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MILANO. Le due superpotenze dell’antichità.

Duemila anni fa la metà circa della popolazione del mondo viveva sotto il dominio di due «superpotenze»: l’impero romano e l’impero cinese.
Entrambi dominavano 60 milioni circa di persone potendo contare su eserciti per secoli imbattibili; entrambi proclamavano di dominare il mondo intero (l’Orbis terrarum Roma; Tianxia, cioè «tutto ciò che sta sotto il Cielo», la Cina); entrambi erano governati da imperatori che avevano lo status di divinità; entrambi caddero sotto l’urto di popolazioni «barbare» e videro il loro immenso territorio spezzarsi: i Romani perdendo addirittura l’area in cui tutto era nato, i Cinesi perdendo l’intero Nord.
Una mostra spettacolare (con cui la Repubblica Popolare Cinese ha celebrato, prima a Pechino poi a Luoyang, i 60 anni della sua fondazione), curata da  Stefano De Caro e da Xu Pingfang, affronta per la prima volta questo tema (a Palazzo Reale dal 16 aprile al 5 settembre, poi a Roma in autunno; catalogo 24 Ore Motta Cultura).
Riunite sotto il titolo «I due Imperi. L’aquila e il dragone» sfilano nel percorso 300 straordinari pezzi archeologici prestati da una cinquantina di grandi musei che documentano questi due mondi tanto lontani geograficamente, quanto simili nei principi su cui si fondavano.
La rassegna, che affronta il periodo delle dinastie Qin e Han (II secolo a.C.-II secolo d.C.) per la Cina e i primi due secoli della nostra era per Roma, si offre con un duplice livello di lettura: da un lato quello artistico, documentato dallo splendore delle opere (strumenti anche, per entrambi, di affermazione politica); dall’altro, in filigrana, quello storico, con cui si rileggono l’evoluzione delle due società e l’affermarsi di strutture politiche, sociali e amministrative capaci di reggere per secoli, valicando la durata stessa dei due imperi.
Molte le convergenze, come l’evolvere della struttura politica dalla città-stato all’impero, l’istituzione di eserciti professionali, la creazione di strutture protoburocratiche, la centralizzazione del controllo, l’uso del censimento generale, la codifica del diritto, la creazione di una cultura d’élite omogenea e di un corpus di classici, l’identificazione dell’imperatore con una divinità, e altre ancora.
Ben minori per numero e significato le divergenze. Troppo lontane geograficamente, le due potenze non si incontrarono mai, se non attraverso le loro merci: la seta (che Plinio immaginava fosse raschiata dai cinesi dagli alberi), la giada e gli oggetti di ferro dalla Cina; biancheria, vetro e gesso dal Mediterraneo.
In mostra i celebri guerrieri di terracotta, i vestiti e i sarcofagi di giada, corredi funerari, lacche, bronzi e affreschi cinesi di epoca Han, modelli di case e utensili, accostati a gruppi statuari romani, affreschi, mosaici, utensili, altari funebri dell’antica Roma, in un confronto inedito, visivamente e concettualmente molto stimolante.

Autore: Ada Masoero

Fonte: Il Giornale dell’Arte numero 296, marzo 2010

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