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CAPO DI PONTE (Bs). 4.000 anni a Dos dell’Arca.

capo di ponte

La mostra fa il punto sulle indagini archeologiche in corso a Dos dell’Arca, piccola collina sul versante orientale della Valle Camonica, che – insieme agli altri tre dossi vicini (Piè, Fondo Squaratti e Quarto Dosso) – presenta rilevanti tracce di frequentazione umana dal Neolitico all’età del Ferro ed è tra i contesti più interessanti per la ricerca archeologica e per l’arte rupestre del territorio camuno.
L’esposizione, frutto della collaborazione tra la Direzione regionale Musei nazionali Lombardia, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e l’Università degli Studi di Pavia, è un viaggio alla scoperta di relazioni e contatti dentro e fuori la Valle Camonica e ruota attorno al binomio archeologia e arte rupestre. E non poteva essere diversamente in un territorio famoso in tutto il mondo per le sue incisioni, divenute patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1979.
Segnalato per la prima volta nel 1957 da Gualtiero Laeng, naturalista che ha legato il suo nome alla scoperta dell’arte rupestre camuna nel 1909, Dos dell’Arca fu oggetto di ulteriori indagini archeologiche nel 1962, con la campagna di scavi guidata da Emmanuel Anati. I reperti emersi nel corso degli scavi, datati tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (II-I millennio a.C.), fanno parte dal 2014 dell’esposizione permanente del MUPRE.
Tra il 2016 e il 2023, a distanza di oltre 60 anni, sono state condotte nuove ricerche in concessione ministeriale dirette dall’Università degli Studi di Pavia con il “Progetto Quattro Dossi”, che gettano nuova luce sulla vita di questo dosso e degli altri tre con cui era in relazione: Pié, Fondo Squaratti e il Quarto Dosso.
I principali risultati di queste ricerche, esposti qui per la prima volta, raccontano, insieme alle incisioni rupestri, le articolate e complesse vicende di Dos dell’Arca dal Neolitico fino alla romanizzazione, lungo 4000 anni di storia.

Il percorso espositivo si articola in tre vetrine, ognuna delle quali dedicata ad una delle tre epoche principali di frequentazione dell’area.
capo di ponteVetrina 1: reperti del Neolitico tardo-età del Rame (4300-3500 a.C.)
La vetrina espone, insieme a raschiatoi e lame in selce (3, 5, 6), una piccola ascia in pietra verde levigata (2). Questo reperto è di speciale interesse perché, essendo un prodotto importato, è la prova di contatti e scambi con altre genti. Il frammento della roccia 21 (1), invece, presenta un’area (macula) con tracce di incisione: testimonianza che in quest’epoca le popolazioni che frequentavano l’area si dedicavano anche alla pratica dell’incisione sulle superfici rocciose.
Frammento della roccia n. 21, con macula incisa; Ascia in pietra verde levigata; Nucleo di selce lavorato; Ceramica decorata; Manufatti in selce in corso di lavorazione o frammentari; Punta di freccia in selce

Vetrina 2: reperti dell’età del Bronzo Medio e Recente (1650-1250 a.C.)
capo di ponteIn questo periodo l’attività principale è la metallurgia: ne sono testimonianza ritrovamenti quali le scorie di fusione (5) e gli strumenti da metallurgo (forme di fusione per ascia e pendaglio circolare, 6, 7) qui esposti. Tra i manufatti ceramici, che talora portano segni di combustione (4), si contano tipologie diverse: accanto a una tradizione locale (1) si trovano ceramiche tipiche delle culture che occupavano la pianura (in particolare il gruppo “palafitticolo-terramaricolo”, 2), le cui genti risalivano le valli alla ricerca di materie prime. In questa fase, Dos dell’Arca è dunque teatro di attività produttive ed è coinvolto in relazioni, forse di scambio, anche a medio-lungo raggio.
Ceramica di tradizione locale; Ceramica di tradizione terramaricola; Ciotola con ansa sopraelevata di tradizione terramaricola (ricostruzione); Ceramica combusta; Scorie di riduzione; Strumenti in pietra per lavorazione artigianale: piccola incudine, macina, pestello; Forme di fusione per ascia e pendaglio circolare (scavi 1962)

