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PADOVA. I resti dei templi dell’antica Patavium.

“Nessun resto archeologico – scriveva la docente d’archeologia Stefania Mattioli Pesavento, nel 1985 – ci permette di ricostruire l’ubicazione dei templi, nella Patavium, che certo dovevano essere numerosi e monumentali e che ci hanno lasciato solo scarsi frammenti di decorazione architettonica”.
L’intuizione della Pesavanto, per quanto riguarda le dimensioni, ha trovato ora conferma nei sorprendenti resti della base del podio di un edificio a destinazione sacra, emersi dagli ulteriori studi delle strutture scoperte già nel 2005 nello spazio verde a ovest del parcheggio dell’Istituto Natta in via Manzoni.
Allora furono rilevate le fondazioni dei lati sud e est del complesso a pianta rettangolare (rispettivamente di metri 12,5 per 15,5). I muri erano costituiti da potenti strutture in frammenti calcarei legati a malta. I lavori di scavo, affidati al settore Edilizia della Provincia che nel sito doveva sistemare una cisterna antincendio, sono ora proseguiti, grazie alla sensibilità dell’assessore Luciano Salvò che ha fatto disporre una somma che consentirà ulteriori studi e soprattutto la possibilità per turisti e appassionati di ammirare in modo permanente le fondamenta di un tempio, l’unico finora recuperato di Patavium, che potrebbe essere quello dedicato alla dea Concordia, come sostiene Sertorio Orsato (1617-1679).
Lo scavo archeologico, affidato ad Alberto Vigoni e diretto dall’architetto Nicola Gennaro, ha consentito di segnare il limite massimo dell’espansione a nord dell’edificio, interrato tre metri sotto il livello stradale.
«I risultati delle nuove indagini – afferma Gennaro – hanno definito in quest’area un complesso architettonico a pianta rettangolare, con asse est-ovest di 12,50 metri, composto da due settori dello stesso corpo di fabbrica. Complessivamente l’edificio misura 24,30 metri per 12,50 e parte della porzione orientale è ricostruita per simmetria. La tipologia architettonica di riferimento e la dislocazione topografica consolida le ipotesi d’inizio scavo: l’edificio sacro è costituito dalla “cella” coincidente con il settore meridionale e dal “pronao” a settentrione. Sul lato ovest doveva estendersi un “porticus” con muro di fondo pieno e un “colonnato” sul fronte nord. L’edificio potrebbe affacciarsi su un vasto cortile porticato, forse funzionale alle attività che si svolgevano correlate al luogo di culto. Potrebbe quindi trattarsi di un “santuario” immediatamente fuori della città, come sappiamo essere usualmente presenti nelle immediate periferie dei centri antichi».

Una scoperta sensazionale che testimonia, al di là dei resti dell’Arena, dello “Zairo” e dei “ponti romani”, lo splendore di Patavium nel primo secolo dopo Cristo. Anche se la data della fondazione non è ancora accertata, i reperti di ceramiche ritrovati negli scavi offrono utili indicazioni.
«Quelli più antichi – dice Nicola Gennaro – appartengono a un orizzonte cronologico del primo secolo dopo Cristo, ma questa datazione potrebbe abbassarsi alla seconda metà del secolo, date alcune forme di ceramica comune parzialmente depurata, nonché dalla presenza di ceramica “sigillata padana”, inquadrabile dall’età augustea ai primi decenni del primo secolo dopo Cristo».


Fonte: Il Gazzettino 10/04/2007
Autore: Alfredo Pescante
Cronologia: Arch. Romana

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