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TORCELLO (Ve). Sfatato il mito dell’origine di Venezia a causa dei barbari.

Sono stati presentati al pubblico a Venezia i volumi Torcello scavata. Patrimonio Condiviso e Quando Torcello era abitata che contengono tutti gli esiti delle campagne di scavo condotte nell’isola negli ultimi vent’anni – mai prima d’ora pubblicati – e in particolare i risultati dell’ultimo innovativo scavo 2012/2013, realizzato e finanziato dalla Regione del Veneto, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nell’ambito di “Shared Culture – Progetto strategico per la conoscenza e la fruibilità del patrimonio condiviso”.
I volumi rappresentano una sorta di summa archeologica torcellana che getta nuova luce sulle stesse origini di Venezia, sfatando il mito della nascita della città a causa delle devastazioni barbariche nell’entroterra. Torcello infatti narra il passaggio tra un’affascinante e ricca epoca antica, sviluppatasi intorno alla città lagunare di Altino, che a partire dal periodo imperiale si insabbia a opera dei detriti del Sile, e l’altrettanto eccezionale stagione commerciale e culturale rappresentata dalla Serenissima Repubblica. I recenti studi dimostrano come la colonizzazione della laguna sia stata opera di un graduale spostamento delle funzioni commerciali e portuali dall’entroterra verso il mare, in luoghi più adatti all’attracco e alla navigazione.
L’ultimo scavo, in un’area comunale finora non indagata da un punto di vista archeologico a fianco della Basilica di Santa Maria Assunta, ha riportato alla luce numerosi reperti di epoche diverse e fondazioni di edifici a uso abitativo e produttivo, tra le quali alcune case a due piani del XIII-XIV secolo e una fornace dei secoli centrali del Medioevo, confermando come il sito sia di altissimo interesse culturale per ricostruire la storia economica, urbanistica e quotidiana della laguna. La ricerca dal forte carattere interdisciplinare ha visto lavorare insieme archeologi, archeometristi, restauratori di università italiane e straniere, come il McDonald Institute di Cambridge e il Dipartimento di Archeologia di Nottingham, della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto e della Regione del Veneto.
Il cantiere di scavo è stato diretto da Diego Calaon dell’Università Ca’ Foscari, ora nell’ateneo statunitense di Standford, mentre l’attività di studio, analisi e restauro dei reperti da Guido Biscontin ed Elisabetta Zendri del Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatiche e Statistiche di Ca’ Foscari. Attraverso borse di studio la ricerca ha permesso inoltre l’alta formazione scientifica di una decina di giovani operatrici dei beni culturali.

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