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GRECIA. Trovato sul monte rifugio con ceramiche di 3mila anni.

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Un misterioso, minuscolo edificio, risalente a circa 3000 anni fa è stato portato alla luce da una missione archeologica greco-svizzera sull’isola greca di Egina, sulla vetta del Monte Ellanio. La scoperta è stata annunciata in questi giorni dal Ministero della Cultura greco. In questo vano che misura 4,5 x 3 metri sono stati rinvenuti trenta vasi di ceramica micenea.
Al culmine della montagna, accanto alle rovine del Tempio di Zeus Hellanios – IV secolo a. C -, sorge una piccola bizantina del XIII secolo. I ritrovamenti avvenuti in quest’area portano alla preistoria e, in particolar modo, a un periodo terribile per la civiltà micenea, aggredita dalle cosiddette Popolazioni del Mare, popolazioni marinare – probabilmente collegate anche alle coste e alle isole italiche – che posero sotto scacco gli antenati dei greci e persino gli Egizi. L’attacco sulle coste da parte di questi predoni, costrinse i micenei, che avevano sviluppato una società organizzata ed evoluta, a ritirarsi rapidamente verso i monti, mentre a valle gli incursori facevano bottino e bruciavano case e palazzi, dopo aver seminato morte.
Fu probabilmente in questo periodo – come testimonierebbero le ceramiche trovate dagli archeologi greco-svizzeri – che gli abitanti di Egina raggiunsero i punti più impervi dell’isola, per porsi in salvo. Considerate le incursioni reiterate, questi luoghi furono probabilmente rifugi stabili e duraturi.

La civiltà micenea, che qui venne posta sotto assedio, è una cultura di origine indoeuropea, fiorita nella Grecia continentale durante la tarda età del bronzo (1600-1100 a.C.), contraddistinta dalla lingua micenea, la più antica varietà di lingua greca attestata. L’espressione prende origine dalla città di Micene e fu coniata da Heinrich Schliemann.
Diversamente dai Minoici, la cui società prosperava grazie al commercio, i Micenei si sviluppavano tramite la conquista, essendo un popolo guerriero. La civiltà micenea era dominata da un’aristocrazia guerriera. In seguito i Micenei estesero il loro controllo a Creta, il centro della civiltà minoica (la quale era stata indebolita dall’eruzione di Santorini), e adattarono la forma di scrittura minoica, chiamata Lineare A, finora non ancora decifrata, ad una propria arcaica forma di greco, chiamata scrittura Lineare B, invece quasi del tutto decifrata Da Ventris e Chadwitck nel 1952.
Non solo i Micenei sconfissero i Minoici, ma secondo successive leggende elleniche essi espugnarono Troia, presentata nell’epica come una città-stato rivale.
Il declino della civiltà micenea, un tempo fiorente nell’antica Grecia, rappresenta uno dei misteri più affascinanti e dibattuti della storia antica. Si ritiene che questo declino abbia avuto luogo circa intorno al 1200 a.C., durante l’inizio del periodo noto come Medioevo Ellenico. Tuttavia, le cause esatte di questo declino rimangono ancora oggetto di dibattito tra gli storici e gli archeologi moderni.
Una delle teorie più tradizionali attribuisce il declino della civiltà micenea all’invasione dei Dori, un popolo indoeuropeo presumibilmente originario del nord della penisola balcanica. Anche se alcuni sostengono che i Dori fossero già presenti nel Peloponneso in una posizione marginale, vi è una forte corrente di pensiero che li considera come i principali invasori responsabili del crollo della civiltà micenea. Tuttavia, recenti scoperte archeologiche, come le tavolette scoperte a Pilo e scritte in Lineare B, suggeriscono la possibilità di un’invasione marittima, evidenziando preparativi militari frenetici per fronteggiare una minaccia imminente.
Uno degli elementi di maggior peso nella crisi di questa società ellenica fu causato dall’ascesa dei cosiddetti “Popoli del Mare”, potrebbe aver contribuito al collasso della civiltà micenea. Questi predoni del mare, probabilmente originari dell’Europa meridionale, soprattutto dell’Egeo, saccheggiarono e invasero varie regioni del Mediterraneo orientale, determinando il crollo di importanti potenze come l’Impero ittita e causando turbolenze in tutto il mondo antico.
Ma tra questi predoni confederati – e tra i loro fiancheggiatori – ci sarebbero stati, con ruoli notevoli, anche popolazioni dell’area italica. Gli Shardana, o più correttamente Sherdana, erano una delle popolazioni, citate dalle fonti egizie del II millennio a.C. appartenenti alla coalizione dei popoli del Mare; la loro presumibile identificazione con gli antichi Sardi è al momento oggetto di dibattito archeologico. I Šekeleš, sempre indicati tra le Popolazioni dei mari, sono stati associati ai Siculi, popolazione di lingua indoeuropea che si stanziò nella tarda età del bronzo in Sicilia orientale.

Tra queste turbolente gente di mare, anche i Tereš, conosciuti anche come Turša, forse Tirsenoi o “Tirreni”, il nome con cui gli autori greci si riferivano agli Etruschi. L’idea di una connessione tra i Tirreni e il mondo del Mar Egeo è emersa successivamente al ritrovamento della Stele di Lemno sull’isola di Lemno nel 1885. Questa stele presenta un’iscrizione in una lingua ritenuta correlata all’etrusco più arcaico, attestato nell’area dell’Etruria meridionale. Alcuni studiosi, come lo storico olandese Luuk de Ligt, ipotizzano che la presenza di una comunità che parlava una lingua simile all’etrusco sull’isola di Lemno nel VI secolo a.C. possa essere stata il risultato di movimenti di mercenari provenienti dalla penisola italica e arruolati dai Micenei. Similmente, l’archeologo austriaco Reinhard Jung suggerisce che i movimenti di guerrieri dall’Italia all’Egeo e al Vicino Oriente potrebbero essere stati associati ai Popoli del Mare.
Altri studiosi, come Norbert Oettinger, Robert Drews, Michel Gras e Carlo De Simone, interpretano la presenza di insediamenti etruschi sull’isola di Lemno prima del 700 a.C. come indicativa di attività piratesca o commerciale degli Etruschi nella regione.

Fonte: stilearte.it 6 apr 2024

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