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Patrick Zulian. Il mistero della Batteria di Baghdad.

baghdad

Alcuni ritrovamenti archeologici ci fanno dubitare di quella che fino a quel momento è stata la narrazione comunemente accettata della storia. Ne sono un esempio una serie di antichi manufatti, che pur collocandosi nel contesto storico dell’epoca, potrebbero avere anche un’interpretazione alternativa.
Uno di questi è la cosiddetta Batteria di Baghdad, un manufatto ritrovato nell’omonima città irachena e risalente al periodo dell’antica dinastia dei Parti, regnanti del grande Impero Persiano fra il 247 a.C. e il 224 d.C.
All’apparenza il manufatto sembra una semplice giara, tuttavia alcune sue caratteristiche ne fanno ipotizzare un altro utilizzo, alquanto particolare, ma molto più affascinante.
L’idea venne all’archeologo tedesco Wilhelm Konig che ebbe la possibilità di studiarla al museo nazionale iracheno, presso il quale lavorò attorno agli anni ’30 dello scorso secolo. Konig ipotizzò che la giara fosse in realtà un’antica batteria, il cui funzionamento ricalcherebbe quello di una cella galvanica. Infatti l’anfora, alta circa 18 cm, presenta al suo interno un cilindro di rame e una barra di ferro, i quali, secondo la teoria, sarebbero stati entrambi immersi in un acido, formando una rudimentale pila. La domanda che ora sorge spontanea è ovviamente se questa presunta batteria potesse o meno funzionare, e in tal caso, come sia possibile che i persiani padroneggiassero uno strumento che, in Europa, sarebbe stato inventato soltanto 2000 anni dopo.
Per provare a rispondere a queste domande, cerchiamo prima di capire quale sia il funzionamento di una batteria di questo tipo e se i persiani potessero realmente ricavarne energia elettrica.

Il funzionamento e la riproduzione moderna
Il corrispettivo moderno della batteria di Baghdad è la cosiddetta cella galvanica aperta. Questo dispositivo è costituito da due metalli, detti elettrodi, immersi in una soluzione acida detta elettrolita. I due metalli a contatto con l’elettrolita subiscono una reazione di ossidoriduzione producendo elettroni liberi. Il numero di elettroni prodotti sui due metalli non è la stesso, creando una differenza di potenziale ed una conseguente corrente elettrica. Nel caso della batteria di Baghdad il ferro e il rame avrebbero svolto la funzione di elettrodi, mentre la soluzione elettrolitica potrebbe essere stata una sostanza acida, come il succo d’uva o l’aceto.
Le riproduzioni moderne della batteria hanno confermato il funzionamento della stessa, anche se l’energia prodotta da una singola giara risulta essere molto bassa e quindi inutilizzabile. Tuttavia un collegamento di più celle in serie avrebbe invece garantito una differenza di potenziale maggiore, capace anche di accendere una piccola lampadina.
Ora è lecito chiedersi per cosa l’avessero usata i Persiani. Su questo aspetto si sono avanzate molte ipotesi; la più realistica sembra essere quella per cui venisse utilizzata per la placcatura in oro di gioielli. Questa tesi è rafforzata dal fatto che, in Persia, sono stati ritrovati molti oggetti di questo tipo e risalenti proprio all’epoca in cui si presume che la batteria sia stata costruita.

Invenzione consapevole o scoperta casuale?
Resta ancora in sospeso l’interrogativo più grande. Com’è possibile che gli antichi Persiani padroneggiassero una tecnologia che in Europa sarebbe arrivata solo 2000 anni dopo? Possedevano realmente una consapevolezza scientifica così avanzata o la batteria fu solo una scoperta fortuita?
Magari entrambe le domande sono sbagliate e siamo noi a dare una interpretazione sbagliata ad un oggetto che al tempo potrebbe aver avuto tutt’altra funzione.
Tuttavia è anche piuttosto improbabile pensare che proprio le componenti di una batteria si trovino casualmente tutte all’interno della stessa giara, ma finché non si troveranno delle documentazione scritte dell’epoca, queste restano solo delle illazioni.
Ad ogni modo, se queste ipotesi fossero vere, i persiani avrebbero anticipato Luigi Galvagni e Alessandro Volta di ben 2000 anni. Non solo inventando la prima pila, ma riuscendo ad utilizzare per la prima volta nella storia l’energia elettrica. Una scoperta che riscriverebbe molti capitoli del passato e che ci farebbe nuovamente ricredere su quelle che erano le conoscenze scientifiche di un popolo che non smettere di sorprenderci.

Autore: Patrick Zulian – patrickzulian.yt@gmail.com

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