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POMPEI (Na). Continua lo scandalo Pompei. Chiamiamole lobby… Una e trina: Scavi, Santuario, Comune. Un dialogo tra sordi. Perché?

Sono almeno sette milioni all’anno i turisti di Pompei: un’alluvione, una valanga, un’invasione. Ma non tutti arrivano per visitare gli scavi. Due milioni e trecentomila (dati 2005, quest’anno saranno due milioni e mezzo) sono qui proprio per immergersi nell’atmosfera della città antica, per rivivere il fascino drammatico dell’eruzione del 79 dopo Cristo, per calpestare il selciato di un sito archeologico unico al mondo.

Almeno quattro milioni sono invece turisti «religiosi» che arrivano a Pompei spinti dalla devozione per la Madonna del Rosario e i suoi miracoli. La loro meta è il famoso santuario nel centro dalla città. Difficile contare questi pellegrini che non pagano biglietto. Ma l’organizzazione del Santuario più visitato d’Italia è molto efficiente: 700mila passano dagli uffici e vengono registrati, ma il santuario risponde anche alle richieste di singoli e gruppi e raccoglie i dati e questionari on-line e di centri di accoglienza, compila statistiche e ha una mailing-list con tremila indirizzi elettronici. La cifra di quattro milioni è molto prudente. Più attendibile una stima tra cinque e sei milioni. Quello religioso e quello culturale sono due immensi fiumi turistici paralleli che sfiorano la Pompei moderna.

Il paese, anzi la «città», secondo un decreto del presidente Ciampi del 2004, vive passivamente questa invasione quotidiana. Da sempre il Comune è in disparte: un nano amministrativo che sconta ritardi storici, ha perso mille occasioni e non ha saputo o voluto gestire quella miniera d’oro turistica a portata di mano. Un incredibile paradosso per la cittadina di 28mila abitanti. Gli alberghi sono quasi tutti piccoli, inadeguati, vecchi, inadatti al turismo organizzato (invece di ristrutturarli e investire denaro, molti affittano le stanze a ore, conviene); mancano i parcheggi, i pochi esistenti sono privati e a prezzi esosi; i taxi spengono il tassametro per sfruttare i turisti, nelle bancarelle davanti agli scavi tutto costa il doppio, si mangia male e la sera non è prudente uscire. Naturalmente gran parte delle attività sono in nero.
Il direttore dell’Azienda del Turismo, Luigi Garzillo, usa una formula icastica per definire la situazione: «Il problema vero è che il turista non vota. Il turista che arriva è un extraterrestre, è un’ombra che passa per Pompei: deve lasciare i soldi e partire. Dovrebbe esserci per lui una strategia di tutela almeno a livello regionale, visto che manca a livello locale. Un comune come questo avrebbe bisogno di grandi investimenti. I turisti sono milioni, ma di fronte a queste cifre astronomiche, paragonabili nel Mediterraneo soltanto a quelle delle piramidi d’Egitto, non abbiamo occupazione. Mancano le strutture per creare un’economia turistica. Ci sono delle… chiamiamole lobby, che impediscono questo sviluppo, fatte di piccoli interessi che si sommano e diventano qualcosa di sostanzioso per chi deve essere eletto. No, la camorra si occupa di altre cose… la droga, ma non qui, magari nei comuni vicini».
Dunque il «contesto» non aiuta certo la Pompei archeologica. Mancano i servizi nella città e ne soffre anche la Soprintendenza. Il turista non si ferma e la visita alle meraviglie riemerse dalla cenere del Vesuvio diventa una corsa prima della fuga verso gli alberghi di Sorrento, di Napoli.


L’articolo integrale è disponibile nell’edizione stampata de
Il Giornale dell’Arte.


Fonte: Il Giornale dell’Arte 01/12/2006
Autore: Edek Osser
Cronologia: Arch. Romana

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