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TORINO: Il Papiro di Artemidoro al Museo Egizio, diventato Fondazione.

Il Museo Egizio di Torino, secondo al mondo dopo quello del Cairo, è diventato Fondazione. Un evento finora unico nel panorama nazionale, che – per presenziare alla firma dell’atto di costituzione – ha riunito nel Palazzo Reale del capoluogo piemontese il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giuliano Urbani, il Presidente della Regione Piemonte, Enzo Ghigo, il Presidente della Provincia di Torino, Antonio Saitta, il Sindaco della Città di Torino, Sergio Chiamparino, Franzo Grande Stevens e Andrea Comba, rispettivamente Presidente della Compagnia di San Paolo e Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino; oltre a Mario Turetta, nuovo Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, ed Alain Elkann, presidente della “Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino”.

“La Fondazione» — è stato detto nel corso della presentazione — permetterà una gestione più efficiente e moderna, un utilizzo ad ampio spettro che migliorerà la fruizione da parte del pubblico delle prestigiose collezioni, ora non completamente esposte, garantendone nel contempo un’adeguata conservazione”.

E’ quindi nato un nuovo modello di museo, nel quale verranno organizzati convegni, mostre ed eventi culturali e saranno realizzate ricerche, pubblicazioni, iniziative ed attività didattiche o divulgative, anche in collaborazione con enti ed istituzioni locali ed internazionali.

“La Fondazione – ha dichiarato il Ministro Urbani – “rappresenta una svolta, un’occasione per i musei italiani, che trovano così nuovi aiuti, nuova linfa culturale e nuove risorse finanziarie che si aggiungono a quelle già previste dallo Stato. E’ nata all’insegna della collaborazione miracolosa tra enti locali e mondo privato per aiutare lo Stato nella valorizzazione di questo patrimonio”.

L’evento è stato celebrato nel migliore dei modi, ossia con un nuovo reperto da aggiungere alla già ricca collezione del Museo. E’ un reperto eccezionale, sotto tutti i punti di vista: il Papiro di Artemidoro, la più antica carta geografica di cui si sia a conoscenza. Il prezioso documento, acquistato dalla Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo, è destinato al pubblico che sempre più numeroso visita le sale dell’Egizio.

Il Papiro di Artemidoro è un pezzo di inestimabile valore, come prova il fatto che non si è ancora giunti a determinarne un’appropriata valutazione, ed è una testimonianza di arte e cultura e una fonte di informazioni unica sull’Egitto ellenistico. Esso ci restituisce un testo di Artemidoro da Efeso, brano la cui esistenza era pervenuta solo da fonti indirette.
Attraverso questo reperto ci viene tramandato il primo “cahier d’artiste” giunto fino a noi e si possono apprezzare gli inediti esercizi di disegno di un’accademia dell’antichità. Come ha spiegato Carlo Callieri, Presidente della Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo, “è un esemplare, riemerso dopo duemila anni di oblio, che ai giorni nostri non ha eguali al mondo”.

“Si chiude così veramente un ciclo”, ha detto Franzo Grande Stevens, “poiché la Fondazione per l’Arte (che fa parte delle strutture stabili della Compagnia) prosegue in parte il nome e l’attività, anche in campo egittologico, di quella Fondazione San Paolo che negli anni 80 aveva fatto del recupero del Museo Egizio il suo obbiettivo primario”.

Alcuni cenni sul Papiro
Il Papiro (attualmente custodito presso l’Istituto di Papirologia dell’Università Statale di Milano, dove sarà restaurato dell’esposizione al pubblico), dovrebbe risalire alla prima metà del I secolo a. C. e sarebbe stato utilizzato fino al I secolo d. C.; presenta su entrambe le facciate testi e disegni, ma è giunto ai giorni nostri privo della parte finale e suddiviso in quattro grandi frammenti e in alcuni più piccoli.

E’ lungo più di 250 centimetri e alto 32.5, e si pensa che questa dimensione insolita sia stata prevista in funzione della straordinaria carta geografica che vi è disegnata sul recto, il primo esemplare di questo tipo che ci sia giunto direttamente dall’antichità.

La carta geografica rappresenta un’immagine di una parte della penisola Iberica secondo un artista dell’epoca, che si rivela, per chiarezza di tratto e precisione di descrizione, un professionista. L’anonimo cartografo, infatti, ha saputo indicare i presunti fiumi e le strade con edifici rappresentati in prospettiva, utilizzando anche delle “vignette” per indicare alcuni punti topografici (altri esempi di utilizzo di fumetti ricorrono solo in epoche successive, come nelle immagini della Tabula Peutingeriana, risalente al IV secolo d.C., recentemente ripubblicata in edizione anastatica).

La cartina correda quattro colonne di testo in greco, tratte dall’opera di Artemidoro, un geografo di Efeso vissuto tra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C. Così, con il testo geografico, dopo secoli è tornata alla luce una parte della descrizione della Terra di Artemidoro, che fino ad ora si conosceva soltanto attraverso citazioni.

Il Museo Egizio di Torino possiede già una ricca raccolta di papiri, alcuni anche di soggetto geografico, ma nessuno regge il confronto con questo esemplare: il Papiro di Artemidoro, redatto nell’Egitto tolemaico, rappresenta una svolta epocale, essendo in assoluto il primo esempio di cartografia intesa in senso moderno.

Inoltre, il Papiro offre uno “spaccato” della vita culturale dell’epoca tardo ellenistica. Esso, infatti, rivela di essere stato utilizzato a lungo e da più mani, in una sorta di “atelier” nel quale venivano insegnate le arti del disegno in funzione della scultura, del mosaico, dell’illustrazione scientifica e, probabilmente, anche di molte altre arti applicate.

Sul verso sono presenti disegni, studi e schizzi di soggetti diversi, realizzati in tempi successivi: studi di parti del corpo umano, volti e ritratti, animali reali e immaginari, alcuni inseriti in paesaggi naturali. Vi si trovano scene di rara bellezza e straordinaria vivezza: un mostro marino combatte con un pesce spada, una lince assale una capra selvatica, un grifone s’innalza in tutta l’ampiezza della sua apertura alare, tenendo la preda appena catturata tra gli artigli. Altrettanto interessanti ed eccezionali, i ritratti di volti umani sul recto, verosimilmente copie di statue ellenistiche di dei.

Secondo gli esperti, gli studi su questo prezioso reperto potranno costituire un contributo illuminante su molti aspetti della scienza e della cultura e sulla storia dell’arte dell’antichità.


Fonte: La Gazzetta Web 30/10/04
Autore: Alessandra Scagliola
Cronologia: Egittologia

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