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ROMA. Dagli scavi riemerge la testa del dio Dioniso.

È stata ritrovata una testa di statua in marmo bianco ai Fori Imperiali venerdì scorso durante lo scavo archeologico di via Alessandria. La statua, spostata immediatamente nel Museo dei Fori Imperiali in attesa di restauro, è di una divinità maschile identificata con il dio Dioniso. Roma non è nuova a ritrovamenti archeologici, l’ultimo è avvenuto casualmente pochi giorni fa riportando alla luce la Sala della Sfinge alla Domus Aurea.
Il ritrovamento della statua è stato interessante: la statua risale all’età imperiale (un periodo che va dal I secolo a.C. al V secolo d.C.) e di certo non stupisce ritrovarla sul suolo Romano, ma c’è da precisare che via Alessandria fu costruita nel XVI secolo. Durante l’attività di scavo su un muro tardo-medievale, è stata scoperta nella terra la testa di Dioniso. Le murature di quel periodo venivano fatte riciclando tutti i tipi di materiale, dai marmi antichi, alle lastre di peperino, dalle pietre ai frammenti di statue. Ed è questa la sorte che è tocca al dio Dioniso. Inizialmente si pensava che la statua ritraesse una figura femminile soprattutto per i suoi tratti, ma «con ogni probabilità – ha affermato Claudio Parisi Presicce, direttore dei Musei archeologici e storico-artistici della Sovrintendenza – è una divinità maschile, che pensiamo vada identificata con Dioniso. Sulla testa, infatti, ha una cintura decorata con un fiore tipicamente dionisiaco, il corimbo, e dell’edera. Gli occhi cavi, che probabilmente erano costituiti da pasta vitrea o pietre preziose ce la fanno ricondurre ai primi secoli dell’impero».
La testa, grazie alla terra, si è conservata benissimo; Roma nasconde tesori archeologici bellissimi e questo fa ben sperare per il resto della statua. L’augurio della Sovrintendenza, infatti, è quella di ritrovare anche il corpo, seppur a pezzi, per poterla ricostruire. La statua comunque doveva essere originariamente collocata nel Foro di Traiano, «anche se a volte questi frammenti hanno girato parecchio» ha concluso Presicce.
Gli scavi di via Alessandria sono stati avviati grazie alla donazione di 1 milione di euro del Ministero della Cultura dello Stato dell’Azerbaijan: il 15 luglio 2014, infatti, è stata firmata una convenzione tra Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, e il Presidente dell’Azerbaijan Ilham Heydar oglu Aliyev. «Grazie al popolo della Repubblica dell’Azerbaijan – ha scritto Marino sul suo profilo Facebook – e al mecenatismo che riuscimmo ad attrarre oggi la storia di Roma e la storia dell’arte sono più ricche: una ricchezza che è patrimonio dell’umanità».
Il ritrovamento di questa testa non ha entusiasmato solo Marino, ma anche l’attuale sindaca di Roma Virginia Raggi e il vicesindaco Luca Bergamo che, suoi loro profili Facebook, hanno mostrato la loro soddisfazione per la scoperta e hanno ringraziato la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. «Roma – ha scritto la sindaca – sorprende e ci regala emozioni ogni giorno».
Sempre Marino, però, sul suo messaggio tiene a precisare la poca gratitudine di «chi governa Roma» nei confronti dell’Azerbaijan: è solo grazie a loro che è stato possibile trovare la testa di marmo. Il post di Marino arriva alle ore 18:21, la sindaca e il vicesindaco prima di quell’ora avevano pubblicato su Facebook due post: Bergamo alle ore 12:25 e Raggi alle ore 13:52. Nessuno dei due aveva ringraziato l’Azerbaijan. Arriva poi il post di Marino che sottolineava l’ingratitudine e poi alle 18:24, solo tre minuti dopo quindi, un nuovo post della Raggi: «[…] Ringrazio ancora gli archeologi della Sovrintendenza capitolina e il Ministero della Cultura dello Stato dell’Azerbaijan che ha donato un milione di euro per avviare gli scavi in via Alessandrina».
Le cose potrebbero non essere collegate e molto probabilmente è così per via della tempistica. Inoltre, i ringraziamenti all’Azerbaijan sono necessari e dovuti (e infatti sono arrivati), ma sono gli archeologi che hanno portato alla luce la testa del dio Dioniso, e loro le prime persone da dover ringraziare.

Autore: Lorenzo Maria Lucenti

Fonte: www.qaeditoria.it, 26 mag 2019

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