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U.S.A. Il dono dell’uomo di Denisova ai tibetani.

La mutaziona genetica che ha permesso ai tibetani di adattarsi brillantemente alla vita in alta quota è stata probabilmente ereditata grazie a un incrocio dei loro lontani antenati con qualche gruppo di antichi umani noti come denisoviani. L’uomo di Denisova è una specie umana arcaica – strettamente imparentata con quella dei neanderthaliani, e come questa estinta – che, migrata dall’Africa in epoca molto remota (si stima quasi mezzo milione di anno fa) ha popolato parte dell’Asia, e soprattutto diverse regioni della Siberia:
A questa conclusione è giunto uno studio pubblicato su “Nature”, effettuato da ricercatori del BGI (Beijing Genomics Institute) a Shenzhen e dell’Università della California a Berkeley. Emilia Huerta-Sánchez e colleghi hanno confrontato il genoma di 41 tibetani e 40 cinesi di etnia Han individuando nei primi una variante genica particolarmente insolita a carico di un gene, chiamato EPAS1, coinvolto nella gestione del metabolismo in situazioni in cui scarseggia l’ossigeno.Sull’altopiano dei Tibet, a più di 4000 metri di quota, la concentrazione di ossigeno è inferiore del 40 per cento rispetto a quella del livello del mare, ma i tibetani si sono adattati in maniera straordinariamente brillante a queste difficili condizioni, grazie a mutazioni che consentono un tasso di fertilità delle donne superiore a quello delle donne che si sono acclimatate al luogo ma sono originarie dei bassopiani, e un tasso di mortalità infantile inferiore dei loro figli. Nei tibetani inoltre i bassi livelli di ossigeno non portano a un aumento dei livelli di emoglobina che si osserva invece nelle altre persone e che è collegato a un aumento dei rischio di gravi eventi cardiaci.
Successivamente, i ricercatori hanno confrontato la variante genica dei tibetani – e in particolare quelle modificazioni puntiformi nella sequenza del DNA che costituisce il gene e che sono note come polimorfismi di singolo nucleotide (SNP) – con i dati raccolti dal “1000 Genomes Project”, una collaborazione internazionale che sta censendo e classificando le varianti geniche che caratterizzano le diverse popolazioni della Terra. L’analisi ha evidenziato che quei polimorfismi non sono presenti in alcuna etnia attuale, se non con una frequenza davvero bassissima (e relativa a un numero ridotto di SNP) nella popolazione Han. Questi polimorfismi non si trovano neppure nei Nenderthal, ma i tre quarti di essi corrispondono perfettamente a quelli identificati nei resti dell’uomo di Denisova.
Questi dati indicano che il contributo genetico dell’uomo di Denisova deve essere avvenuto in un’epoca abbastanza remota, precedente alla separazione dei tibetani dall’etnia Han (fra i 10.000 e i 3000 anni fa), nella quale la perdita della variante deve essersi verificata per le pressioni selettive dell’ambiente in cui si sono insediati. Pressioni che invece hanno favorito il suo mantenimento e la sua diffusione fra i tibetani. Questa interpretazione, osservano i ricercatori, è ulteriormente rafforzata dal fatto che nelle popolazioni in cui oggi è possibile identificare la più forte presenza di un antico contributo genetico denisoviano, quelle della Melanesia (Papua Nuova Guinea, Isole Salomone), è andata perduta qualsiasi traccia dei polimorfismi a carico del gene EPAS1 tipici dei tibetani.

Fonte, http://www.lescienze.it, 2 luglio 2014

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