tra frammenti di ceramica e statuine votive, Goddio va a pescare un pezzo di granito nero, all’apparenza insignificante. E invece e’ «molto molto importante», in quando e’ stato identificato come parte mancante del braccio sinistro di una delle statue in giro per il mondo, quella di Cleopatra III (non l’amante di Antonio, che e’ la settima). Chissa’ se fara’ in tempo a ricongiungersi con l’insieme, prima che la mostra approdi a Torino. Quando il tour sara’ concluso, tutti i reperti finiranno in un museo locale, ancora da individuare, dove troveranno posto anche gli oggetti piu’ piccoli e preziosi che si continuano a recuperare. Mentre quelli piu’ grandi – come il piramidion di un tempietto appena riportato in superficie – una volta studiati e ripuliti verranno ricollocati nell’esatto punto in cui si trovavano. E’ allo studio un museo subacqueo che, grazie a un sistema di tubi di plexiglas, consentira’ a tutti di provare le stesse emozioni di Goddio e dei suoi compagni d’avventura. Se ne parla da tempo, ma ora sembra la volta buona.

Lo conferma il governatore di Alessandria, Adel Labibi, in visita anche lui sulla Princess Duda. E per la sfinge, e’ un altro ole’.  


Fonte: La Stampa 30/11/2008
Autore: Maurizio Assalto
Cronologia: Egittologia

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