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ROMA – IL “VICUS CAPRARIUS”

I lavori di ristrutturazione dell’ex Cinema Trevi, a pochi passi dalla famossissima fontana, hanno permesso alla Soprintendenza Archeologica di Roma di effettuare nell’area una campagna di indagine archeologica, svoltasi tra il 1999 e il 2001, a cura di Antonio Insalaco e sotto la direzione scientifica di Claudio Mocchegiani Carpano.

L’area indagata si trovava, in antico, all’interno della VII regio, che comprendeva tutto il Campo Marzio orientale ed era delimitata dalle mura Aureliane, dalla via Salaria vetus – Pinciana, con il suo prolungamento chiamato vicus Caprarius, e dalla via Lata. Lo sviluppo urbanistico della regio VII iniziò con Agrippa, che portò l’aqua Virgo da Salone, sulla via Collatina, a Roma. I resti dell’acquedotto, costruito nel 19 a.C. e voluto da Agrippa per alimentare le sue terme, site dietro il Pantheon, sono stati rintracciati in più punti.

I recenti scavi al di sotto del cinema hanno messo in luce due edifici, contigui e contemporanei, allineati, sul lato ovest, lungo il vicus Caprarius o Capralicus. Il toponimo è testimoniato, in entrambe le forme, da fonti ecclesiastiche del XII sec. Il nome deriva probabilmente dalla presenza di un’aedicula Capraria, forse un’area di culto legata a Iuno Caprotina. L’edificio nord può essere identificato come un complesso abitativo di tipo intensivo: la cosiddetta insula, termine, non del tutto appropriato ( esso infatti doveva indicare in antico un isolato di un quartiere abitativo), usato per indicare una casa ad appartamenti, normalmente in affitto, caratterizzata da un’elevazione su più piani e la presenza di botteghe al pianterreno. L’edificio si conserva in alzato per circa 8 m. e doveva articolarsi in almeno tre piani. La prima fase costruttiva sembra potersi attribuire all’età neroniana: questa datazione renderebbe la struttura una delle più antiche case ad appartamenti conosciute a Roma e potrebbe testimoniare, forse, la nova urbs neroniana, immediatamente successiva all’incendio del 64 d.C. Una prima ristrutturazione del complesso è databile nella prima metà del II sec. d.C., a cui fa seguito una seconda, nell’età di Marco Aurelio. Secondo un fenomeno ampiamente attestato a Roma (vedi complesso abitativo del clivus Scauri), intorno alla metà del IV sec., l’area viene trasformata in una lussuosa domus, di cui si conservano ancora in situ resti di rivestimenti marmorei parietali e un pavimento musivo in tessere di marmi policromi. Intorno alla metà del V sec. un violento incendio, da mettere forse in relazione con il saccheggio di Roma ad opera dei Vandali di Genserico (455 d.C.), distrusse il pianterreno della domus.

Per l’edificio sud, anch’esso ben conservato in alzato, è possibile pensare una destinazione d’uso di tipo pubblico, non ben definita, data la presenza di vani molto grandi, coperti con volta a botte, sostanzialmente indifferenziati. La fase edilizia originaria può essere attribuita, anche in questo caso, all’età neroniana. Si riconosce una seconda fase adrianea, durante la quale due ambienti, adiacenti al vicus Caprarius, vengono trasformati in un unico, grande serbatoio idrico: si raddoppia lo spessore dei muri perimetrali, per far fronte alla pressione dell’acqua, e si rivestono tutte le superfici con uno spesso strato di cocciopesto, per impermeabilizzare. Va segnalata l’assenza di depositi calcarei, piuttosto insolita per un serbatoio urbano, ma in effetti l’aqua Virgo si caratterizzava proprio per il contenuto di calcio estremamente basso. Le caratteristiche della struttura permettono di identificare quasi certamente questo serbatoio con il castellum aquae dell’acquedotto Vergine. Nella prima metà del VI sec. il serbatoio andò in disuso, probabilmente per il taglio degli acquedotti operato dai Goti di Vitige nel 537 d.C.; anche in questo caso l’abbandono fa seguito ad un incendio, ben documentato dallo scavo.

Le indagini stratigrafiche hanno documentato, fra XI e XII sec., l’innalzamento del piano di calpestio di ca. 5 m.; a questo livello sono state individuate due unità abitative, con due distinte fasi edilizie, databili nel XII e XIII sec.

L’area archeologica è attualmente accessibile in ogni sua parte, grazie ad un percorso di visita sopraelevato; è inoltre stato allestito uno spazio museale, nel quale sono esposti i reperti recuperati.
Fonte: Redazione
Autore: Ilenia Gradante
Cronologia: Arch. Romana

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