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TIVOLI (Rm): La magia di una villa che non c’è – Tra cascate e resti archeologici. Riaperto il Parco della Gregoriana a Tivoli.

Il 13 maggio e stato riaperto al pubblico il parco Villa Gregoriana a Tivoli, dopo un decennio di abbandono e di degrado. Il nome Villa Gregoriana può confonderci: lì non c’è nessuna villa, quasi non c’è neanche un parco perché i sentieri e i percorsi panoramici che digradano verso il fondovalle costeggiano un baratro, profondo 120 metri dove precipita fragorosamente il fiume Aniene.

Quello che visitiamo oggi più che un parco è il risultato dei lavori commissionati dal papa Gregorio XVI, da cui la villa prende il nome. Un’opera di ingegneria idraulica, realizzata dopo un ennesima alluvione dell’Aniene del 1826.

Con la costruzione di un doppio traforo nel monte Catillo, l’ingegner Foschi e centinaia di operai convogliarono le acque del fiume oltre il centro abitato, creando la grande cascata che si vede percorrendo i sentieri del parco.

Contemporaneamente alla costruzione dell’eccezionale opera idraulica, nell’area circostante si avviarono importanti lavori per ridare al paesaggio “l’idea di una spontanea naturalezza”. Ma quella non era un’area qualsiasi: già in epoca repubblicana imperiale, lungo i fianchi dello stretto avvallamento erano state costruite numerose ville romane di cui ci rimangono molti resti; sul colmo, nel I e II secolo erano stati eretti due templi, mentre nelle grotte naturali più a valle, avevano trovato riparo Nettuno e la sibilla Albunea.

Così su tutta quella stratificazione di storie, di architetture, di natura e di miti, vengono realizzati percorsi di grande suggestione, tra pareti scoscese, formazioni calcaree e le centinaia di nuove essenze vegetali piantate per costruire uno straordinario giardino naturale, dove si collocano i resti archeologici rinvenuti durante gli scavi per i trafori idraulici.

A differenza della villa Adriana e della villa d’Este di Tivoli, che nascono come fastose residenze di uomini di potere, il parco di Villa Gregoriana nasce come parco pubblico, costruito “per il diletto della comunità” non solo locale. Il parco, di proprietà demaniale, è stato restaurato e riaperto grazie all’impegno del Fai che ha saputo coinvolgere sul suo progetto la banca UniCredit e gli Enti locali la cui partecipazione era indispensabile per il restauro del sito. Infatti le trasformazioni irresponsabili dell’uso del territorio avevano trasformato questo luogo incantevole in una fogna/discarica a cielo aperto.

Alcune cifre, relative ai lavori danno un’idea dello stato di degrado in cui versava il parco: dal letto del fiume sono state estratte 5 tonnellate di rottami (lavatrici, frigoriferi, biciclette!), sono stati curati 2.300 alberi, sono state eliminate 350 tonnellate di legna e fogliame. L’Amministrazione comunale di Tivoli ha realizzato l’impianto fognario nella cittadina e la Regione Lazio è impegnata nella realizzazione del depuratore. Sembra quindi essersi attivato un circolo virtuoso indispensabile premessa a una corretta gestione del bene.

Ma al di là degli indispensabili accordi istituzionali, del bel progetto di conoscenza e conservazione del patrimonio verde dell’architetta Tatiana K. Kirova, la cosa più interessante e piacevole è proprio visitare il parco e perdersi tra luci, ombre, alberi, siepi, gallerie, grotte, spruzzi e scrosci.

Sui cartelli illustrativi che discretamente punteggiano i percorsi, sono illustrati consigli e divieti (indossate scarpe con suola di gomma; nel parco non si fuma) e accanto alla planimetria del parco col cerchietto del “voi siete qui” è scritto: “Vi chiediamo di percorrere i sentieri rispettando la magia che nasce dal silenzio: solo così lo spirito del luogo potrà trasmettere quel senso di bellezza sempre più difficile da cogliere nel mondo di oggi”.

Info:

dal 1 al 31 marzo, h. 10-14,30;

dal 1 aprile al 15 ottobre, h. 10-18,30;

dal 16 ottobre al 30 novembre, h. 10-14,30:

dal 1 dicembre al 28 febbraio, solo su prenotazione.

Chiuso il lunedì.

Ingresso: € 4 intero; € 2,50 ridotto; gratuito aderenti FAI

tel. 06 39967701


Fonte: Il Manifesto 15/05/05
Autore: Marina Fresa

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