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AQUILEIA (Ud). Frammenti di diatreta, una coppa rarissima.

È un pezzo rarissimo e di estremo valore storico: la sorpresa principale regalata agli archeologi dalla campagna di scavi su via Gemina, in un’area demaniale assegnata in concessione al Dipartimento di Scienze dell’antichità, è stata il ritrovamento di due cospicui frammenti combacianti di “diatreta” (termine di derivazione greca che si riferisce alla tecnica di lavorazione), una coppa in vetro di cui al mondo si conservano integri non più di quattro esemplari.
La funzione di questi manufatti, di produzione renana (venivano realizzati nella zona di Colonia) e di fattura ricercatissima, è tuttora controversa, anche se il mondo degli accademici parrebbe propendere per un utilizzo da tavola, per bere il vino.
L’ipotesi alternativa (plausibile soprattutto in considerazione della grande fragilità delle coppe nonché della ricchezza della loro decorazione) è che le “diatrete” venissero usate come lampade a sospensione, da appendere al soffitto: il riverbero avrebbe evidenziato gli intagli e l’eleganza degli oggetti, realizzati in vetro opalino e con una colorazione fluttuante, a seconda che la luce fosse passante o riflessa. Opere decisamente di lusso, dunque, che la dicono lunga sullo status sociale del proprietario della domus aquileiese dei putti danzanti.
La coppa si presenta nella versione più profonda e stretta (esiste infatti anche una variante di diatreta più bassa e larga) e il vetro grigio-verde è intagliato con maestria; sul bordo di questi boccali o lucerne i diatretari (gli artigiani specializzati nella produzione dello specifico manufatto) ricavavano delle decorazioni raffinate, seguendo una procedura molto complessa, con un delicato lavoro di asportazione del materiale.
Il frammento emerso dalla casa dei putti reca una corona con foglie d’alloro e una fascia con un’iscrizione latina, nella quale si conserva solo la lettera “E” e in cui si notano gli attacchi dei ponticelli che sorreggevano la decorazione della parte inferiore della coppa, normalmente un motivo a rete.
Lo studio del reperto consentirà forse di appurare se anche in questo caso l’ornamento fosse di quel tipo. Potrebbe permettere, inoltre, di ipotizzare un’integrazione dell’iscrizione: di solito si tratta di frasi beneauguranti, da brindisi. Ma il campionario dei ritrovamenti annovera altri gioiellini.
Sono stati rinvenuti, anzitutto, parecchi pezzi d’intonaco, alcuni dei quali attribuibili alla pittura di primo stile (della quale ad Aquileia restano pochissime testimonianze); sono inoltre emerse una mano di marmo, che verosimilmente era confluita nella domus da qualche edificio pubblico dei dintorni e che sorreggeva qualcosa (una lancia?), la cerniera di un mobiletto, con sagomatura a delfino, un bollo d’età tardo repubblicana.
Elementi, tutti questi, fondamentali per avvalorare le tesi sulla datazione delle fasi di costruzione della casa, fissate alla fine del III-inizi IV secolo e alla prima metà del IV.
La campagna di scavo dell’università di Trieste, che viene eseguita ogni anno, dal 2005, per cinque settimane a partire dal mese di luglio, è sostenuta dalla Regione e dalla Fondazione CRTrieste.


Fonte: Messaggero Veneto 08/0/2009
Autore: Lucia Aviani
Cronologia: Arch. Romana

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