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RIGNANO GARGANICO (Fg). In una grotta la prova che l’Homo Sapiens era africano.

Ormai è certo la colonizzazione del mondo è partita dall’Africa, e avvenne tra i 200.000 e i 160.000 anni prima di Cristo. Una emigrazione agevolata da un abbassamento del livello dei mari (a causa delle glaciazioni) che premisero (almeno questa è una delle ipotesi) il passaggio a piedi dal Corno d’Africa alla penicola arabica e qui nelle varie località dell’Euroasia.
Di più anche il passaggio dello stretto di Bering fu dovuto, sostengono studiosi statunitensi, proprio grazie alla glaciazione che permise il passaggio del braccio di mare che divide la Siberia dall’Alasca.
Ma anche in Italia esistono prove di colonizzazione africana da parte dell’Homo sapiens che subentrò alle popolazioni locali (come ad esempio l’homo iserniensis il cacciatore che si era insediato lungo il Volturno e del quale sono state trovate tracce durante la costruzione della superstrada Isernia- Campobasso). Ora una ulteriore prova arriva dalla di Grotta Paglicci dove i resti ritrovati dimostrerebbero l’origine africana della popolazione non autoctona.

L’Homo Sapiens, in circa 160.000 anni ha rimpiazzato in tutto il mondo l’Homo neanderthalensis. In Italia la nuova specie si è stabilita principalmente in sette aree tra le quali Grotta Paglicci a Rignano Garganico nel foggiano, Grotta delle Veneri a Parabita e giacimento di Samari a Gallipoli, nel leccese.
La teoria evoluzionistica di «mamme progenitrici», che dall’Africa si sono spostate in Europa. Secondo i ricercatori del Centro romano di Antropologia molecolare per lo studio del Dna non c’è alcun legame tra l’Homo di Neanderthal, che visse anche a Paglicci, e l’Homo Sapiens, di cui sono stati trovati due scheletri umani interi nella grotta di Rignano Garganico (un ragazzo di 11-12 anni, vissuto 23-24.000 anni fa, e una giovane di 18-21 anni, morta 24-25.000 anni fa).
La donna che abitava l’antro di Paglicci è stata certamente una delle madri evolutive di tanti Homines Sapientes, che hanno poi colonizzato il Meridione, il Centro e il Settentrione italico. Parlare, però, di una razza autoctona non è esatto.
Infatti, la specie vissuta in grotta, a sei-sette chilometri da Rignano Garganico, ha origini africane. Probabilmente il Neanderthal di Paglicci è stato sostituito da questa nuova specie. È l’esame del Dna mitocondriale a dimostrarlo con precisione assoluta.

Nonostante si tratti di uno dei siti paleontologicamente più interessanti proprio per la sovrapposizione di due specie che in periodi diversi hanno abitato la Puglia le ricerche sono estremamente difficili: il sito archeologico di Rignano con il possibile crollo di una parte della parete esterna della grotta e la necessità di mettere in sicurezza l’intero giacimento, ancora oggi di proprietà privata, impediscono di fatto ogni ricerca e a questo va aggiunta la mancata apertura del Museo e che il costruendo Museo Virtuale di Grotta Paglicci (da realizzare con fondi Pis Europei per l’ammontare di circa tre miliardi di vecchie lire) è stato affidato dal Parco Nazionale del Gargano, per «dimorfismi burocraticì», a ditte o associazioni esterne al territorio. Nonostante la sua importanza archeologica, le ricerche nel sito di Grotta Paglicci a Rignano Garganico dunque sono bloccate da diversi anni e non si sa quando potranno riprendere.
Ad occuparsi della ricerca è l’Università degli Studi di Siena, sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologica della Puglia, che è arrivata alla scoperta fondamentale per la ricostruzione della colonizzazione umana dell’Europa ma che non può proseguire, anche per la mancanza di interventi.


Fonte: Corriere della Sera 21/04/2009
Cronologia: Preistoria

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