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BORGOSESIA (Vc). Grotta della Ciota Ciara, nuovi resti umani di 300mila anni fa.

ciara

Con la scoperta di nuovi di resti umani riferibili al genere Homo, anche quest’anno l’Università di Ferrara contribuisce a scrivere la storia dell’evoluzione umana. Il ritrovamento è avvenuto nel corso della tredicesima campagna di scavi nella Grotta della Ciota Ciara (Borgosesia, VC).
L’ampliamento dell’area indagata e gli scavi hanno portato al ritrovamento di tre ulteriori reperti. Si tratta di un 2° incisivo inferiore, di un molare e di un frammento di 1° incisivo superiore.
“Il molare e l’incisivo inferiore sono molto ben conservati e si può in via preliminare ipotizzare una loro appartenenza a un individuo adulto di giovane età – commenta la Professoressa Marta Arzarello della Sezione di Scienze Preistoriche e Antropologiche di Unife – A sostegno di tale ipotesi, l’incisivo inferiore presenta una radice ancora incompleta, in fase di accrescimento, mentre per entrambi si rileva un grado di usura piuttosto scarso. L’incisivo superiore, sebbene presenti anch’esso un buono stato di conservazione, è frammentario e non consente di fare ipotesi realistiche a monte di analisi e studi più approfonditi”.
La scoperta è avvenuta nel corso degli scavi diretti per il tredicesimo anno dal Dipartimento di Studi Umanistici di Unife, con la concessione del Ministero della Cultura e in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli. Ogni anno docenti, ricercatrici, ricercatori, studentesse e studenti conducono una campagna di scavo di un mese nella grotta, grazie alla collaborazione con il Comune di Borgosesia (che assieme all’Università di Ferrara finanzia le ricerche), con l’Ente Gestione Aree Protette della Valle Sesia, con il Museo di Archeologia e Paleontologia “Carlo Conti” di Borgosesia e con i membri dell’ex Gruppo Archeologico e Speleologico di Borgosesia.
Con il ritrovamento nel 2019 e nel 2020 di un incisivo inferiore, un molare superiore, un canino superiore e di un osso occipitale attribuibili senza alcun dubbio al nostro genere, il genere Homo, la campagna 2021 ha ulteriormente arricchito l’insieme dei resti umani della Ciota Ciara, che rappresenta un’evidenza fondamentale per la ricostruzione del popolamento preistorico dell’Italia del Nord Ovest. Le ricerche portate avanti dal 2009 dall’Università di Ferrara, grazie all’approccio multidisciplinare e alla collaborazione con molti istituti di ricerca italiani e internazionali, hanno permesso di delineare un quadro molto interessante inerente la ricostruzione del modo di vita dell’Uomo preistorico che ha frequentato le grotte del Monte Fenera durante le prime fasi del Paleolitico medio, periodo che si estende da 300 mila anni fa fino a circa 35.000 anni fa e durante il quale, in Europa, sono state presenti due specie: Homo heidelbergensis e Homo neanderthalensis.
“L’importanza del ritrovamento, al di là del fatto che i resti preistorici di questo periodo sono pochissimi in tutta l’Europa, risiede nel fatto che ci troviamo di fronte a dei fossili che permetteranno di documentare il periodo cronologico che vede il passaggio dall’Homo heidelbergensis all’Homo neanderthalensis. I resti della Ciota Ciara, inoltre, rappresentano un unicum per tutto il Nord Italia”, prosegue la Professoressa Arzarello.
“I dati emersi dallo scavo paleolitico permettono di affermare che la grotta sia stata probabilmente utilizzata in una prima fase solo come rifugio durante la caccia e successivamente per delle occupazioni più lunghe, probabilmente stagionali e articolate per poi finire con un’ultima occupazione di breve durata. L’Uomo preistorico ha sfruttato principalmente le rocce locali per la produzione di strumenti e ha cacciato le specie presenti nell’area come il cervo, il cinghiale, il camoscio e il rinoceronte. Ha inoltre deprezzato alcune carcasse di orso (difficile dire se cacciate attivamente o uccise durante il letargo) per il recupero delle pellicce. In alcuni casi ha raccolto delle materie prime di migliore qualità più distante dal sito e ha portato alla Ciota Ciara strumenti già confezionati. L’analisi dei denti dei micromammiferi (piccoli roditori), ha permesso di stabilire come il clima fosse temperato, con un incremento dell’aridità e un abbassamento delle temperature nei livelli più bassi. Sono stati rinvenuti anche i resti di altri carnivori come la pantera, il leone, la lince, il lupo, il tasso e la martora, specie che hanno probabilmente occupato la grotta nei periodi in cui l’uomo non era presente”, conclude Arzarello.
La datazione, con metodi radiometrici, del sito è ancora in corso presso il Muséum National d’Hitore Naturelle di Parigi, ma i risultati preliminari lasciano pensare che la parte centrale (in termini di cronologia) del giacimento abbia una data di circa 300 mila anni.
I resti umani verranno presentati durante una conferenza stampa che si terrà presso il museo di Archeologia e Paleontologia “Carlo Conti” di Borgosesia il prossimo settembre.

Fonte: www.unife.it, 2 lug 2021

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