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VITERBO. La cultura egizia ed i suoi rapporti con i popoli del Mediterraneo durante il I millennio a. C.

L’Egitto è universalmente noto come fulcro di grande cultura. Fino dalla dinastia 0 si è sempre ritenuto al centro del mondo  registrato come diverso, strano.

Nel medio regno aumenta la sua estensione nei Paesi vicini, conta sempre una maggiore presenza di Asiatici ed anche l’esercito è multietnico.

Prima del Cristianesimo, la sua religione è stata la più estesa. Naturalmente la civiltà egiziana ha influenzato tutti i popoli con i quali è venuta in contatto, nelle varie epoche, ricevendone a sua volta stimoli e suggerimenti, ed è appunto di questo argomento che ha trattato il Convegno “La cultura egizia ed i suoi rapporti con i popoli del Mediterraneo durante il I millennio a. C.”

L’incontro si è tenuto a S. Martino al Cimino, in provincia di Viterbo, nel prestigioso palazzo seicentesco Doria – Panphilj, nei giorni 6 e 7 novembre 2008, ed ha visto alternarsi alcuni dei più importanti egittologi del mondo, per riferire le ultime novità dello loro ricerche sul succitato periodo storico.

Il convegno si colloca nell’ambito dell’ “Anno Europeo del Dialogo Interculturale” e, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Comune e della Provincia di Viterbo, è stato organizzato dall’Accademia Kronos “Con lo scopo di dare vitalità alla cultura che, purtroppo, in questi ultimi tempi sembra perda dei colpi e per attivare la nostra sezione archeologica su un evento importante, cioè la cultura egizia nel mondo mediterraneo. Sembra che ci siamo riusciti”. Così ci ha detto il dott. Ennio La Malfa, Presidente nazionale di Accademia Kronos.
 
E’ stato un convegno molto positivo – ha confermato la dottoressa Marvat Seif El Din, direttrice del museo greco romano di Alessandria d’Egitto e ospite d’onore dell’evento – che ha, tra l’altro, ulteriormente rilevato la reciproca influenza tra l’antico Egitto e Roma, nel campo dell’Arte. Gli oggetti egizi, ad esempio, si trovano in Italia già nel 7° sec. a. C, ed allora ci domandiamo se questo significa che alcune comunità greche egiziane si sono stabilite qui, oppure se ciò è soltanto frutto di scambi commerciali. Sono i Romani ad essere andati in Egitto oppure hanno avuto gli Aegyptica  tramite i Greci e li hanno portati in Italia?”
Nel 1° millennio a. C. mentre fioriscono le grandi civiltà greca, etrusca e romana, l’Egitto vanta già 2000 anni di storia e, attraverso commerci, migrazioni, rapporti diplomatici, ecc., i popoli si influenzano a vicenda, contribuendo, tra l’altro, alla propria ricchezza culturale.

Nell’Odissea si parla di ninnoli, probabilmente egizi, portati dalle navi greche. A Saccara si sono trovate testimonianze di mercanti fenici e della loro attività commerciale. Gli amuleti e le statuine degli dei egizi in faiences, non venivano prodotti soltanto nelle grandi manifatture di Menfi e di Bubasti, ma erano realizzati anche in Grecia, Cipro e Palestina.

Sono stati trovati, ad esempio, amuleti  di tradizione egiziana nelle tombe del IX, X sec. a. C. a Tarquinia e Veio e, come ha riferito il prof. Fulvio De Salvia: “Tali “portafortuna” sono presenti esclusivamente nelle sepolture femminili, certamente a protezione della fertilità e della salute infantile e denotano uno scambio diretto di informazioni tra donne asiatiche ed occidentali. Sono Tarquinia, Ceri e Veio a diffondere i prodotti orientali nell’Etruria antica.”

Come indicano le seguenti relazioni, gli argomenti trattati nel convegno sono stati molteplici ed hanno toccato vari aspetti:

– “Nuove frontiere della civiltà dell’Egitto faraonico”, Prof. ALESSANDRO ROCCATI, Università degli Studi di Torino

– “Gli Aegyptiaca in Calabria e i contesti archeologici indigeni. Il dato materiale e umano”, Prof. ROBERTO MURGANO, Accademia Kronos Calabria.

– “La via mediterranea degli Aegyptiaca. I. Produttori, acquirenti e consumatori nell’Egitto faraonico”, Prof. FULVIO DE SALVIA, Università degli Studi di Bologna.

