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ROMA: Ara Pacis. Millenario altare augusteo.

Ci sono voluti sette anni, 16 milioni di euro e un architetto come l’americano Richard Meier, per dare nuova luce al millenario altare augusteo, l’Ara Pacis. Quest’ultimo rappresenta una delle più alte espressioni dell’arte augustea e un’opera da i profondi rimandi simbolici. Votata dal senato romano fu costruita per celebrare il vittorioso ritorno di Augusto dalle province occidentali, come lo stesso princeps ricorda nel racconto delle sue Res gestae.
Sorgeva lungo la via Flaminia, alla distanza esatta di un miglio dal pomerium, limite oltre cui decadevano i poteri militari del magistrato.
Il suo declino ebbe inizio nel II sec d.C., quando i lavori effettuati nel Campo Marzio dagli Antonimi ne determinarono il progressivo, inesorabile interramento. Un ritrovamento per tappe, fino al 1938 quando iniziarono i lavori per la costruzione della teca di vetro e cemento dell’Architetto Vittorio Ballio Morpurgo e all’incarico nel 1995 dell’allora sindaco di Roma, Francesco Rutelli, per l’architetto Richard Meier, di ideare una nuova musealizzazione in grado di integrarsi con la vicina piazza Augusto Imperatore, capace di risolvere architettonicamente e simbolicamente la frattura creata nel tessuto storico urbano dall’intervento fascista. Il complesso museale realizzato, sotto la direzione dell’Assessorato alle Politiche della programmazione e Pianificazione del Territorio del Comune di Roma- Ufficio Progetti Città Storica, propone una visuale inconsueta del centro storico romano.
Una costruzione stretta e lunga fiancheggia per più di centro metri il lungotevere all’altezza di Piazza Augusto e raccoglie intorno allo storico monumento diverse funzioni museali e pubbliche: uno spazio per mostre temporanee, un centro di documentazione digitale sulla vicenda archeologica del monumento e dell’area, libreria, bar e un auditorium. L’impatto più forte è affidato alla parete di vetro rivolta al fiume, lunga 5O metri, destinata a deviare verso l’Ara Pacis lo sguardo di chi percorre in automobile o a piedi il lungotevere. Oltre mille metri quadrati di vetro temperato assicurano la visibilità del padiglione di giorno, e la notte la teca illuminata diviene punto di riferimento per tutta la zona del centro storico, restituendo all’Ara Pacis quella sua naturale vocazione nei secoli. Simbolo dell’architettura del Meier, le trasparenze, il bianco, gli intonaci candidi, le vetrate e i lucernai che diffondono luce sulla sala dove alloggia il monumento. Il tutto con due finalità: proteggere e conservare il monumento da tutti quei fattori che negli anni passati hanno contribuito pesantemente a danneggiarlo e offrire alla città una struttura grande e autorevole come un monumento, e allo stesso tempo aperta come un’opera moderna agli sguardi di turisti e cittadini alla ricerca di spazi e servizi per la cultura.
Un battesimo, quello del 21 aprile scorso, tra mille polemiche, quelle che sin dall’inizio non hanno mai abbandonato questa Costruzione, la prima moderna edificata nel centro storico della Città dai tempi del fascismo. A sedare le polemiche le parole del sindaco Veltroni: ”A Roma il bello non è solo alle nostre spalle, non c’è una contraddizione insanabile tra passato e futuro, l’Ara Pacis come il Marc’Aurelio, ci insegnano che il passato si può proteggere solo con interventi di grande tecnologia.
Una grande metropoli deve salvaguardare la storia e l’archeologia, ma deve anche essere capace di aprirsi al nuovo”. Le polemiche verranno prima o poi dimenticate, l’Ara Pacis, resterà lì, finalmente al sicuro, illuminata da una luce morbida, con i suoi incredibili bassorilievi, le sue sculture che raccontano divinità e leggende, i festoni con i ricami di fiori e frutta che ricordano l’alternarsi delle stagioni, i cicli della nascita e della morte e poi la pace e i trionfi dopo le conquiste e le battaglie.
Resterà lì simbolo delle intenzioni di un architetto che come afferma “non ho lavorato come un americano, come uno straniero, ma come qualcuno che già amava e studiava la storia di questa città” affermando la speranza che in futuro “quando la gente verrà qui pensi, per un attimo, alla pace nel mondo”.
Il prossimo appuntamento è per settembre, quando verrà aperto il museo che riceverà i 500 pezzi dell’Ara Pacis di proprietà del Comune che non sono stati mai inseriti nella ricomposizione.


Fonte: ItaliaSera 16/06/2006
Autore: Eliana Marinotti
Cronologia: Arch. Romana

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