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TRIESTE. Gli antichi soldati romani accampati sul Carso.

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Una struttura larga il doppio di piazza Unità (a Trieste) e di pari lunghezza, sul monte Grociana piccola. Nascosti sotto gli alberi, i ciuffi d’erba e le pietre del Carso triestino, ci sono i resti delle fortificazioni di un campo militare romano risalente al II secolo a.C. Risulta peraltro che si tratti del più antico fra quelli finora individuati in tutta Europa dagli esperti del settore: superficie da 165 metri per 134, forma rettangolare e orientata Nord-Sud, con all’interno un ulteriore perimetro più piccolo (100 metri per 43) dall’orientamento differente.
carso 4La rilevante scoperta storica è stata firmata da un gruppo di ricercatori guidati dall’archeologo Federico Bernardini del Laboratorio Multidisciplinare dell’Ictp – Centro internazionale di fisica teorica con sede a Trieste.
Gli importanti esiti del lavoro di ricerca sono stati inseriti in un articolo che ha meritato la pubblicazione sulla pretigiosa rivista internazionale “Journal of Archaeological Science”.
Com’è stato possibile arrivare a questo traguardo? Tutto è iniziato, racconta Bernardini, quando «mi è stato chiesto dalla Guardia forestale di effettuare un sopralluogo sul monte Grociana piccola, dove si pensava vi fosse un castelliere protostorico. L’altura è coperta da un fitto bosco. In quell’occasione ho chiesto se avevano a disposizione i dati LiDAR (Light detection and ranging, sistema di telerilevamento laser, ndr), acquisiti qualche anno prima per la Protezione Civile dalla ditta Helica con rilevazioni effettuate da un elicottero».
carso 5Per recuperarli e consultarli, a Bernardini è stato quindi suggerito di contattare Alessandro Sgambati (secondo autore della ricerca) dell’Ispettorato agricoltura e foreste di Gorizia e Trieste. Proprio attraverso l’elaborazione dei dati è stato allora creato un modello digitale del terreno, eliminando virtualmente la vegetazione presente. Bernardini e Sgambati sono «rimasti a bocca aperta», rivela il ricercatore dell’Ictp, da quanto si è materializzato davanti ai loro occhi: nessuna pianta di forma irregolare tipica dei castellieri, ma una perimetrazione rettangolare. Il primo, fondamentale, tassello di un mosaico che si è via via composto sino a completarsi.
Altri elementi chiave sono stati rinvenuti direttamente sul posto: resti di anfore repubblicane, del tipo Lamboglia 2 (frammenti di questa tipologia di anfora erano stati rinvenuti in passato nella zona di Cattinara, vicino a Muggia e in vari punti della Slovenia), poi analizzati tramite microtomografia computerizzata ai raggi x nel Laboratorio Multidisciplinare dell’Ictp.
Laboratorio che, negli ultimi anni con il progetto Ictp/Elettra Exact (Elemental X-ray Analysis and computed Tomography, finanziato dalla Regione) di cui è responsabile Claudio Tuniz, è stato dotato di innovativi strumenti analitici portatili per lo studio non distruttivo e la conservazione di beni culturali. Un gioiello scientifico, unico in Italia e con pochi pari in Europa.
Il responso delle analisi sulle sezioni virtuali dell’orlo delle anfore ha permesso di sancirne tipologia e datazione. Incrociando tutte le informazioni ottenute, lo staff è giunto alla conclusione di come la fortificazione romana in pietra fosse già presente sul monte Grociana piccola alla fine del II secolo a.C., presumibilmente costruita per essere una base nel periodo della conquista romana dell’Istria. Non è comunque escluso che la realizzazione dell’accampamento militare fosse stata avviata ancora prima.

Autore: Matteo Unterweger

Fonte: Il Piccolo on line, 20 gen 2013

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