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COLLEFERRO (Roma). Museo Archeologico del Territorio Toleriense.

Esiste anche un’altra faccia di questa città, quella più nobile e forse poco conosciuta che ci presenta l’idea nuova di un Comune che ora crede nel suo rilancio turistico. È stato questo uno dei motivi che ha spinto la Regione Lazio ad assegnare a Colleferro il premio “Città della Cultura per il 2018” per la “forte esigenza di ricercare, ripensare e rifondare la propria identità nella contemporaneita”. In linea con questo principio l’Amministrazione guidata dal sindaco Pierluigi Sanna è pronta a restituire alla città un nuovo gioiello: il Museo Archeologico del territorio Toleriense.
Il 21 aprile, in via degli Esplosivi si è tenuta l’inaugurazione di questa prestigiosa esposizione nata nel 1986 con il patrocinio della Soc. BPD Difesa e Spazio, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica per il Lazio. Uno spazio per cui si era detto molto entusiasta l’ex ministro Dario Franceschini che durante lo scorso dicembre ebbe modo di visitare la struttura accompagnato dal sindaco Sanna. In quell’occasione fu presentato il progetto del nuovo allestimento dell’area archeologica a partire dall’ambizioso progetto della ricostruzione dell’Elephant Stuck uno dei pochi mammut esistenti oggi in Europa ritrovato durante gli scavi per la costruzione dello stabilimento della SNIA.
Oggi il progetto espositivo è il risultato di un lavoro di ricerca, di documentazione e di conservazione che hanno visto coinvolti per più di venti anni il Gruppo Archeologico Toleriense, gli organismi statali preposti alla tutela (Soprintendenza Archeologica per il Lazio) e il Dott. Angelo Luttazzi.
Grazie alla collaborazione con l’Università La Sapienza e il contributo della Italcementi, il museo riscrive la propria storia ripromettendo un nuovo spazio inteso come strumento di educazione permanente.
All’interno della nuova area ricopre un ruolo centrale l’antico elefante di Colleferro, con una ricostruzione minuziosa e ben riuscita di tutte le parti e materiale informativo di facile consultazione. Prevista l”esposizione di documenti e testimonianze del territorio che fornisce gli elementi necessari per la conoscenza delle tappe percorse dalla civiltà attraverso i secoli, sino alle soglie della fase industriale. Il tragitto museale è articolato in più sezioni, che raccolgono con continuità reperti che vanno dal paleolitico al medioevo. Al Museo è annessa una biblioteca specialistica, un laboratorio fotografico. In relazione ai programmi scientifici e didattici, Il Museo offre ogni anno un vasto programma di attività, rivolto a tutti gli istituti scolastici e diversificato a seconda dell’età degli studenti. Gestisce visite guidate ad un gruppo di monumenti del territorio. Coordina una missione archeologica nel castello di Piombinara che offre la possibilità agli studenti di partecipare ad una vera e propria campagna di scavo archeologico.

