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TRIESTE – PROGETTI NUOVI PER IL PORTO VECCHIO

Sono scaduti lo scorso 18 aprile i termini per la presentazione dei progetti di ristrutturazione e riuso degli edifici del Porto Vecchio di Trieste. Il concorso bandito dall’Autorità portuale della città è volto a conservare uno dei più significativi esempi di archeologia industriale. Celata per più di un secolo alla vista dei non addetti ai lavori, l’area tardo-ottocentesca racchiude edifici architettonicamente ispirati al vicino castello di Miramar, dimora di Massimiliano d’Austria, che sul golfo di Trieste affaccia. Concepito come un quartiere della città, il porto ne costituiva originariamente lo sbocco naturale sul mare, caratterizzato com’era da spaziosi viali paralleli su cui affacciavano maestosi magazzini sul modello degli scali tedeschi.

Indietro nel tempo, a Carlo VI d’Austria si fa risalire la trasformazione della città nel più grande polo finanziario austriaco. Presa coscienza della debolezza del suo stato se confrontato alle grandi potenze di Francia ed Inghilterra, nell’ottica di rafforzamento della produzione statale e nell’economia della sua politica mercantilistica, nel 1719 il re asburgico dichiarò Trieste Porto Franco austriaco. Si deve attendere, però, il 1863 perché sia bandito un concorso ufficiale per la sistemazione dello scalo. Tra i 13 progetti presentati, l’Imperatore Francesco Giuseppe scelse allora quello dell’ingegnere francese P. Talabot, che aveva contribuito anche alla progettazione del porto di Marsiglia, progetto adottato nel 1865.

I lavori di interramento e di costruzione dei varchi doganali iniziarono nel 1867 e si conclusero nel 1883. Dichiarato Zona Franca nel 1891, il Porto di Trieste fu successivamente recintato e separato dalla città. I 53 magazzini con le loro torrette, il loro bugnato, le loro finestre binate, le loro merlature furono disposti su tre strade parallele a seconda della loro altezza: dai più bassi verso il mare ai più alti verso la ferrovia.

All’inizio del secolo XX l’area fu potenziata con strutture che avrebbero costituito il nucleo iniziale dell’attuale Porto Nuovo nella zona di S. Andrea, mentre iniziava la lenta dismissione dei vecchi edifici.

Negli ultimi anni l’Autorità Portuale ha concentrato i suoi sforzi sull’elaborazione di progetti di riuso delle strutture esistenti, concedendone persino la visita ai cittadini.

L’area, la cui estensione è di circa 800.000 mq, potrebbe essere rinfunzionalizzata con l’impianto di strutture commerciali, culturali e turistiche. Il regime di Porto Franco, d’altro canto, consentirà alle Autorità locali di vincolare la scelta delle imprese che vi si insedieranno e di regolamentarne le attività.
Fonte: La Repubblica 18-04-03
Autore: Grazia Modroni

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