– “La diffusione degli Aegyptiaca in Etruria meridionale tra il periodo orientalizzante e l’età arcaica”, Dott. STEFANO FRANCOCCI, Direttore Museo Archeologico di Nepi

– “Re-shaping Egyptian Religion: from Ethnic to Universal”, Prof. MARTIN BOMMAS, University of Birmingham

– “Aspetti e modalità dell’accoglienza dello straniero nell’Egitto del I° millennio”, Prof.ssa  LORETTA DEL FRANCIA, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

– “L’Isola di Nelson nella Baia di Aboukir: una fondazione macedone ignota alla foce canopica del Nilo”, Prof. PAOLO GALLO, Università degli Studi di Torino

– “Il ruolo dell’Egitto nella diffusione in Africa settentrionale della tecnica dei canali idrici drenanti (qanat) tra età persiana ed età romana”, Prof. STEFANO DE ANGELI, Università degli Studi della Tuscia

– “Il confronto culturale in Egitto tra Epoca Persiana e primi Tolomei”, Prof. EMANUELE CIAMPINI, Università degli Studi di Venezia “Ca’ Foscari”

– “The features of the Egyptian-Roman Cultures both in Alexandria and Italy in the field of Art, Religion, Politic during the last phase of the first century B.C. in the light of archaeology”, Prof. AHMED ABDEL FATTAH, Supreme Council of Antiquities

– “Geografia culturale dell’Egitto saita: il caso della tomba di Bakenrenef”, Prof. ROBERTO BUONGARZONE, Università degli Studi della Tuscia

– “Il Palazzo reale di Alessandria alla luce dei recenti ritrovamenti”, Prof. PATRIZIO PENSABENE, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”

Particolare interesse, anche da parte del pubblico presente, ha suscitato la relazione del prof. Gallo che da 10 anni scava nell’isola di Nelson, dove sorgeva Heraclion, il porto principale d’Egitto prima di Alessandria.

Un tempo l’isola era collegata alla terra ferma ed i coloni greci che vi arrivarono al seguito di Alessandro Magno, vi edificarono una fortezza e le loro abitazioni, distruggendo, fortunatamente solo in parte, le preesistenti necropoli faraoniche di Canopo, databili tra la 27° e la 26° dinastia che, attualmente, stanno riaffiorando ad opera degli scavi in corso.

I Greci, per avere pietre da taglio, “egalizzano” la superficie dell’isola, e costruiscono le case sopra un terrazzamento, che a volte è di tre metri.

Nell’isola sono stati trovati numerosi collettori per raccogliere acqua piovana, relativi al 3°, 4° sec. a. C.

I tetti delle abitazioni sono a falda inclinata, ricoperti di coppi ed embrici (che, a quanto si sa, gli Egiziani ancora non conoscevano) per convogliare l’acqua piovana in una cisterna.

I Greci, insomma, abituati a vivere in isolotti senza acqua, grazie alla loro tecnologia, poterono abitare dove gli Egiziani non sarebbero riusciti a sopravvivere. Avevano l’acqua in casa e nel sito è stato trovato anche un bagno, il primo bagno che si conosca in Egitto, ben databile, ma non c’è traccia di sepolture greche e, improvvisamente, dopo 30 anni dalla sua fondazione, il sito verrà abbandonato rapidamente, con i materiali lasciarti in loco. Le ragioni di tale abbandono rappresentano ancora un mistero per gli archeologi.

A proposito di acqua e della sua importanza, il prof. De Angeli ha ampiamente relazionato sulla diffusione dei “qanat”, i canali  drenanti per lo sfruttamento delle risorse idriche negli ambienti aridi e desertici, che i Persiani hanno introdotto in Egitto nel 3°, 4° sec. a. C. consentendo un maggiore insediamento nelle oasi, in epoca faraonica, ma che l’Egitto ha contribuito a sua volta a diffondere dall’età persiana a quella romana.

La propagazione di tale tecnica è proseguita ininterrottamente anche in epoca post-antica, fino al secolo scorso, diffondendosi nelle oasi dell’Africa settentrionale, comprese Tunisia e Algeria, e ciò consente di confermare il decisivo ruolo di “lunga durata”, svolto dall’Egitto antico che non sembra trovare altri confronti.