1200px-Elephas_antiquusZanne di mammut, ossa umane preistoriche, resti di cultura quotidiana arcaica, come vasi e anfore, ricostruzioni di abitazioni medievali e poi la ricostruzione del grande Mammut, una rarità nel panorama nazionale. Tutto questo si può trovare nel Museo Archeologico del Territorio Toleriense che verrà inaugurato sabato 21 aprile a Colleferro, dichiarata “Città della Cultura” della Regione Lazio.
«Gli oggetti provengono da scavi effettuati in zone intorno la città – spiega in una nota il Museo. Abbiamo curato innanzitutto la centralità dei pezzi rispetto alle opere più marginali o grandi, come i plastici, in modo da fornire informazioni sui diversi periodi».
Il Museo è ubicato all’interno di una struttura appartenente all’ex opificio B.P.D. e si articola in cinque principali sezioni tematiche (paleontologia, preistoria e protostoria, periodo arcaico, periodo romano, alto medioevo e medievo) disposte su un unico piano, valorizzate da un sostanzioso apparato didattico ed arricchite da numerosi plastici. Notevole risalto è stato dato alla sezione paleontologica con la ricostruzione spettacolare in scala reale di un Palaeoloxodon antiquus (elefante dalle zanne dritte). Nella stessa sala sono esposti fossili appartenuti alla stessa specie e ad altri animali del Pleistocene medio tra cui quelli del Bos primigenius, dallo scavo del giacimento di Colle Pantanaccio. Le testimonianze della più antica presenza umana, si riferiscono a gruppi di manufatti del Paleolitico inferiore, medio e superiore, fino al Neolitico cui appartengono quelli litici e ceramici provenienti da Colle Rampo un importante sito sul corso del fiume Sacco. Le più rilevanti tappe della protostoria attraversano l’età del Bronzo con testimonianze dal territorio, fino a materiali dell’età del ferro della cultura Laziale, del I millennio a.C., da un gruppo di capanne scavate in località Coste Vicoi, ai margini dell’abitato moderno. Per fase arcaica e tardo arcaica del territorio (VI-IV sec. a.C.) sono da segnalare oggetti dell’abitato dei Muracci di Crepadosso (IV chilometro): si tratta di oggetti di uso domestico e materiale votivo da un santuario dedicato ad una divinità femminile. La fervente attività edilizia, conseguenza della colonizzazione romano-latina è documentata da materiali ceramici, epigrafici, numismatici e metallici da abitati e ville rustiche la cui vitalità accertata fino al periodo tardo imperiale. Il passaggio tra tardoantico ed altomedioevo, è documentato dai materiali dei cimiteri paleocristiani di S.Ilario ad Bivium e Paliano, dell’abitato di Colle Cirifalco e dai corredi della necropoli di Casa Ripi. Nella sezione medievale sono conservati, infine, i reperti rinvenuti nelle aree dei castelli del territorio, in particolare dagli scavi del Castello di Piombinara (XII-XVIII secolo) e dell’abbazia di Rossilli.

CENNI STORICI
Presenze remote del territorio risalgono a circa 500.000 anni con due giacimenti del Pleistocene medio che hanno restituito resti fossili di animali: elephas antiquus, bos primigenius, equus (Colle Quartaccio e Pantanaccio). Le testimonianze della più antica presenza umana sono del Paleolitico medio e superiore. Nel Neolitico le alture lungo il corso del fiume Sacco erano occupate da piccoli insediamenti. Nell’Età del Bronzo e nella successiva Età del Ferro si ebbe una capillare occupazione dei luoghi più elevati (Coste Vicoi, Colli di S.Pietro, Muracci di Crepadosso, Casa Ripi). Alcuni di questi villaggi furono abbandonati tra il VI ed il IV sec. a.C., altri divennero grandi villaggi con aree di culto. Alcuni possono essere identificati con gli abitati storicamente conosciuti come Toleria (Colli di S.Pietro) e Verrugo (Muracci di Crepadosso). In età repubblicana il territorio rientrava nell’Ager Signinus. Alcuni abitati vissero almeno sino al III sec. a.C. (Pantanaccio, Colli S. Pietro, Muracci di Crepadosso), poi ad essi si sostituì una fitta presenza di”ville rustiche” o fattorie, molte delle quali furono attive fino al tardo impero. Il territorio di Colleferro era attraversato in età romana dalla Via Latina, dalla Labicana e da una rete stradale minore. Tra il IV ed il V sec. d.C. ci fu una forte riduzione degli insediamenti ed una concentrazione della popolazione nei centri più grandi. La riconquista del territorio avvenne tra il VII e l’VIII secolo con l’istituzione delle parrocchie rurali (S.Antonino, S.Nicola Piombinara e Casa Ripi). Nel medioevo le vicende del territorio sono legate alla famiglia Conti con l’edificazione dei grandi castelli di Colleferro e Piombinara, distrutti nel 1431. Dopo vari passaggi di proprietà il territorio passò in mano alla famiglia Pamphili. Le vicende della città moderna partono da un nucleo abitativo a ridosso della Stazione FS Segni–Paliano e dello Zuccherificio della Soc.Valsacco. La giovane cittadina di Colleferro crescerà con lo stabilimento di produzione di polveri della Soc. Bombrini Parodi Delfino”, con progetti urbanistici dell’Arch. Michele Oddini e dell’ Ing. Riccardo Morandi, trasformandosi da borgo a centro industriale. Il Comune, istituito il 13 giugno 1935, deve oggi la sua fama allo sviluppo dell’industria per la produzione dei razzi “ARIANE” e “VEGA”.

Fonte: www.cinquequotidiano.it, 18 apr 2018

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