Archivi

Il Neanderthal che è in me.

La popolazione da cui discendo è arrivata in Italia, e più precisamente nella valle sedimentaria del fiume Po, più di 7000 anni fa. No, non sto rivendicando la mia identità padana. È che questo è uno degli elementi che emergono dall’analisi del mio DNA effettuata nel contesto del progetto Genographic della National Geographic Society, che ha già coinvolto quasi 600.000 persone in tutto il mondo con l’obiettivo di costruire una mappa dettagliata delle migrazioni umane.
Tra le molte informazioni disponibili, dal mio kit Geno 2.0 risulta anche che circa il 2 per cento del mio genoma ha origini neanderthaliane, mentre l’1,6 per cento sarebbe imparentato con l’uomo di Denisova, l’enigmatica nuova specie annunciata solo nel 2010 e scoperta in una grotta dei Monti Altaj, al confine tra la Russia e il Kazakhstan.
Anche se i responsabili del programma Genographic precisano che la percentuale di DNA denisoviano può essere ancora soggetta a importanti variazioni, fino a pochi anni fa un’affermazione del genere era impensabile.
Come raccontano Michael Hammer a pagina 54 e Anna Meldolesi a pagina 60, la teoria più accreditata sulla nostra specie voleva che gli esseri umani anatomicamente moderni si fossero evoluti in un’unica località dell’Africa subsahariana per poi lentamente colonizzare altre regioni e sostituire le specie di Homo più arcaiche che già vi esistevano.
Sempre nel 2010, però, il gruppo di Svante Pääbo al Max-Planck-Institut für evolutionäre Anthropologie di Lipsia riferiva di aver ricostruito la maggior parte del genoma neanderthaliano, basandosi su reperti rinvenuti in Croazia. E l’analisi del patrimonio genetico di quel nostro cugino scomparso suggeriva che avesse fornito
un piccolo ma significativo contributo al nostro DNA.
«Oggi – conferma Hammer – i non africani mostrano in media nei loro genomi un contributo neanderthaliano che varia dall’1 al 4 per cento». Sono nella media, dunque.
Ma non è certo questo il punto. Sebbene molti aspetti di tutta questa vicenda sia¬no ancora controversi, le ultime scoperte sembrano però indicare che gli esseri umani moderni derivino da diverse popolazioni evolutesi in tutto il Vecchio Mondo. E non solo. A complicare la faccenda ci sono infatti le speculazioni sull’estinzione dell’uomo di Neanderthal e sulla sua convivenza con Homo sapiens. Come infatti spiega ancora Anna Meldolesi, nuove tecniche di datazione al radiocarbonio stanno mettendo in discussione la cronologia della transizione tra Paleolitico medio e superiore, il periodo della storia umana in cui la nostra specie ha convissuto con i Neanderthal, e dunque quello in cui sarebbero avvenuti gli incroci.
È un bel momento per la paleoantropologia. Come sempre quando una scienza è in grande fermento. E confesso che è emozionante pensare di ripercorrere il cammino di quei pionieri che lasciarono l’Africa per attraversare la penisola arabica e l’Anatolia e risalire verso nord-ovest tutta l’Europa centrale prima di ridiscendere verso sud e arrivare fino a noi. Qui e ora.

Autore: Marco Cattaneo

Fonte: Le Scienze.it, 2 lug 2013

Segnala la tua notizia