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VENEZIA. Una galea del ‘300 in laguna.

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C’è una galea del ‘300 in laguna integra, 40 metri di nave, oltre ad una rascona, una grande nave da trasporto fluviale.
veneziaEcco, l’arsenale è dove è nata e dove deve tornare. Potrebbe essere di nuovo la casa della galea, con un sistema di audiovisivi in stile museo di Genova, che raccontano la storia di Venezia, che senza la sua capacità nel costruire le navi, senza il suo Arsenale mai avrebbe potuto diventare la più grande marina del medioevo.
Invece la nave giace là sotto e nessuno ne vuole parlare per non dover affrontare un tema che non interessa e non si capisce.
All’epoca del ritrovamento, nel 2001, il comune ha evitato di diffondere troppo la notizia per non doversi confrontare sul tema mentre si cercava di fare M9, Calatrava e il buco del palacinema al Lido.
Per la storia e la cultura nautica non c’è spazio.

Autore: Alessandro Dissera Bragadin

Fonte: Passione per la Vela al Terzo –www.facebook.com, 2 feb 2022

Leggi l’articolo apparso all’epoca del ritrovamento:
VENEZIA. Riaffiora dalla laguna la galea fantasma.
Finalmente riappare. L’isolotto di San Marco in Boccalama, sommerso per 600 anni sotto le acque della laguna di Venezia, ora¨ all’asciutto. Un ettaro di terre riacquistate alla laguna grazie a una barriera di oltre 600 palancole posta tutt’intorno all’isola, e al lavoro di cinque grosse pompe che in pochissimi giorni hanno prosciugato l’intera area. Ora si vede proprio tutto. Si distingue chiaramente il contorno dell’isola, si notano le fondamenta e si vede qualche muro del monastero che occupava buona parte delle terre. Sul lato nord si individuano addirittura le ossa degli appestati sepolti qui in gran numero durante l’epidemia del 1348, quando i monaci agostiniani avevano oramai abbandonato l’isola.
veneziaRiaffiorano infine le sagome dei due vascelli che nel 1328 il priore del monastero fece affondare e ancorare al suolo con grossi pali di legno. Voleva rubare così un po’ di terra alle acque che già stavano sommergendo l’isola, ma fu fatica inutile. Subsidenza ed erosione ebbero la meglio.
E cosi oggi possiamo finalmente ammirare una grande galea antica, l’unica giunta fino a noi. Il contorno della regina del Mediterraneo, vanto degli antichi maestri d’ascia dell’Arsenale della Serenissima, E’ di fronte ai nostri occhi in tutti i suoi 38 metri di lunghezza. E qualche metro più in là c’è pure quel vascello da trasporto a fondo piatto che finalmente gli esperti hanno identificato come un burchio. Uno di quelli che risalivano il fiume Brenta fino a Padova partendo proprio dall’isola, posta strategicamente dove un dì il Brenta sfociava nella laguna di Venezia.
E sarà proprio il burchio a venire scoperto per primo, a partire da ieri sera. Finora infatti i due relitti, già scavati all’interno e coperti da geotessuto, sono stati accuratamente tenuti immersi nell’acqua.
venezia“Sono delicatissimi, e li potremo tenere all’asciutto solo per una decina di giorni o poco più”, spiega il direttore dei lavori Marco D’Agostino, archeologo del Consorzio Venezia Nuova che sta eseguendo l’operazione su incarico del Magistrato alle Acque di Venezia. “Un sistema di irrorazione lavorerà ininterrottamente giorno e notte. Non possiamo correre il rischio che il legno dei relitti si secchi. Significherebbe perderli per sempre”.
Nei pochi giorni a disposizione il lavoro da eseguire è enorme. Documentazione videofotografica dei due vascelli, fissaggio dei punti di riferimento con un Gps ad altissima precisione per consentire poi la realizzazione del rilievo fotogrammetrico di relitti e isola. Che si farà dall’elicottero come anche dal basket della gru posizionata sul pontone al limite del perimetro di palancole.
“E’ stato per questo motivo che la posa delle palancole – le barriere di trattenimento dell’acqua – è stata delicatissima. Dovevano essere sufficientemente lontane dai relitti per non danneggiare nulla, ma anche sufficientemente vicine perchè il basket della gru possa giungere proprio sulla loro verticale per le rilevazioni”, continua D’Agostino.
E intanto l’esperto verifica che tutto sia pronto per la scopertura del burchio, senza celare una grande emozione. “Li vedremo subito, i segni lasciati sul legno dai carpentieri medievali. Finalmente riusciremo a capire come lavoravano”. Poi le palancole si alzeranno, e l’isola con tutti i suoi tesori sparirà nuovamente tra i flutti della laguna.

Autore: Cinzia Dal Maso

Fonte: repubblica.it, 29 agosto 2001

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