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Mario Zaniboni. Sigillo di Pashupati – Tante incertezze.

pashupati

Nel biennio 1928-1929, furono fatte ricerche ed eseguiti scavi archeologici nella valle del fiume Indo, indicata anche come ICV (Indus Valley Civilisation), comprensiva di parte dell’Afghanistan, del Pakistan e dell’India, in merito alla civiltà che laggiù si sviluppò.
In quell’occasione, nel sito di Mohenjo-daro, insieme con tanti altri reperti, l’archeologo Ernest J. Mackay, alla profondità di 3 metri e 90 centimetri, rinvenne un oggetto dalle dimensioni di 3,56 per 3,53 centimetri ed uno spessore di 7,6 millimetri, di steatite (qualcuno dice che le misure sono 3,4 x 3,4 x 1,4 centimetri: dov’è il vero?); la steatite una delle rocce che, oggi, sono usate nelle industrie farmaceutica e cosmetica per il loro contenuto in talco (detta, pertanto, “pietra saponaria”) e, inoltre, per costruire recipienti che possono sopportare senza difficoltà alte temperature nella preparazione dei cibi e per bollire sostanze liquide (perciò, pietra ollare, dal latino volla, cioè bollente).
Questo reperto, che fu definito “sigillo di Pashupati” (ora conservato nel Museo Nazionale di Nuova Delhi), e che è stato datato fra il 2350 e il 2000 a.C., porta incisa la figura della divinità venerata in quell’area. E’ rappresentata da individuo seduto su una pedana, con le braccia allargate.
Secondo molti studiosi è itifallico, cioè con il pene in erezione: questa precisazione è stata occasione per tutta un serie di animate discussioni fra gli studiosi senza giungere, come capita molto spesso, ad un conclusione che metta tutti d’accordo, seppure ci sia il parere in tal senso dello specialista IVC (Insufficienza Venosa Cronica) Jonathan Mark Kenoyer; però sono molti coloro che lo hanno interpretato come una specie di nappa attaccata alla cintura.
Porta un copricapo con due grandi corna arcuate. Si ritiene che possa essere una delle prime rappresentazioni del dio indù dalle tre facce Shiva “Pashupati” (Signore degli animali). Sono bene evidenziati i nasi e le labbra carnose. Al di sopra delle sue spalle sono un rinoceronte, un elefante, un bufalo e una tigre; al di sotto sono due animali, forse cervi.
Nella parte alta, si trovano sette segni che sono stati interpretati come simboli relativi alla scrittura delle popolazioni del fiume Indo, ivi viventi dal 2700 al 2000 a.C., anche se non tutti sono dello stesso avviso che di scrittura si tratti, anche perché, malgrado tutti i tentativi fatti, non si è giunti ad una decifrazione; del resto, non è stata mai trovata qualche iscrizione che riportasse qualche scritto bilingue.
In merito a ciò che rappresenti la figurazione del sigillo sono molti gli studiosi che hanno tentato di darne un significato, ma alla fine i risultati furono diversi, se non contrastanti fra di loro, tanto che qualcuno ha suggerito che questi sono di scarsa utilità o, meglio, inutili per mettere insieme una storia plausibile.
Comunque, impassibile, il sigillo Pashupati è un ospite del Museo Nazionale di Nuova Delhi.

Autore: Mario Zaniboni – zamar.22blu@libero.it

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