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SOMMA VESUVIANA (Na). Riemerge la Sala delle Nereidi.

La scena che si sviluppa su tutta la curvatura della volta appare quasi riparata da un tenda, leggera, modellata a spicchi, dipinta in bei colori: rosso e viola.

Al di sotto di questa protezione e lungo quasi venti metri di parete semicircolare si leggono pitture che raccontano storie e miti legati ai tritoni (Tritone, secondo la mitologia era essere mostruoso, mezzo uomo e mezzo pesce, figlio di Poseidone e Anfitrite, abitava in un palazzo dorato in fondo al mare) e alle Nereidi (divinità legate alle acque marine, figlie di Nereo), raffigurati mentre solcano le onde del mare.

Si stende per circa cinquanta metri quadrati, tra cupola e zoccolo superiore della parete, il bell’affresco che il team di scienziati giapponesi, coordinati da Satoshi Matsuyama, archeologo all’Università di Tokio e collaboratore del professore Masanori Aoyagi, responsabile delle indagini e direttore del Museo nazionale di Tokio, ha scoperto e quasi interamente recuperato nell’ambiente intercettato durante il recupero della cosiddetta Villa di Augusto, a Somma Vesuviana.

«Le pitture sono, senza dubbio, un indicatore di quanto fosse importante il proprietario del complesso», spiega Maria Luisa Nava, soprintendente archeologa di Napoli e Caserta, responsabile della concessione e dell’alta sorveglianza per le indagini e lo scavo. Quest’ultimo, poi, in virtù di un protocollo, vede l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli cooperare e supportare le esplorazioni dei ricercatori dell’Università di Tokio attraverso l’archeologo Antonio De Simone.

«Tuttavia è ancora troppo presto per affermazioni corrette sulla struttura e la sua estensione – continua la Soprintendente – ma è possibile che la costruzione sia organizzata come le grandi ville imperiali, con edifici che si distribuiscono su spazi enormi». «Un dato è certo – spiega Aoyagi – ci troviamo in presenza di un affresco eccellente per conservazione e soggetti proposti».

L’ambiente indagato si trova a poca distanza da un’area limitata da colonne impreziosite alla sommità da capitelli corinzii di epoca tarda. La sua ottima conservazione è dovuta a un tappo di fango e cenere che lo sigillò, anche se non fino alla sommità.

La frana era scesa dal monte Somma e le indagini sulla sua natura e le cause che la produssero sono ancora in corso, nonostante si pensi che la villa sia stata del tutto sepolta durante l’eruzione del 472 dopo Cristo.

Quale fosse la funzione del «Salone delle Nereidi» all’interno del complesso, per adesso, ancora non è chiaro. «Le prospettive di questo scavo – sottolinea De Simone – cambiano in continuazione: ad esempio, a qualche metro di distanza sta venendo fuori ancora un altro ambiente absidato. Possono invece essere fatte considerazioni sul ciclo pittorico e sul loro soggetto».

Le pitture, per il loro stile, secondo l’archeologo vanno inquadrate al III secolo dopo Cristo.

Tra le altre, in quella sala viene evidenziato, e in modo assolutamente maestoso, come fosse comune in ambienti facoltosi decorare anche le volte con tendaggi preziosi. Il dato che potrebbe essere significativo per gli studiosi viene suggerito dalla presenza delle Nereidi sulle pitture. Quelle ninfe sono spesso collegate al mondo femminile, al passaggio di stato: un matrimonio, il viaggio nell’al di là. Le stesse ninfe però erano anche rappresentate nei saloni termali che i facoltosi privati si costruivano in luoghi ameni.

Insomma, quasi certamente, la spiegazione arriverà dal nuovo ambiente che è stato intercettato e che si sta scavando. Anche perché nella «Sala delle Nereidi» c’è un’apertura, forse un corridoio di collegamento tra le due stanze, che allora potrebbero essere inquadrate quali primissimi elementi di un impianto termale straordinariamente ricco e imponente.


Fonte: Il Mattino 05/09/2007
Autore: Carlo Avvisati
Cronologia: Arch. Romana

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