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ROMA. Il ministro: abbiamo bisogno di 2000 persone per la vigilanza del nostro patrimonio.

«Pompei è una priorità. Sì alle donazioni di privati». Bray: troppi tagli, risorse calate del 58% in cinque anni.
Il ministro Bray a Pompei.
«La vicenda di Pompei mi colpisce profondamente. Poche ore dopo aver giurato da ministro, e mai mi sarei aspettato la nomina, sono subito partito per Pompei. Ho deciso che sarebbe stata al centro della mia immediata attenzione. È uno dei monumenti-simbolo dell’Italia, di un’intera civiltà, il nostro biglietto da visita nel mondo… Quando rimasi fermo sulla Circumvesuviana capii ciò che già in fondo sapevo: che i problemi di Pompei vanno ben oltre Pompei…».
Certo, ministro Massimo Bray. Ma ora c’è l’allarme Unesco. Dovete muovervi entro il 31 dicembre di quest’anno…
«Vediamo i numeri. Gli ispettori Unesco dal 6 al 9 gennaio hanno constatato l’apertura dei primi cantieri accanto ad alcune criticità importanti. Primo. Personale insufficiente. Nel 2012 solo grazie a una deroga il ministero ha potuto assumere 23 funzionari: 14 archeologi, 8 architetti e un amministrativo. La carenza di personale nei nostri siti culturali appare chiara nell’allegato che ho consegnato prima dell’audizione alle commissioni Cultura di Senato e Camera. Altra cifra. Le risorse per le emergenze di Pompei, penso ai cedimenti, sono state ridotte di oltre il 58% negli ultimi cinque anni. E tutto il ministero ha avuto risorse ridotte a un terzo rispetto a ciò di cui si disponeva nel 2008».
Infatti il ministero dispone di appena 90 milioni nel 2013 quando ne potrebbe, e dovrebbe, spendere 500 per la tutela.
«Esatto, è così. C’è poi un problema-Paese. Abbiamo bisogno di duemila persone per la vigilanza nei nostri siti culturali. L’ultimo concorso è stato bandito nel 2008 per 400 posti: si sono presentati in 139.000, di cui l’80% laureati».
Come se ne esce? Andrea Carandini, ex presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, ricorda che il piano di manutenzione di Pompei c’è dal marzo 2012. Bisogna soltanto renderlo operativo e funzionante.
«Se ne esce con scelte operative. Col governo adotteremo un piano complessivo. Con il presidente del Consiglio Enrico Letta ci siamo visti dieci giorni fa. Abbiamo concordato che il ministro per i Beni culturali individuerà una serie di priorità, Pompei tra le prime, alle quali seguiranno azioni concrete e risorse. Tra queste, anche l’utilizzo di professionalità indispensabili che aspettano di entrare negli organici: archeologici, bibliotecari, storici dell’arte, archivisti. Lavoreremo in stretto accordo col ministro per la Coesione territoriale, Carlo Trigilia. Non voglio fare polemiche con nessuno. Ma se davvero siamo convinti che Pompei, e in generale il nostro patrimonio, costituiscano una priorità del nostro sviluppo, dobbiamo muoverci tutti insieme: governo, parlamento, istituzioni locali, professionalità del ministero, mecenati e non solo. Facile dire: scommettiamo sulla cultura e sul turismo come leve di rilancio. Difficile ottenere i mezzi».
Il governo nel suo complesso le sembra attento alla cultura?
«L’impressione è che la sensibilità ci sia. Il presidente Letta ha promesso che non ci saranno tagli. Certo non basta “non tagliare”, occorrono investimenti e liste di priorità».
Continuiamo con la sua analisi sul caso Pompei.
«Abbiamo due cantieri in corso. Uno è stato aperto venerdì. Poi altri due, del lotto dei primi cinque, sono fermi perché due società che avevano vinto hanno ricevuto una “interdittiva”. L’assegnazione è stata bloccata per problemi di legalità».
Un segnale delle temute infiltrazioni di malavita?
«Sono problemi di trasparenza. I cantieri per il consolidamento idrogeologico, bloccato per alcuni prericorsi, e gli uffici sono ora impegnati a risolvere il problema. I cantieri da avviare sono 39 entro il 2015, una sfida che dobbiamo assolutamente vincere. Sempre a luglio, e fino da domani, dobbiamo riuscire a far partire tre bandi per la messa in sicurezza, un altro problema di Pompei: lo faremo sul 50% dell’area».
Lei è da sempre a favore della collaborazione con i privati. L’imprenditore Pietro Salini promette 20 milioni per Pompei.
«Le donazioni liberali sono più che benvenute, incontrerò Salini molto presto. Se tutti riusciamo a fare sistema, a discutere di progetti che devono concretizzarsi in esigenze di restauro, turni di sorveglianza, per stroncare abusi e mettere insieme idee di valorizzazione, possiamo farcela. Dobbiamo».
Parlando del resto del Paese, sono in tanti ad aver attaccato i sindacati che con le loro assemblee hanno chiuso molti siti: Colosseo, Uffizi, Brera… Anche lei pensa che le sigle sindacali abbiano danneggiato l’immagine dell’Italia?
«Non me la sento di scaricare addosso a chiunque la responsabilità di un sistema fermo da anni. L’autonomia di Pompei esiste sulla carta da sedici anni… Dobbiamo dare risposte chiare al sindacato e ai dipendenti: garantire l’occupazione e fare entrare finalmente in organico personale idoneo che ha vinto il concorso, si ritrova in una lista e rischia di non arrivare mai alla vera occupazione. Affrontiamo il tema dello sciopero sapendo che per sbloccarlo dobbiamo garantire un diritto. Fa parte delle risorse indispensabili».
Perché ha aspettato l’8 luglio per ricevere i sindacati?
«Il loro telegramma è del 26 giugno, il 27 hanno incontrato il segretario generale, ho dato la disponibilità per il 28 ma era troppo tardi, avevano già fissato manifestazioni in tutta Italia. Allora abbiamo concordato per l’8 luglio. Fino a quel giorno che farò? Affronterò il nodo degli enti lirici».
Come dimostra Federculture, i visitatori nei musei italiani sono calati di 4 milioni dal 2012 al 2011. Non è preoccupato?
«Molto. Tutta l’Europa punta sul turismo e noi abbiamo deciso di collegarlo alla nostra cultura. Ora dobbiamo aprire un tavolo anche con le Regioni per arrivare a un coordinamento sulla valorizzazione che metta da parte gli interessi locali a favore di quelli generali del Paese. Fare sistema, creare sinergie, investire in formazione. Nei cittadini c’è una gran voglia di credere in questa scommessa culturale. Al governo tocca rispondere alle aspettative».

Autore: Paolo Conti

Fonte: Corriere della Sera.it, 1 luglio 2013

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