capo di ponteVetrina 3: reperti dell’età del Ferro (fine del VI sec. a.C. / I sec. a.C.)
Alla fine del VI sec. a.C., dopo secoli di abbandono, la frequentazione di Dos dell’Arca riprende: nel punto più elevato, il “Bastione”, viene costruito un altare rettangolare in blocchi di granito e arenaria presso il quale vengono compiuti rituali come l’accensione di fuochi, il consumo di carni e libagioni. I principali manufatti rinvenuti sono vasi per conservare e consumare bevande: tra questi, i boccali “tipo Breno” (2) a profilo sinuoso decorati o dipinti di rosso sembrano rivestire un ruolo speciale.
Nei secoli successivi le attività rituali proseguono, ma cambia la tipologia di manufatto: si afferma a partire dal III sec. a.C. il boccale tipo “Dos dell’Arca” (4), a volte iscritto con lettere nel locale alfabeto preromano (5). Tra i rinvenimenti, si contano anche oggetti metallici (laminette e ornamenti in bronzo, 6), sempre riferiti ad attività di culto.
Verso la fine del I sec. a.C. Il sito viene abbandonato e le attività di culto trasferite più a valle. In quest’epoca l’intera Valle Camonica è interessata da un processo di romanizzazione, ovvero di progressivo assorbimento – da parte delle popolazioni locali – di usi, costumi, pratiche e linguaggio romani, come testimonia il ritrovamento della moneta romana d’argento (7) qui esposta.
Olla globulare cordonata; Frammenti di boccale tipo Breno; Ollette decorate da striature a pettine; Boccale tipo Dos dell’Arca; Fondo di boccale con iscrizione alfabetica; Ornamenti in metallo, frammentari e combusti (lamine, fibule, spirale), dall’area di culto; Denario in argento (seconda metà I sec. a.C.)

Dos dell’Arca
La mostra ha come protagonista Dos dell’Arca, la piccola collina ubicata sul versante orientale della Valle Camonica, a Capo di Ponte, poco a nord della Chiesa delle Sante.
La collinetta (442 m/slm), presenta forma ovale, irregolare, con i fianchi scanditi da balze di arenaria. L’aspetto e la posizione vicina al torrente Re di Tredenus devono aver attirato l’attenzione delle antiche comunità, che l’hanno frequentata e ne hanno inciso le rocce.
La frequentazione di Dos dell’Arca inizia nel Neolitico Recente/Tardo (4300-3500 a.C.) epoca alla quale rimandano alcuni livelli che hanno restituito frammenti di vasi decorati nello stile “tipo Breno” e manufatti in selce e una piccola ascia in pietra verde levigata; resti di cereali e legumi attestano l’agricoltura. I limitati dati sull’età del Rame (3500-2200 a.C.) paiono indicare che in questo periodo il sito fosse visitato sporadicamente. L’arte rupestre mostra la presenza di figure geometriche/astratte, tipiche del Neolitico Tardo/prima età del Rame. Tra 3000-2200 a.C. in Valle sono attivi i santuari megalitici connotati da stele e massi-menhir incisi e a Capo di Ponte, sul versante occidentale, c’è quello di Cemmo.
Durante il Bronzo Medio e Recente (1650-1250 a.C.), il dosso è interessato da interventi strutturali: il pianoro sommitale (il “Bastione”) è cinto da tratti murari, tra cui un muraglione di grandi blocchi di arenaria e granito (lungo 30 m e largo fino a 3,5 m), che chiude il lato nord. La struttura svolgeva all’esterno la funzione di fortificazione e all’interno di sostegno di nuovi piani di uso che talora coprono rocce incise in precedenza. L’attività principale è la metallurgia documentata da scorie di fusione, resti di focolari e strumenti da metallurgo. La ceramica, oltre a manufatti di tradizione locale, mostra contatti con le culture di pianura, in particolare con il gruppo “palafitticolo-terramaricolo”. I reperti, che si aggiungono a quelli degli scavi del 1962, testimoniano che le genti risalivano le valli alla ricerca di materie prime.
Dopo sei secoli di abbandono, la frequentazione riprende alla fine del VI sec. a.C. (età del Ferro). Sul lato occidentale del “Bastione”, sulla Roccia 50 con incisioni geometriche/astratte, è costruito un altare rettangolare di pietra su cui si svolgono rituali: accensione di fuochi, consumo di carni e libagioni. Tra i vasi per conservare e consumare bevande, i boccali “tipo Breno” sembrano rivestire un ruolo speciale. Simili attività proseguono nei secoli seguenti, quando il protagonista è il boccale tipo “Dos dell’Arca”, a volte iscritto con lettere nel locale alfabeto preromano. Il fianco del “Bastione” è dotato di terrazzamenti colmati dagli scarichi delle attività cultuali che ora comprendono anche laminette e ornamenti in bronzo.
La vita procede fino al tardo I sec. a.C. quando, con la romanizzazione della Valle Camonica, qui sancita dal rinvenimento di una straordinaria moneta romana d’argento, il sito è abbandonato e le attività di culto sembrano proseguire, con aspetti simili, nell’area de “le Sante”, poche centinaia di metri più a valle.

