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Carlo FORIN. Teonomasiologia come metodo di archeologia linguistica: il caso AN TAR ISH -TAR AN ISH.

Ringraziamo il Gruppo Archeologico Aquileiese: l’opportunità di far festa ai vostri 25 anni consente a noi di completare la festa dei 30 anni dalla nascita del Gruppo Archeologico del Cenedese (1976-2006).

Nell’occasione, nel marzo scorso,  gli amici hanno fatto me presidente per la novità che curo: la teonomasiologia, cioè ‘lo studio comparato dei nomi degli dèi’. Sono l’unico con questa passione e loro si sono dimostrati molto aperti a farmi presidente benchè io non curi lo studio degli oggetti come fanno loro.
Però amo lo studio delle origini come tutti voi  che siete venuti a quest’incontro: CONSERVARE IL PASSATO.
Vi dirò in dieci minuti il succo di ciò che studio da sette anni. Vi chiedo di scusarmi se non mi spiego tutto, ma non posso divagare.
www.siagrio.it/Antares
Noi del GAC conserviamo memoria del ducato longobardo di Ceneda, che comprendeva i territori di Feltre, Belluno, Ceneda –odierna Vittorio Veneto- e che probabilmente era attraversato dalla Claudia Augusta Altinate nel suo percorso verso la famosa sconosciuta Ad Lepasias (l’Alpago), Belluno e CesioMaggiore. Nel 1817 gli Austroungarici vollero chiamare di Alemagna la strada che univa il Tirolo all’Adriatico. Pietro Carnielutti si scandalizzò e scrisse che era la Claudia Augusta quella che passava per l’odierna Vittorio Veneto, come aveva scritto Aurelio Guarnieri Ottoni patrizio osimano, originario di Feltre,  il primo che avviò la ricerca -dalla scoperta del cippo miliario di Cesiomaggiore nel 1786.
Una settantina di autori hanno portato l’indagine sul tracciato completamente fuori strada: ad oggi, scordato l’iniziatore dello studio, l’esito dei loro sforzi è nullo.
Per questo motivo, ho cominciato lo studio del nome Antares, su cui esisteva un Santuario importante, stando agli ultimi ritrovamenti, lungo  quel percorso fra il Norico e la terra dei Veneti. Ancora: nessuno ha più dubbi oggi che i montes Opitergini siano quelli che salgono di fronte a Ceneda e che la deduzione delle colonie Cesariane per Oderzo sia stata effettuata a Ceneda. Detto tutto questo, come chiamare  allora la strada romana che, attraverso la Levada di Codognè-Ceneda univa questa con il centro di Oderzo?.
http://www.parcofenderl.it/parco_antares.htm

Ho studiato il nome antico del monte Altare, colle che incombe sul centro di Vittorio Veneto, ed ho scoperto che per secoli è chiamato Antares, come la stella.
Ma che ci faceva questo toponimo qui, all’incrocio di una direttrice che collegava i territori dei Veneti, dei Norici e forse anche dei Cenomani?
Antares era originariamente il nome di un dio, che data dal 2270 a.C., bassa Mesopotamia.
Era Taru Anu, in accado, “il giro del Cielo”, lo zodiaco…

Vi risparmio tutti i passaggi storici e linguistici di quanto emerso; il tempo concessomi stasera non basterebbe. Mi limito a citare il sinonimo Antariksha, “l’Aria” nei Veda, che popola tanti siti asiatici con ragionamenti religiosi che non sanno dell’origine sumera, e ZENE ANTAH MUS, “festa del serpente Alto Cielo”: è il nome del Capodanno ittita, l’inizio dello zodiaco.
Ceneda prende il nome da ZHEN E DA, “immagine della festa” in sumero. Si è pensato, finora, ad un fenomeno fonetico dialettale: ce < zhe, pronuncia rustica, < ze pronuncia urbana. Invece, il dialetto CONSERVA IL PASSATO, ed è altro che cestino da carta straccia!
Come non vedere in Ceneta latina la conversione di ZEN E DA sumero!?

“Per Cenetam gradiens…”, scriveva Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers nel VI secolo: “,,,andando su per Ceneta, salutatemi tutti i miei parenti….” E’ la prima citazione letteraria del toponimo Ceneda.
Facciamo festa dunque: facciamo ZEN E DA.

E’ la prima volta che posso parlare a tanti appassionati della novità che dà vita, per me, ad una branca dell’archeologia linguistica.
Vi porto prova che la passione conta più del mestiere fatto senza passione. E mi auguro di appassionare altri, tra voi.
Normalmente è vietata la ricerca di superficie,… dicono; tanti archeologi di mestiere cercano di nascondere la propria scarsa disponibilità a collaborare e le carenze della struttura statale dietro la proibizione dell’uso del cercametalli. E la necessaria discussione sulla legittimità e sulle modalità della ricerca di superficie diventa strumentale solo all’inefficienza.

