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ISRAELE. Ritrovati la tomba e il sarcofago di re Erode.

È molto probabile che la strage degli innocenti sia una leggenda senza basi storiche

I Palestinesi negano l´esistenza dell´antico tempio di Gerusalemme e vietano gli scavi
Erode, al suo nome non c´è chi non inorridisca: da Giotto a Beato Angelico, Guido Reni o Poussin hanno immaginato in molti modi diversi la sua “Strage degli innocenti” narrata nel Vangelo di Matteo, l´omicidio di tutti i bambini appena nati ordinato dal despota quando seppe che i Re Magi stavano cercando un neonato davvero speciale, il futuro Re dei Giudei. Eppure non c´è evidenza storica di quegli assassinii.

Nessuna cronaca ne parla. E Erode (73 – 4 a. C.), prima Governatore e poi, dal 37 a. C., re della Giudea per incarico dei Romani, emerge dalle ricerche sì come un tiranno spietato e sanguinario (fece uccidere una delle sue numerose mogli, la più amata, Marianne, il cui ricordo continuò a tormentarlo tutta la vita, e tre figli che pensava stessero tramando contro di lui), ma soprattutto come un geniale costruttore, l´ideatore di opere ambiziose e estreme che cambiarono il paesaggio di Israele.

Parliamo dell´ardita reggia di Masada alzata su tre spericolate terrazze sotto cui si apre l´abisso del deserto e del Mar Morto, teatro di una delle ultime difese degli ebrei che infine si suicidarono pur di non consegnarsi ai romani, o dell´ammodernamento del porto di Cesarea per il quale fu progettata una inedita barriera di cemento subacqueo su cui innalzò maestosi colonnati. Suo fu anche l´ampliamento del Tempio di Gerusalemme, eretto da Salomone nel X secolo a. C., poi distrutto dai babilonesi nel 586 a. C. e ricostruito circa 50 anni più tardi: lavoro grandioso, iniziato fra il 20 e il 19 a. C., per il quale fece imparare l´arte muraria a mille sacerdoti, gli unici a poter entrare nelle parti più sacre del complesso circondato dalla cinta esterna (ne faceva parte il famoso Muro del Pianto dei nostri giorni), un´opera dovuta anche al desiderio di essere accettato dai sudditi che non lo consideravano uno di loro sia perché aveva una madre non ebrea, ma soprattutto perché si era alleato con Roma.

Ma se oggi descriviamo questa figura storica di cui Giuseppe Flavio ha tanto narrato nelle Antichità giudaiche, è perché tra le sue creazioni monumentali, ce n´è una particolare, l´Herodion, rimasta a lungo quasi misteriosa, una cittadella che porta il nome del suo costruttore eretta sulla cima di una collina fatta come un cono spezzato a 13 km da Gerusalemme, nel mezzo del deserto: sui suoi resti si accanisce da 36 anni un archeologo israeliano con una forte base di studi architettonici, Ehud Netzer, che proprio ieri ha annunciato nella capitale israeliana le ultime scoperte.

Innanzitutto il perfezionamento di ciò che ha cercato a lungo: l´individuazione della tomba e il ritrovamento del sarcofago rosa finemente istoriato del Re (ritrovato nel 2007 e ora ricostruito per circa il 35 per cento), pietre ridotte in centinaia di frammenti dagli ebrei che, durante la prima rivolta contro Roma, nel 66 d. C., lo distrussero per risentimento contro l´alleato del nemico.

Accanto c´erano altre due tombe, bianche (una ornata e l´altra no) ricomposte adesso all´80 per cento, semplicemente buttate di sotto da quella che si è rivelata la base del mausoleo.

Sono emersi resti ossei? No.

Iscrizioni? «Non ce ne sono, ma nelle tombe ebraiche di allora è la norma. La tomba rosa, ne sono sicuro al 98 per cento, è di Erode; le altre due, databili allo stesso periodo, possono appartenere a una delle sue mogli, forse alla madre di Archelao e Antippa, Malthace. Forse alla prima amatissima congiunta, Marianne. Forse, alla seconda sposa di Archelao, Glaphyria», spiega Netzer anticipandoci i contenuti della conferenza stampa a Gerusalemme: settantaquattrenne imponente, due giorni fa era di passaggio in Italia.

«Ora che ne ho intuito gli assi e i singoli monumenti, capisco che la concezione di Herodion è eccezionale: basta pensare che il magazzino per il cibo è grande quasi come tutta Masada. L´intera struttura, di 20 ettari, fu voluta e pensata quale scenografia dei propri funerali, con mausoleo, giardini, cittadella monumentale e palazzo annesso», prosegue.

«Tutto cominciò quando alla base della collina, alcuni anni dopo la Guerra dei Sei Giorni, trovai una grande vasca, un colonnato, dei giardini. Il terreno fu trasformato in un parco nazionale. Continuai gli scavi. C´era una grande piattaforma lunga 365 metri: poteva essere un ippodromo, ma era larga solo 30 metri. Non era chiaro di cosa si trattasse. Proseguivo, cercavo il mausoleo e la tomba, perché Giuseppe Flavio aveva descritto per filo e per segno le faraoniche esequie di quel re». Niente da fare: ogni volta Netzer si sentiva sul punto di arrivo, ma non era vero. Come le tre volte che vennero alla luce delle grandi pietre istoriate che si dimostrarono sì di periodo erodiano, ma riutilizzate per tre chiese bizantine.

