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BOLOGNA. Scavi, ecco l’archeologia fai-da-te.

Vivere e lavorare in emergenza e, tuttavia, riuscire a ottenere dei risultati, spesso importanti. Combattere con la carenza di organici però tenere aperti 50 cantieri di scavo in tutta la regione.

La Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna è, dal 2002, affidata a Luigi Malnati (il solo sovrintendente di ruolo a Nord degli Appennini, tutti gli altri sono ad interim).

«In effetti la situazione è complicata — spiega Malnati —, a partire dall’organico: 148 persone (nelle Marche sono 200), di cui solo 108 in servizio. Questo ci ha portato a fare convenzioni con le amministrazioni locali (nei piani regolatori è previsto il controllo archeologico preventivo) e alla collaborazione con cooperative archeologiche che effettuano scavi, spesso finanziati dalle amministrazioni pubbliche o da privati».

Perché questa disparità di organico, anche con regioni più piccole, come le Marche?

«Perché il ministero dei Beni culturali da sempre è molto sensibile ai siti archeologici monumentali, ma molto meno alle zone dove invece si scava, si conserva, si estraggono materiali magari non appariscenti ma fondamentali per la storia del territorio. In ogni caso, grazie agli accordi con i poteri locali e con i privati, riusciamo a svolgere attività di tutela e ottenere risultati. Oggi si può dire che dei circa 50 cantieri aperti in regione solo il 10% sia finanziato dal ministero, ma non facciamo solo scavi, per esempio pubblichiamo i Quaderni archeologici dell’Emilia-Romagna, arrivati al XVIII volume».
Malnati parla modestamente di risultati, ma in effetti si tratta di grandi risultati e non solo per gli studiosi ma anche per il pubblico comune, quando li conoscerà.

Partiamo dagli scavi della Fiera. Lì sono emerse già 1.300 tombe, alcune con corredi che testimoniano la sepoltura di personaggi importanti dell’VIII-VII secolo avanti Cristo. E, contemporaneamente, le stesse testimonianze arrivano dagli scavi in San Vitale. Entrambi segnano un momento fondamentale per Bologna.

Quando, verso l’VIII secolo a.C., con decisione presa dai capi dei vari villaggi, si decise di riunirsi in un solo centro. Un centro che fu certamente fondato seguendo il rito etrusco di fondazione e che si chiamerà prima Felsina e poi Bologna.
Una splendida testimonianza di quei tempi è al laboratorio di restauro. Si tratta di una coppa di bronzo scanalata, di provenienza orientale o forse imitata da un artigiano locale. Una coppa che non sfigurerebbe in una tomba fenicia o siriaca. Una coppa che copriva, alla necropoli della Fiera, il dolio (grande vaso) dove erano le ceneri del morto. Un dolio che fu decorato con inserti in piombo. E, lì a fianco, proveniente dalla necropoli di Casalecchio, ecco un vaso attico a figure nere.

Ma la scoperta più recente e più significativa è forse quella che arriva dallo scavo di via Saffi, una stele etrusca con un’iscrizione (cosa rarissima in zona) e con una figura che avanza su un carro da guerra o da parata. Una stele che indicava una tomba forse già saccheggiata dai Galli e, poco lontano, un’altra stele di epoca villanoviana ritrovata durante gli scavi di Palazzo Pepoli, in cui spicca un carro a quattro ruote.

E intanto proseguono gli scavi che affiancano i lavori della Tav. E un’altra grande scoperta, forse la più spettacolare, è appena stata effettuata vicino a Bologna. Non possiamo ancora descriverla per motivi di sicurezza, ma lo faremo ben presto. E non solo, la Soprintendenza e il Museo archeologico stanno pensando a una grande mostra sugli etruschi a Bologna in base alle ultime scoperte.
Questo a Bologna, ma vanno almeno ricordati i graffiti su una parete di una villa romana a Imola, che raffigurano due gladiatori. E il grande monumento funebre modenese dedicata da una donna, Vetilia, a sé, al marito e al figlio nel I secolo dopo Cristo. E la grande vasca di Noceto (Parma) del II millennio a. C, dove le tribù gettavano oggetti votivi.

Senza tralasciare la casa del chirurgo di Rimini, ora aperta al pubblico. Insomma, anche con pochi soldi e poco personale, non male per una Soprintendenza che ha fatto dell’emergenza una norma.


Fonte: Il Resto del Carlino 17/01/2008
Autore: Marco Guidi
Cronologia: Arch. Italica

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