Archivi

VEIO (Roma). La tomba dei leoni ruggenti.

La pittura più antica del Mediterraneo occidentale
 
E’ stata presentata nel Parco di Veio la scoperta della più antica tomba etrusca dipinta mai rinvenuta fino ad oggi.

Si tratta del più antico monumento della pittura non solo d’Etruria, ma dell’intero bacino del Mediterraneo occidentale.

Risale ai primi due decenni del VII secolo a.C. e precede nella datazione sia la Tomba delle Anatre, anch’essa rinvenuta a Veio nel 1958 e datata intorno al 680/670 a.C., sia le famose tombe di Tarquinia, che risalgono, per quanto riguarda le più antiche, alla fine del VII e inizio del VI secolo a.C.

Per comprendere quanto sia sensazionale la scoperta occorre tenere conto del fatto che gli Etruschi sono l’unico popolo del bacino del Mediterraneo (ovviamente senza contare territori come l’Egitto) ad aver lasciato pitture così antiche. Tutta la pittura greca delle origini è andata perduta, lo stesso può dirsi per i fenici, mentre per i romani le famose pitture di Pompei risalgono a diversi secoli dopo.

 

Il Parco Regionale di Veio
 
Il Parco Regionale di Veio è stato istituito nel 1998. Comprende otto comuni ed ha un’ampiezza di circa 20mila ettari. Nell’ambito di questo parco c’è il cuore archeologico rappresentato dall’antica città etrusca e dalle tante necropoli, per un’area che si estende complessivamente su circa 300 ettari.

Di recente il Ministero dei Beni Culturali, a fini di valorizzazione del territorio e di ricerca, ha acquisito una nuova porzione della città antica, 25 ettari, nella parte centrale dell’insediamento.

La caratteristica principale di Veio è quella di aver riportato alla luce molte testimonianze che risalgono all’età più antica della civiltà etrusca, la cosiddetta “età villanoviana”, che si è sviluppata tra il IX e l’VIII secolo a.C. Per quell’epoca Veio rappresenta un riferimento fondamentale per tutta l’Italia centrale.

 
Veio, la nemica di Roma
 
Non lontana dal corso del Tevere e distante da Roma solo 17 km, la città di Veio sorgeva su un vasto altopiano delimitato dalle ripe scoscese di due corsi d’acqua, il Valchetta (l’antico Crèmera) e il fosso della Mola. All’estremità meridionale dell’altopiano, in località Piazza d’Armi, era la rocca della città, mentre sulle alture intorno ad esso si estendevano ad anello le necropoli con migliaia di sepolcri.

Le fonti classiche ricordano Veio come la grande nemica di Roma.

Già all’età di Romolo risalgono i primi contrasti per il controllo della sponda destra del Tevere, detta la “ripa veiens”. La storia della città è segnata da episodi di guerra famosi, come la sconfitta dei Fabi al Crèmera nel 477 a.C. e, alcune decenni dopo, nel 434 a.C., l’uccisione del re veiente Lars Tolumnius da parte del console A. Cornelio Cosso.

Nel 396 a.C. Veio è la prima di tutte le città etrusche ad essere conquistata da Roma. Fu M. Furio camillo che riuscì nell’impresa dopo un assedio di dieci anni, dai contorni mitici, modellato su quello di Troia.

 
Tomba dei leoni ruggenti (scheda tecnica)

A seguito di un’operazione posta in essere dal Reparto Operativo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, in data 31 maggio 2006 è stata individuata una tomba a camera dipinta, situata in un’area poco distante da uno dei grandi sepolcreti protostorici di Veio, quello di Grotta Gramiccia, in direzione nord, lungo il tracciato dell’antica Via Amerina, ad est di esso.

Uno straordinario fregio pittorico, definito in basso da due linee orizzontali in bruno, si dispiega nella parete di fondo: esso accoglie nel registro superiore figurette di uccelli acquatici disposti in alternanza  su  due file, tutti in movimento verso destra, mentre in quello inferiore una teoria di leoni ruggenti, con le fauci spalancate, muovono in senso opposto, ma due di essi, al centro della parete, sono affrontati. Anche la parete destra e quella di ingresso, a destra della porta, sono dipinte con una teoria di uccelli acquatici in movimento verso destra. Le figure sono rese in outline, cioè nella più antica tecnica pittorica ricordata dalle fonti. I volatili sono incisi e delineati in nero e rosso e hanno il corpo  campito a motivi geometrici, pure  in nero e  rosso; in qualche caso è rappresentata anche l’ala.

 
I leoni, anch’essi incisi, sono resi invece con una linea di contorno in nero; in alcuni casi l’aggressività del felino risulta accentuata dalla lunga coda  eretta e arrotolata sopra il dorso. Nel complesso il fregio pittorico si rivela denso di contenuti simbolici: gli uccelli acquatici, in qualità di migratori, alludono al passaggio dalla vita alla morte, mentre le minacciose figure di leoni gradienti rappresentano il mondo infero evocandone l’orrore.

Il soffitto, la parte inferiore delle pareti e gli stipiti della porta ad arco sono dipinti in  rosso vivo. Al momento la parete sinistra e quella d’ingresso, a sinistra della porta, recano solo qualche traccia di pittura.

Si conservano due nicchie che, ricavate rispettivamente sulla parete di fondo e sinistra, dovevano accogliere sepolture ad incinerazione. Una  terza nicchia di dimensioni maggiori si apre a livello del pavimento nell’angolo sud-orientale della camera.

Alla preziosità dell’interno corrisponde l’imponenza esterna del monumento: si tratta infatti di una delle prime attestazioni di sepolcro a tumulo al centro del quale un ampio corridoio conduce alla porta ad arco chiusa in origine da un possente  sigillo costituito da sette filari di blocchi di tufo.

Al momento della scoperta una grande quantità di terra insieme a grosse scaglie di tufo distaccatesi dal soffitto occultava  il pavimento della camera, purtroppo già sconvolta in epoca imprecisata.  Nonostante ciò l’accurato scavo condotto ha permesso di recuperare parti del corredo composto da vasellame di importazione dalla Grecia e di produzione  locale insieme a altri materiali pertinenti l’ornamento personale (parti di laminette d’oro, fibule di bronzo decorate in ambra e osso, grani di

collana in faïence) e il rituale del banchetto, elementi indicatori dell’alto rango dei titolari del sepolcro aspetto questo confermato dal rinvenimento dei resti di un carro a due ruote deposto nel corridoio d’accesso alla tomba.

 


Fonte: MiBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Cronologia: Arch. Italica

Segnala la tua notizia