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AQUILEIA (Ud). Le origini della Chiesa di Aquileia negli studi di Guglielmo Biasutti.

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La tarda evangelizzazione dell’Italia settentrionale assurse a dogma storiografico intangibile a partire dal primo Novecento in mancanza di documenti scritti che ne testimoniassero tappe precedenti. Sotto la spinta positivista alimentata dagli studi di Pio Paschini, la tradizione marciana, maturata fra il VII e il X secolo, fu considerata leggendaria e le origini della Chiesa aquileiese vennero ricollocate verso la metà del III secolo.
A cinquant’anni di distanza dal celebre lavoro di Paschini su La chiesa aquileiese ed il periodo delle origini, un altro prete friulano di fervida intelligenza, Guglielmo Biasutti, riaprì il problema del cristianesimo precostantiniano ad Aquileia pubblicando un suo opuscolo su La tradizione marciano aquileiese, seguito da altri lavori, tracciando nuovi percorsi d’indagine con i quali la storiografia ufficiale avrebbe dovuto confrontarsi.
Sentiva, quel prete di Forgaria, di dover inseguire una verità storica assai superiore ai documenti e «la verità della realtà delle cose e della natura umana», come ebbe a dire. Dedicò gli ultimi anni della sua vita a un lavoro di sintesi che intendeva pubblicare nel libro Lineamenti della Chiesa di Aquileia dalle origini al Mille. In una lettera del 4 aprile 1984 chiese al professor Giuseppe Cuscito di leggere la prima stesura del suo dattiloscritto sollecitando il suo aiuto. «Si tratta di una stesura di getto» precisava. Morì nel febbraio 1985.
L’impegno scientifico sviluppato per tanti anni da Biasutti sul problema delle origini della Chiesa di Aquileia emerge in tutta la sua straordinarietà nel libro Il Cristianesimo primitivo nell’Alto Adriatico. La chiesa di Aquileia dalle origini alla fine dello scisma dei Tre Capitoli a cura di Giordano Brunettin con prefazione di Giuseppe Cuscito, una ricerca storica che l’editore Gaspari, su sollecitazione dei parenti dello studioso ha inteso offrire all’attenzione del pubblico. Un’opera purtroppo monca, alla quale mancano almeno sei capitoli, rispetto all’impianto individuato da Biasutti, poiché la morte interruppe il suo estremo sforzo, eppure ricca di interessanti contributi.
Le ricerche di Biasutti tornarono alla fondazione della primigenia Chiesa aquileiese, per secoli collegata alla predicazione di San Marco nella capitale della X regio in quella che i colpi impietosi della critica razionalista e positivista relegarono al livello di leggenda da Medioevo.
Si pose il problema dell’interpretazione della leggenda marciana e del racconto dei protomartiri Ermacora e Fortunato osservando che l’improvvisa fioritura della Chiesa aquileiese e l’enorme ascendente spirituale ed ecclesiastico indicavano l’esistenza di una comunità cristiana ad Aquileia seriore al limite temporale della metà del III secolo, dove la storiografia critica l’aveva fissato.
L’antica presenza di un elemento di matrice giudaico cristiana come il riposo sabbatico all’interno degli schemi religiosi della comunità aquileiese suggeriva l’esistenza di un influsso di certo antecedente alla metà del III secolo. Biasutti accolse i cenni sulla predicazione marciana in modo critico e dietro all’autorità apostolica di Marco intravide una filiazione diretta da una sede di fondazione marciana che individuava in Alessandria delineando l’estraneità dell’evangelizzazione dell’Aquileiese al filone petrino-paolino e attribuendo la cristianizzazione dell’Alto Adriatico a missionari alessandrini, quindi retrodatando l’origine della Chiesa di Aquileia alla seconda metà del I secolo o, al più tardi, entro la metà dei II.
L’ipotesi che Aquileia fosse una Chiesa filiale della sede apostolica marciana di Alessandria rendeva quindi plausibile che la predicazione dell’Evangelo fosse ricondotta direttamente a san Marco.
A riprova dell’alessandrinità del primitivo cristianesimo aquileiese Biasutti ha addotto molteplici argomenti, a partire dalla lettera XII dell’epistolario ambrosiano indirizzata agli imperatori Graziano, Valentiniano II e Teodosio a nome del sanctum concilium quod conventi Aquileiae. Una lettera, che, per Biasutti, non era opera di Sant’Ambrogio ma del vescovo aquileiese Valeriano che presiedeva il concilio del 381 e riconfermava l’indissolubile legame fra la chiesa di Aquileia e quella di Alessandria fin dall’origine.
E poi ancora, Biasutti ha approfondito lo schema plebanale e il culto sabbatico nell’Aquileiese. Purtroppo, la morte impedì a Biasutti non solo di completare l’apparato bibliografico, ma il testo stesso del libro, privandolo delle sue personali considerazioni su un ulteriore elemento di corroborazione della sua tesi dell’alessandrinità della Chiesa di Aquileia e alla sua ferma opposizione alla condanna dei Tre capitoli avvenuta per diretto intervento dell’imperatore Giustiniano I nel concilio ecumenico Castantinopolitano II (553) e l’assunzione del titolo patriarcale collegata a quell’opposizione che si configurò come un vero e proprio scisma.
Biasutti dunque seppe porre domande nuove a carte che sembravano aver già detto tutto mettendole in rapporto con gli indizi che nei documenti non avevano diritto di cittadinanza. Nel generale naufragio della storia delle primitiva Chiesa di Aquileia i pochi indizi raccolti ed esaminati da Biasutti attestarono nell’antica città romana non solo l’esistenza di una comunità antica organizzata e fiorente, ma anche un dibattito teologico e culturale non dissimile da quello che conobbero sedi come Alessandria, Antiochia o Costantinopoli. —

Autore: Alessandra Ceschia

Fonte: www.messaggeroveneto.gelocal.it  3 luglio 2023

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