I lavori, per di più, dovevano interrompersi spesso e a lungo, con la Prima Intifada e il terrorismo, dall´87 al ´97, e poi con la seconda, dal 2000 al 2005. Lavorare era troppo pericoloso.

Chiediamo a Netzer se i palestinesi contestassero gli scavi, ma «no» risponde lui, «sul fatto che Erode sia storia, non hanno niente da dire visto che era di madre nabatea, non ebrea. Ma il periodo era poco propizio per scavare così isolati nel deserto come eravamo. Sono invece molto preoccupato del fatto che i palestinesi neghino l´esistenza dell´antico Tempio di Gerusalemme: è incredibile, non c´è archeologo, di qualsiasi religione o provenienza egli sia, che abbia dei dubbi a proposito. Eppure dal 2000 sostengono questa assurda teoria, che sotto la Spianata delle moschee non ci sia mai stato il Tempio, un´affermazione tutta politica, volta a degiudaizzare Gerusalemme, a non riconoscerne il profondissimo legame con gli ebrei e, alla fine dei fatti, la legittimità di Israele. Non ci fanno studiare il sottosuolo della Spianata, mentre loro ci lavorano, e sembra che gettino quella terra così preziosa per capire il passato».

Andiamo avanti con l´Herodium. Netzer trovò un mikveh, un bagno rituale, un ambiente che spesso si trova vicino anche alle tombe ebraiche, perché dopo una visita ai morti bisogna purificarsi. Fu individuato anche un Triclinium, un grande luogo dove sostare, come c´è a Petra. «Nel 2007, capimmo che la collina era artificiale solo in parte, in quella superiore: prima la costruzione rotonda in vetta, il palazzo, era visibile in tutta la sua altezza da Gerusalemme. Poi, solo 2 o 3 anni prima della morte, Erode decise di alzare la terra intorno, e farne un monumento interrato fino ad un certo punto, un´idea simile a quella di Augusto o di Adriano».

C´è anche la lunga scala, citata da Flavio Giuseppe. Stretta nella parte alta, verso la cittadella, ma larga tra lo slargo e il mausoleo a metà collina, adatta insomma a farci passare una processione: «Quello che all´inizio mi era sembrato un ippodromo non era altro che il luogo di raduno delle truppe e delle genti che avrebbero dovuto formare il corteo funebre salendo fino alla tomba». Una scenografia degna di un kolossal, che terminava nel mausoleo non enorme ma di tutto rispetto di cui vennero infine trovate le basi: le pietre indicano che fosse alto 25 metri, istoriato, un quadrato con lati di 8,7 metri, con al centro un colonnato rotondo e una cupoletta conica in cima.

Del complesso erodiano fa parte anche un teatro per 750 persone venuto alla luce proprio negli ultimi mesi: in alto sulla platea, una loggia di circa 7 metri per 8, ornata di dipinti e stucchi murali di tipo pompeiano, ricchi di colori, arancioni, celesti, verdi, con fregi, alberi e animali (ma il restauro non è ancora visibile): «un fatto inedito nelle costruzioni ebraiche, che non ammettono arte figurativa. Sono certo che Erode fece venire la mano d´opera dall´Italia. E sono anche sicuro che sia del 15 a. C. circa, e ciò dimostra come allora l´Herodion fosse pieno di vita: forse gli spettacoli del teatro furono organizzati proprio per la visita di Marco Agrippa».

Resta un interrogativo di fondo. Bisogna capire perché Erode volle un complesso tanto imponente in pieno deserto. «Perché nel 40 a. C. era stato il luogo di una battaglia per lui decisiva. Gerusalemme stava per essere conquistata dai Parti: di notte Erode riuscì a fuggire nel silenzio verso Masada portandosi dietro ben 5000 uomini. Inseguito non si sa bene se dai Parti o dagli ebrei o da tutti e due, mentre marciava vide sua madre cadere da un carro, la prese per morta. Voleva uccidersi, ma sopraggiunsero i nemici. Si batté, vinse, ricoverò la madre poi sopravvissuta e i suoi uomini a Masada. Poi fece una scelta fondamentale, andò a Roma dove ottenne la protezione del Triumvirato. Dopo tre anni sarà Re della Giudea».

Una vita dedicata a Erode. Netzer è più che soddisfatto di avere tra le mani quel sarcofago rosa, la tomba del Re, di aver capito il disegno sontuoso di Herodium con il palazzo e l´assetto monumentale per il corteo funebre e il riposo eterno. Qualcosa che doveva continuare a portare il nome di Erode dopo la sua morte. «Ma non ho una passione per lui. Lo ammiro per le sue realizzazioni. Ha fatto cose eccelse, come un architetto moderno: con una logica ferrea, dove ogni elemento ha una funzione».


Fonte: La Repubblica 20/11/2008
Autore: Ehud Netzer

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