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ROMA: Mercato clandestino, primo passo del museo americano. Sotto accusa Buttiglione: rivogliamo tutto il materiale di provenienza illecita.

“II Getty Museum ci restituirà a giorni tre pezzi importanti. Un Cratere firmato da Asteas, pittore di Paestum, che raffigura una scena mitologica con Europa. Un’epigrafe greca da Selinunte. Un candelabro etrusco in bronzo. Un rappresentante dell’avvocatura dello Stato andrà a Los Angeles per ritirarli”.

Rocco Bottiglione, ministro per i Beni culturali, è soddisfatto: “Le opere torneranno senza ammissione di colpa da parte del Getty. Ma senza remissione di querela da parte nostra”. Processi e indagini proseguono dunque regolarmente.

Per il Getty è una “donazione”, non essendoci “ammissione di colpa” di una provenienza clandestina. Ma c’è chi giura che le prove su un loro approdo illegale a Los Angeles sarebbero state così evidenti da aver “suggerito” la “donazione” di cui si parlava da tempo, siglata sotto la gestione di Giuliano Urbani tra il disappunto di molti dirigenti del dicastero che avrebbero preferito attendere il probabile sequestro da parte della magistratura di Los Angeles.

Ora siamo a un passo dal rientro ufficiale. Comunque la “donazione” non muta la politica italiana. Assicura Buttiglione: “Richiediamo senza alcun dubbio la restituzione di tutto il materiale che risulti proveniente dal mercato clandestino. Quando le prove saranno certe, lo esigeremo: ma già ora la nostra pressione è fortissima. E non solo sul Getty”.

Richiederete anche la Venere di Morgantina e il Lisippo di Fano, tra i pezzi più prestigiosi del Getty? “Certo. Per il Lisippo, dobbiamo dimostrare oltre ogni dubbio che il ritrovamento nel 1964 avvenne in acque italiane. Lavoriamo assiduamente per raggiungere la prova certa”.

Sul Getty Museum premono la magistratura di Los Angeles, che indaga da anni, e quella italiana: il 16 novembre la sesta sezione del Tribunale penale romano processerà Marion Trae, ex responsabile delle acquisizioni del Getty. L’accusa del pubblico ministero Piergiorgio Ferri è pesante: 42 pezzi etruschi e romani del Getty proverrebbero da scavi illeciti, dal mercato clandestino e dal grandioso “deposito” (cinquemila esemplari usciti illegalmente dall’Italia tra marmi, bronzi, frammenti di affresco) scoperto nel 1995 a Ginevra, intestato a Giacomo Medici, ex gallerista romano, condannato il 4 marzo 2005 a dieci anni di reclusione e a dieci milioni di euro di risarcimento allo Stato italiano.

Dice Buttiglione: “Noi aspettiamo le sentenze. Il nucleo dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, il migliore del mondo, lavora senza sosta per fornire prove alle magistrature italiana e americana”. E’ più importante il processo italiano o quello Usa? “Entrambi. Ma forse lo è più il secondo. A Los Angeles c’è ora una clamorosa attenzione della stampa che registra una crescente comprensione dei cittadini Usa verso le ragioni dell’Italia”.

Renzo Lusetti della Margherita ha accusato il ministero di immobilismo sui beni usciti clandestinamente dall’Italia. Replica Buttiglione: “Invece ci muoviamo. Stiamo per rinnovare l’accordo bilaterale sulla cultura tra Usa e Italia. Grazie all’intesa, tra il 2001 e il 2005 dagli Stati Uniti sono tornati 185.190 pezzi esportati illecitamente, contro i 96.472 rientrati tra il 1996 e il 2000. Il nodo del rinnovo è molto delicato ma credo che ci aiuterà ad affrontare diversi problemi, tra i quali proprio il Getty”.

L’Italia resta dunque al centro di un gigantesco traffico internazionale di beni culturali di provenienza clandestina. Si continua a scavare, a ritrovare superbi pezzi romani o etruschi, a non denunciare il loro ritrovamento e a collocare il tutto sul mercato illecito. E la stessa piaga affligge paesi devastati come l’Iraq e l’Afghanistan.

Avverte Buttiglione: “Noi italiani siamo presenti in Iraq anche per la tutela del patrimonio culturale locale. Io dico: attenti, grandi musei e collezionisti privati che acquistate pezzi sul mercato illecito. C’è il fondato sospetto, in Iraq e in Afghanistan, che quei soldi finiscano col finanziare il grande terrorismo internazionale, visto che lì gli scavi clandestini sono controllati da vere bande armate. E in Italia c’è sempre il fondato sospetto che si finisca col fornire denaro alla malavita organizzata del Sud, per esempio alla mafia. Certi scavi vengono adeguatamente “protetti””.

Ma quando parla di “terrorismo internazionale” fa riferimento anche alle Torri Gemelle? Possibile che parte di quei soldi sia servita, come sussurra qualcuno, a finanziare quella strage in America? “Tocca ad altri la possibile conferma. Dico solo che alimentare quel traffico rappresenta un pericolo per la sicurezza italiana come per la sicurezza americana”.

Fonte: Corriere della Sera 03/10/05
Autore: Paolo Conti

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