Un altro esempio della commistione della civiltà egiziana con culture diverse, lo ha fornito il prof. Pensabene, comunicando gli ultimi dati di ricerca sul palazzo reale di Alessandria che, pur rappresentando un modello di architettura alessandrina, con la sua ricchezza e complessità, servì come modello per il palazzo del Palatino a Roma.

Con i Tolomei, nel  2°, 3° sec. a. C. l’architettura greca si unirà a quella egizia creando lo stile greco egizio. Infatti, come ha riferito il prof. Ciampini: “L’Egitto recepito da Roma è un mondo infarcito di cultura greca.”
Alla fine del ‘700, i resti di Alessandria erano ancora visibili, e furono documentati dagli artisti al seguito delle truppe napoleoniche. Hanno anche resistito fino ai giorni nostri, ma poi la recente urbanizzazione per l’espansione della città li ha distrutti.

Ma neppure la situazione dei nostri cantieri archeologici in Africa è rosea: infatti molti dovranno sospendere gli scavi per mancanza di fondi. In particolare sta per chiudere il sito che l’Università di Torino tiene da oltre 35 anni  in Sudan, a Karima, in cui sono stati trovati i resti della grande e mitica città di Napata, che fu la prima capitale della Nubia nelle vicinanze della IV cataratta del Nilo, dove il faraone Tanutamon si rifugiò dopo la sconfitta subita ad opera dell’esercito di Assurbanipal.
Fortunatamente, durante il Convegno, è stato annunciato che Accademia Kronos si impegna a trovare gli  sponsor per tenere in vita il cantiere. In caso contrario per un anno si addosserà i costi di gestione della campagna di scavi.
Non solo: il prossimo anno Viterbo si trasferirà al Cairo dove sarà tenuto un convegno successivo a questo, dal titolo: “Scambi culturali e commerciali tra gli Etruschi e gli Egiziani a partire dal 700 a.C”.
“E , prossimamente ci proponiamo di fare un convegno anche sulle civiltà persiane” ha anticipato il dott. La Malfa.

Quindi, l’evento culturale di S. Martino al Cimino si è concluso con ottimi risultati, confermati dalla soddisfazione dei partecipanti: “E’ stata una bella occasione d’incontro  nella quale  colleghi, non solo italiani, hanno reso conto delle loro ultime attività di grande interesse. E’ maturata la speranza di stabilire collaborazioni che prima non si erano neanche immaginate, tra Etruria ed Egitto, ma anche tra Italiani ed Istituzioni che altrimenti non avrebbero avuto modo di incontrarsi e di conoscersi – ha commentato il prof. Alessandro Roccati, insigne rappresentante dell’egittologia italiana. – Non che manchino momenti d’incontro, in Italia, ce ne sono persino troppi, dipende sempre, però, dalla natura e dalla qualità dell’incontro.

Questo meeting, ad esempio, sia per la sede che, notoriamente è un posto prestigioso, sia per l’accoglienza che denota una cultura alle spalle, di cui c’è sempre bisogno, è stato organizzato molto bene. Cioè, non basta semplicemente incrociarsi, ma è anche importante il modo con cui lo si fa. Posso dire che il bilancio di quest’incontro di Viterbo è molto positivo ed è anche stato concreto e foriero di premesse in un momento tutt’altro che roseo per quasi tutti.

Al momento dei saluti, la direttrice del museo greco romano di Alessandria, ha proposto di organizzare, in Egitto, a maggio prossimo, un altro convegno, dal   titolo: “L’influenza della cultura etrusca nell’Egitto Tolemaico”.

Le abbiamo chiesto:

Dott.ssa Seif El Din, è d’accordo con ciò che ha detto il prof. Roccati?
Si. Quando ci si incontra, ci si riunisce, si mangia insieme, si passano due giorni insieme, si raggiungono risultati positivi.
Pensa che ciò possa contribuire anche alla pace nel mondo?
Naturalmente. Questa occasione di interscambio tra Paesi diversi, ricorda a noi e agli altri come, anche nell’antichità, i popoli potevano convivere senza avere conflitti o problemi.

Per avere maggiori ragguagli sugli argomenti trattati nel Convegno di S. Martino al Cimino, rimandiamo agli atti relativi che verranno stampati quanto prima dall’Accademia Kronos: ak@accademiakronos.it 


Fonte: Scienza on line – www.scienzaonline.com 19/11/2008
Autore: Daniela Rosellini
Cronologia: Egittologia

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