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TARQUINIA (Vt). I cavalli alati ed il mistero della lastra scomparsa.

tarquinia

Nel 1938 l’archeologo Pietro Romanelli, nel corso di una campagna di scavi condotta sulla Civita, sede dell’abitato dell’etrusca Tarquinia, rinveniva presso i resti del più grande edificio sacro venuto finora in luce in Etruria, la cosiddetta “Ara della Regina”, un altorilievo in terracotta ridotto in oltre cento frammenti.
La lastra, alta 114 centimetri e larga 124, ricomposta e integrata subito dopo lo scavo, costituiva parte della decorazione frontonale dell’edificio sacro. Già alla fine di ottobre dello stesso anno il gruppo veniva esposto nelle sale del Museo Tarquiniese, da dove finora era stato spostato solo in due occasioni, nel 1955 e nel 1986. E’ infatti considerato – per la sua fragilità e la sua unicità – pressoché inamovibile.
Vi sono raffigurati due focosi cavalli alati, nervosi e scalpitanti, aggiogati a una biga di cui resta solo l’asse del timone, che sembrano sul punto di spiccare il volo. La lastra doveva essere appoggiata alla testata della trave laterale sinistra del tetto, mentre una seconda lastra, affiancata alla prima, è andata, purtroppo, perduta. Quasi certamente conteneva la biga e il personaggio che la conduceva, forse la divinità cui era dedicato il tempio. Potevano farne parte i resti di una figura femminile con il lungo abito riccamente decorato.
Secondo F.H.Massa Pairault, nelle due lastre frontonali doveva essere rievocata la storia di Tagete, mitico fanciullo dalla saggezza di un vecchio uscito da un solco della terra proprio a Tarquinia. La biga, condotta da una divinità femminile, avrebbe potuto portare trionfalmente Ercole all’Olimpo.
Il tema della biga alata doveva essere caro a Tarquinia, visto che nella stessa città fu rinvenuta una placchetta d’osso (cm. 6,40 X cm. 11,60) di soggetto analogo, usata come decorazione di un cofanetto di gioielli e oggi a Parigi, al Museo del Louvre.

Autore: Fabio Rossi

Fonte: Gruppo Italiano Amici degli Etruschi, gennaio 2021

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