Dos dell’Arca: dalla prima segnalazione ad oggi
La prima segnalazione dell’area è del 1957, quando Gualtiero Laeng individua resti di fortificazioni in pietra e reperti preistorici. Nel 1962, Emmanuel Anati effettua una campagna di scavi e interpreta il dosso come sede di un villaggio. Oltre a 11 rocce incise, individua una serie di strutture, tra cui un muraglione in pietra e quelli che interpreta come resti di capanne, datati sulla base dei reperti tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (II-I millennio a.C.). Secondo E. Anati, il dosso era stato la sede di un villaggio, da lui definito “castelliere”.
L’attenzione verso il sito riprende tra il 2016 e il 2023 con il “Progetto Quattro Dossi”, diretto dall’Università degli Studi di Pavia, che conduce in concessione di ricerca 5 campagne di scavo e 7 di documentazione dell’arte rupestre. Le indagini hanno riguardato un’ampia area archeologica che ha incluso, oltre a Dos dell’Arca, anche i colli di Pié, Fondo Squaratti e il Quarto Dosso. Attraverso 5 campagne di scavo e 7 di documentazione dell’arte rupestre, è stato notato che essi condividono caratteristiche geomorfologiche, reperti e strutture (a Fondo Squaratti) e – soprattutto – rocce incise con temi e stili comuni.
L’attività di indagine sul campo è stata organizzata in modo che la documentazione e lo studio dell’arte rupestre fosse condotta in contemporanea e dal medesimo team che scavava e studiava i resti archeologici. Gli studi hanno così potuto evidenziare l’assenza di rapporti diretti e coevi tra le incisioni e le strutture rinvenute a Dos dell’Arca. L’intervallo cronologico tra le fasi di incisione e quelle di altro uso del luogo sembrano indicare che le due attività fossero separate e indipendenti. Lungo i 4000 anni di storia, dal Neolitico fino alla romanizzazione, le antiche comunità hanno occupato la collina alternando l’utilizzo degli spazi per vivere, per svolgere attività artigianali o di culto alla pratica di incidere le superfici rocciose.

Info:
4.000 ANNI A DOS DELL’ARCA, fino al 22 giugno 2025
MUPRE Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica
Via San Martino 7, Capo di Ponte (BS)
Ufficio comunicazione – drm-lom.comunicazione@cultura.gov.it

MUPRE – Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica
Via S. Martino, 7 – 25044 Capo di Ponte (BS)
Tel. +39 0364 42403 – email: drm-lom.mupre@cultura.gov.it

Orari
Martedì – venerdì 10.00-16.00; sabato e domenica 10.00-13.00 e 14.00-18.00. Lunedì chiuso.
Biglietto intero: 5 € – Ridotto: 2 € (18 – 25 anni) – Gratuito minori di 18 anni.

 

 

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