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VENEZIA – Esisteva una Venezia preistorica?

La regione compresa fra le Alpi e l’Adriatico e delimitata dall’Adige ed dal Timavo è stata abitata fin dal Paleolitico: prima dagli Ibero-Liguri, poi dagli Euganei, finché prevalse la popolazione dei Veneti, da cui appunto è denominata Venetia.

Terra boscosa e fertile, dove i pioppeti della pianura si mescolano con pini e cipressi in riva al mare, popolata da selvaggina locale a cui d’autunno ed in primavera s’associavano le specie migratorie in transito, in precoce e proficuo contatto con Celti, Greci ed Etruschi era senza dubbio la zona più ricca della Val Padana, sulla quale fiorirono molte leggende: si diceva che il carro di Fetonte fosse precipitato nel Po, che le isole di questo fiume avessero spiagge d’ambra, che i troiani fuggiaschi avessero fondato nuove città: Padova, Adria, Spina.
A riprova di tanta civiltà gli scavi hanno reperito coppe, vasi, dischi di corno, tripodi, bacili, fibule, monete e poiché indubbiamente il mare era il veicolo primo di tutte le ricchezze, c’è sempre stata la convinzione che la laguna di Venezia, a quei tempi interamente salmastra, una specie di paradiso terrestre, ancora sgombro dai depositi limacciosi del Po e dell’Adige, fosse il centro vivo di tutto.

Torcello in particolare, doveva essere la sede privilegiata d’un tempio dedicato alla dea delle acque, mentre il famoso battistero che fiancheggia la cattedrale fa pensare ad antichi riti. È quello che sostiene il parroco, don Rosolino Scarpa, mostrando la piccola costruzione a pianta centrale ritrovata alla sinistra dell’altar maggiore della Cattedrale. Poteva essere un’antica “casa dei morti” secondo gli usi dell’antica civiltà minoica. In questo spazio sono diligentemente conservati i reperti che fanno pensare all’antico culto: una splendida testa muliebre con una margherita in fronte e collare celtico, una colonna per le libagioni, cava perché il liquido potesse scorrere all’interno, un’altra per bruciare profumi, lastre di marmo romanico in cui riaffiorano antichi bassorilievi di barche.
Si tratta del culto di Iside? O di Frigg, la sposa di Odino, che trasporta i defunti appunto su lunghe barche? Già Tacito mostrava di confondere i due culti! Ma potrebbe essere Afrodite Euploia, la patrona della navigazione, in seguito romanizzata col nome di Venere. Nome che sarebbe suggestivo collegare a Venezia! In realtà gli scavi stratigrafici condotti in quest’isola tra il 1961-62 hanno messo in luce lavori di rafforzamento ed innalzamento del suolo paludoso fin dai tempi degli antichi romani, ma nulla prova l’esistenza di insediamenti stabili prima dell’alto medioevo e tutti i reperti di cui sopra potrebbero venire dalla terraferma ed essere stati trasportati soltanto molto più tardi!

Certamente da tempo immemorabile la popolazione delle isole viveva di pesca, raccolta del sale e trasporti e l’Itinerarium Antonini, datato III sec. d. C. parla di una via endolagunare che percorreva la fascia costiera adriatica, tanto che da Ravenna ad Altino si viaggiava attraverso i “Sette Mari”, come erano chiamate le lagune.
Erodiano, autore di una “Storia dell’impero romano dopo Marco Aurelio”, descrive il viaggio di alcuni corrieri romani che si recano da Aquileia a Ravenna per raggiungere l’imperatore Massimo Pupieno e recargli la notizia dell’uccisione di Massimino.
Secondo lo storico al loro passaggio si aprono le porte di numerose città ed il popolo accorre agitando rami d’alloro… ma si dimentica i nomi di questi agglomerati urbani. Così se la leggenda fa intuire l’esistenza d’una Torcello opulenta, porto sicuro per le navi d’Oriente, i materiali restituiti dagli scavi risalgono tutti alla colonia romana d’Altino, facendo pensare più ad un’eventuale località di villeggiatura che ad un centro indipendente.

Un commentatore di Virgilio del IV secolo, Servio, fa già riferimento ad una popolazione della laguna Veneta che vive di trasporti marittimi e fluviali. La testimonianza più completa in merito può essere considerata la lettera di Cassiodoro, già ministro di Teodorico, scritta sotto il regno di Vitige, nel 536 o 540. Siamo ormai all’alba del medioevo. Certo il traffico di vino ed olio dall’Istria e Ravenna è descritto come un’attività ormai consolidata dalla tradizione. Ma di qui alla certezza che si vivesse in questo modo fin dalla preistoria il passo è lungo e contrastato. Il paesaggio descritto da Cassiodoro è antico: case assomiglianti a nidi d’uccelli acquatici, come erano appunto le palafitte; abitanti dediti alla pesca ed all’estrazione del sale, barche trasportate con le funi, che sembrano scivolare sui prati.

Tutto molto affascinante, ma anche dimesso. Nulla che giustifichi le antiche leggende. Se la data tradizionale della fondazione di Venezia il 25 marzo del 697 va spostata, non arriviamo prima di Roma. Resta sempre aperta comunque l’affascinante possibilità che una civiltà più antica sia esistita e non abbia potuto lasciare traccia proprio per la natura stessa del fondale lagunare, in perenne e continuo movimento.
Fonte: Redazione
Autore: Mary Falco
Cronologia: Preistoria

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