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SCAMPITELLA (AV). Torna alla luce una grotta antica.

Nuova casuale scoperta archeologica nella contrada Migliano, in agro di Scampitella. Sta venendo alla luce in questi giorni, in grazia dell’erosione e dello sprofondamento del terreno agricolo, una nuova cavità che non si ritiene sia di origine naturale. Infatti, fin qui erano conosciute soltanto sette delle cosiddette “Grotte dei Briganti”, così ribattezzate, anche se impropriamente, dalla tradizione popolare.
A renderlo noto è Paolo Cusano, professionista di Scampitella, da sempre impegnato sul fronte della salvaguardia e della valorizzazione del territorio. Tali grotte presentano un’altezza media di sei metri e un diametro di cinque, mentre la loro conformazione è quella del tumulo, ovvero larghe alla base e strette in alto, quasi degli imbuti rovesciati. Al loro interno è possibile scorgervi resti in muratura, a testimonianza che esse cono artefatti umani, scavati nell’arenaria locale. Resti di pavimenti in piena suffragano tale ipotesi, rafforzata da buchi presenti nelle pareti, che forse costituivano gli alloggiamenti per le travi di sostegno.
Diverse le ipotesi avanzate dagli studiosi circa la loro origine ed il successivo utilizzo. Taluni propendono per l’ipotesi che si trattasse di ricoveri ad uso di genti ivi stanziate in epoca metastorica, come dimostrerebbe il ritrovamento in loco di elementi lapidei, forse utensili di epoca paleolitica, e di cocci di terracotta riferibili ad epoche certamente più tarde, prevalentemente sannitica e romana, riportati in luce dall’azione di rivoltamento delle zolle da parte degli aratri.
Secondo altri potrebbe trattarsi di luoghi di sepoltura precedenti alla invasione degli Osci e quindi dei Sanniti, la qual cosa non trova però il riscontro in nessun ritrovamento di vestigi di corpi umani o di corredi funerari. È comunque verosimile che le cavità siano state utilizzate, nel corso del dominio romano, quali cisterne per la conservazione dell’acqua piovana o sorgiva e l’approvvigionamento idrico, ipotesi basata soprattutto sul ritrovamento in loco di vestigi di ville rustiche romane.
L’agro della Baronia e dell’Alta Irpinia può essere considerato, nella sua totalità, un imponente, anche se invisibile, museo a cielo aperto, una esposizione permanente di vestigi delle epoche più eterogenee, testimonianze dell’esistenza di popolazioni che lo abitavano fin da epoche metastoriche. La sua invisibilità è dovuta al fatto che i reperti giacciono nel sottosuolo e che tracce di essi vengono in luce proprio in questo particolare periodo dell’anno, quando le lame degli aratri affondano in profondità nel terreno, rimestandolo e rivoltandolo. E allora è tutto un fiorire, tra le zolle monocrome, di frammenti di antiche ceramiche, di laterizi, di utensili in metallo, per lo più bronzo, o in terracotta, di tegole tombali, talvolta di ossa umane, in taluni casi di preziosi reperti restituiti nella loro integrità.
L’occhio attento del conoscitore può scoprirvi anche le fondamenta di antiche ville rustiche romane, come quella già nota alla Soprintendenza di contrada Migliano, a Scampitella. Essa doveva essere alquanto estesa, perché costruita a terrazzamenti, secondo il parere di alcuni esperti archeologi. Ad evidenziarne lo stato di abbandono è Paolo Cusano, appassionato defensor dei beni culturali di zona, che ne auspica un recupero, per farne un’attrattiva turistica. Il noto professionista è da molti anni impegnato nella ricostruzione storica dei luoghi e soprattutto nella loro valorizzazione, da alcun tempo affidandosi anche ai social network, ove non manca mai di sottolineare l’importanza del patrimonio storico e culturale del quale il territorio è portatore.
Sulla villa rustica e su tutta la contrada Migliano egli non ha dubbi, al punto che scrive «menzionata in documenti storici, fu attraversata da vie antiche in quanto a ridosso del Calaggio, corso d’acqua usato come loro riferimento, anche dai Romani e tra esse, quasi sicuramente, la via Aurelia Aeclanensis o la via Herculia; a testimonianza un cippo miliare scritto, della fine del II secolo d.C., ivi ritrovato ed in mostra in area pubblica del paese.
Una grande varietà di reperti archeologici, anche di differenti epoche storiche, affiorano sui terreni agricoli della contrada, soprattutto in aree ben circoscritte; tra esse quella detta “Fosse dei briganti”, ambienti in disfacimento, dalla forma slargata alla base, stretta in alto e contenente un’apertura superiore in muratura concentrica; esse sono comunicanti tra loro, scavate nella pietra arenaria ed in parte ancora da esplorare. Nelle immediate vicinanze delle “Fosse” ci sono i terreni con i resti, in parte emersi, di una struttura ritenuta una villa rustica romana del tipo a terrazzamenti, poggiante su una precedente ed affiorante costruzione».Insomma, a dir dello studioso, un patrimonio da salvare da una rapida scomparsa, ovvero da valorizzare e da tutelare con tutti i mezzi.

Fonte: Ottopagine, 8 ott 2013

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