Apparentemente, l’espressione ARCHEOLOGIA LINGUISTICA è un ossimoro: Giovanni Semerano, il mio maestro, morto l’anno scorso a 94 anni, dopo aver pubblicato per Bruno Mondadori La favola dell’indoeuropeo, non accetterebbe l’espressione archeologia linguistica.

https://www.archeomedia.net/articolo.asp?strart=3088&cat=Studi%20e%20Ricerche

Lui si dichiarava ‘linguista storico’ dal momento che ‘quando si decifra la parola si capisce e ciò rende storico il messaggio decifrato perché chi scrisse viene compreso da chi legge’.
Ma, la teonomasiologia permette di paragonare tra loro i nomi degli dèi nelle varie lingue, cioè dà modo di confrontare le cuspidi delle piramidi  linguistiche e di spaziare per tutte le culture limitando il campo dell’indagine all’interno dei nomi degli dèi, elementi che trapassano le lingue; posso identificare uguaglianze e differenze. La teonomasiologia è un telescopio nel tempo che consente di leggere i fatti a larghe maglie, ma non è capace, da sola, di fare discorsi storici, a maglie strette.
Quando incontra monumenti storici come quello di Yazilikaya in Turchia, allora si accorda con la storia. In proposito ho il mio libretto.

Ciò che la TO, teonomasiologia, dà è tantissimo: ORIENTA.

Posso farvi vedere il nome del dio dei guerrieri celtici –Lugh- e paragonarlo con LU GH sumero, ‘LU soggetto GH Luce’.
Questa identità –Lugh = LU GH- nega, da sola, tutto l’indoeuropeismo e lo riduce a favola-ideologia, cioè a rappresentazione del mondo falsa.
Possiamo concordare che i nomi degli dèi sono elementi quasi invarianti nei secoli e trasportano nel loro interno sedimentazioni linguistiche e culturali di millenni?: se ci appassioniamo ad una statuetta itifallica come possiamo trascurare ITI, la vita TI del Sole IT accado, nel nome Ittiti, ‘discendenti del Sole’?

Ho scelto di parlare subito di un caso concreto: Antares è il nome di una stella ed era il nome di un dio (come ci dice HUGO WINCKLER, La cultura spirituale di Babilonia, 1982 Rizzoli, Milano).
Nel 1435 era il nome del monte Altare che sovrastava Ceneda.
Facciamo un breve percorso insieme!

La levata eliaca della stella –cioè il momento di una trentina di secondi in cui essa si poteva vedere ad occhio nudo poco dopo il sorgere del sole- era il metodo usato dai druidi celtici per fissare il Capodanno.      
Ed era il metodo usato dagli UM MA, dai sacerdoti sumeri, prima di loro.
Attesta il primo fatto l’archeoastronomo Adriano Gaspani, dell’osservatorio di Brera, autore di L’astronomia dei Celti [disponibile a venire ad un convegno, mi ha scritto a FINE OTTOBRE]. R Col computer ed un programma astronomico adatto potete vedere ‘in diretta’ la levata eliaca di Antares del 11 novembre 2270 a.C., ore 7,06 in Bassa Mesopotamia!

Il secondo fatto è comprovato dall’osservazione dell’anno sumero, che finiva e cominciava con la doppia casa dello Scorpione (R posiz. Scorpione nell’anno sumero: clip di una collana che unisce il giro GIRU di 12 costell. è la  stella di GAB GIR TAB Antares: AN TAR ISH sumero significa
‘unione e separazione TAR di Cielo AN e Terra ISH’. L’Aria, EN LIL.
La posizione in terra cenedese è fotografabile da un aereo da cui si può vedere un immenso scorpione con le chele nell’anfiteatro morenico vittoriese ed il telson, il pungiglione, in Oderzo. Il colle Antares è posizionato alla congiunzione di una chela come la stella in cielo.

L’archetipo (nella definizione di Elemire ZOLLA – Gli archètipi, Venezia, Marsilio, 1988) DA DUE UNO dominava la mente dei Sumeri, cioè la scrittura TE MEN veniva letta a partire dalla seconda sillaba MEN TE. LCSS    
AN TAR ISH veniva letto TAR AN ISH.
Taranis era il dio dei sacerdoti celtici, dei druidi.
Riassumo:
-Lugh = LU GH,
-levata eliaca come metodo usato da Celti e da Sumeri per fissare il capodanno,
-TAR AN ISH = AN TAR ISH.
Non basta per indicare un divenire culturale lineare che supera i millenni e una parentela culturale-linguistica non indoeuropea?

DA GH DA, è l’altro dio sovrano delle tribù celtiche.
Bene, lo stesso nome in sumero si può leggere –a palindromo- ‘immagine della luce’, dio del grano e del latte, e diventa un nome simile a DA GH AN, ‘immagine della luce del Cielo’ in sumero. Egli è il massimo dio di Ebla e il suo nome (DA GH) AN, unito a quello della massima dea generalista di Ebla, ESH TAR dà come risultato il dio, due in uno: AN TAR ESH.

Davàr, la parola creatrice in ebraico, si legge in sumero: DA immagine UA Cielo-Terra R resh, attiva.

Brevi considerazioni per significare che attraverso i nomi degli dèi ci è permesso di individuare le migrazioni degli uomini e delle loro culture, e di toccare con mano come l’archeologia nominale (linguistica) consenta all’archeologia materiale di levarsi fuori dalle tentazioni in agguato delle limitazioni autoctoniste.

(intervento di Carlo Forin al Convegno di Aquileia in data 25 novembre 2006)

       


Mail: carlo.forin1@virgilio.it
Autore: Carlo Forin
Link: http://www.nomix.it/rubrica_onomasiologia.php

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