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BAGHDAD. I restauratori italiani, Caschi blu della cultura, riaprono il museo.

Dopo oltre quattro anni di lavori di ricostruzione e di restauro, sotto la guida di un’equipe tutta italiana, il Museo archeologico nazionale di Baghdad è tornato allo splendore di un tempo ed ha potuto aprire di nuovo i battenti al pubblico restituendo alla città quel luogo di cultura fortemente identitario.

Vetrine spaccate, sale demolite da vandali e saccheggiatori, oltre 14.000 preziosi reperti trafugati. Queste le gravi condizioni nelle quali versava, dopo il “sacco” del 2003, quello che viene considerato universalmente il museo archeologico più prestigioso di tutto l’Iraq. Dopo oltre quattro anni di lavori di ricostruzione e di restauro, sotto la guida di un’equipe tutta italiana, il Museo archeologico nazionale di Baghdad è tornato allo splendore di un tempo ed ha potuto aprire di nuovo i battenti al pubblico restituendo alla città quel luogo di cultura fortemente identitario.

Siamo orgogliosi di aver guidato il salvataggio di questo straordinario museo”. Con queste il ministro degli Esteri, Franco Frattini, durante la visita effettuata negli scorsi giorni a Baghdad allo storico Museo iracheno ha espresso la sua soddisfazione per il fondamentale lavoro svolto da restauratori, storici e archeologi italiani, un’eccellenza del Paese che collabora anni a prestigiosi progetti in Italia come all’estero impiegando saperi e tecnologie all’avanguardia. Il ministro Frattini ha definito il Museo Nazionale di Baghdad “uno straordinario patrimonio dell’umanità, dove si vedono e si toccano con mano le origini della civiltà moderna”.

Ad accompagnare il capo della diplomazia italiana nella sua visita al museo è stato il ministro iracheno Hoshyar Zebari, dopo il colloquio intercorso tra i due presso la sede del ministero degli Esteri locale. Determinante nell’ambito delle operazioni di restauro del Museo iracheno l’opera di Giovanni Curatola, docente di archeologia e storia dell’arte musulmana all’università di Udine chiamato, per il suo elevato grado di specializzazione, a rimettere in funzione il Museo nazionale iracheno di Bagdad e a coordinare un team incaricato del censimento del patrimonio della provincia del Dhi qar.

Condizioni disastrose quelle nelle quali versava il Museo iracheno che hanno richiesto lo stanziamento, altrettanto straordinario, di 1 milione e 700 mila dollari. Un intervento non solo necessario ma anche doveroso visto il valore dei pezzi in esso custoditi. Al Museo di Baghdad, che per le antichità del vicino oriente ed in particolare mesopotamiche supera ogni altro importante museo, compreso il Pergamon di Berlino, il British di Londra e lo stesso Louvre, i pezzi rubati sono circa 14.000, quattromila dei quali sono stati poi recuperati. A questi si aggiungono i numerosi altri reperti, provenienti dal museo della capitale irachena, che sono stati individuati all’estero, dove sono stati esportati illegalmente.

Le prime stime fanno presumere che circa mille pezzi siano negli Stati Uniti ed alcune centinaia in Giordania. Alcuni reperti poi sono stati già recuperati e si spera possano rientrare presto in Iraq. Il contributo degli esperti italiani non si è limitato alla fase di ricostruzione e restauro ma è stata integrata anche da quella, indispensabile, che attiene alla catalogazione dei reperti danneggiati, oggetto poi di restauro nei nuovi laboratori allestiti. La missione italiana in Iraq, relativa al recupero e salvaguardia dei beni culturali del Paese, è stata solo l’ultima di una lunga tradizione di studio e di presenza. Le prime missioni nel Paese dei Giardini di Babilonia risalgono infatti ai primi anni Sessanta. Tassello fondamentale per la ricostruzione irachena in ambito culturale, la presenza italiana è stata tale da meritare il riconoscimento dell’Unesco che ha conferito all’Italia il ruolo di “caschi blu per la cultura”.


Fonte: Adnkronos 15/12/2008
Cronologia: Arch. Partico-Sasanide

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