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CASTELLAMMARE DI STABIA (Na). Ville romane sempre più nel degrado.

Al di là del parapetto si scorge quel che resta di un prezioso mosaico. L’ultimo pezzo, il resto è franato tutto giù dalla collina. Villa Arianna, scavi archeologici di Stabiae: qui il campanello d’allarme sulla conservazione è suonato da molto, molto tempo, come conferma il presidente dell’Osservatorio patrimonio culturale Antonio Irlando: «Bisogna fare presto, il sito stabiano è in pericolo».
Le «Ville dell’Ozio», Arianna e San Marco, sono in preda al degrado e all’incuria. Le infiltrazioni d’acqua bagnano i dipinti che cadono a pezzi e gonfiano i pavimenti; le tessere dei mosaici continuano a venir via; i piccioni lasciano i loro escrementi un po’ dove gli pare; i lavori di restauro sono un’utopia. Già trovare Villa Arianna è una bella sfida. Nessun segnale avverte il conducente se dallo svincolo di Gragnano si procede in via Passeggiata Archeologica verso il rione San Marco. L’unico cartello si intravede nella direzione opposta, che dirige verso l’angusta stradina che porta agli Scavi. Se si sente un forte odore e si sente abbaiare all’impazzata si è arrivati. Il parcheggio e l’entrata, sulla destra, confinano infatti con un canile. Secondo i custodi, la proprietaria del terreno l’ha avuta vinta e i poveri animali sono rimasti lì: sporchi, impauriti e feriti. L’entrata è gratis, basta firmare un registro. Il quale rivela che ad agosto sono passati di qui circa 1100 turisti, di cui 500 stranieri. «Eppure ci dovrebbe essere la fila – afferma Irlando – per vedere pitture e colori unici nel loro genere». Per i primi giorni di settembre non si superano le 30 persone. Nel «Triclinio 3» ci sono escrementi di piccione ovunque, a destra dipinti sbiaditi dietro plexiglas impolverati. Poco più in là ci sono le stanze dove venne rinvenuta la Flora, un dipinto che oggi gira il mondo in mostre itineranti. Meglio così: le verrebbero i lacrimoni nel vedere oggi la sua vecchia casa. La copertura di una grande sala perde, in terra ci sono pozzanghere, e sulle pitture non si sa bene cosa sia colato. In un angolo, i mosaici che compongono il pavimento sono rialzati: infiltrazioni d’acqua anche qui. E in un altro angolo, tra polvere e tessere venute via ci sono anche cicche di sigarette. «Quando piove le tessere galleggiano» dice il custode.
In altre parti della Villa, a fianco ai dipinti sbiaditi sono state apposte riproduzioni digitali di ciò che era, forse per «abituare» già tutti a ciò che sarà. In una stanza c’è un dipinto che sta per cedere, staccato dal muro. In terra si notano bende su alcuni mosaici. Sono vecchie di anni: un restauro mai completato. Più in basso o un poligono di tiro dove si spara in continuazione, creando un clima surreale. C’è anche quello che doveva essere un rilevatore di movimenti con tanto di fotocellule: ora è vandalizzato, una volta serviva ad impedire l’accesso da parte di malintenzionati.
Villa San Marco è poche centinaia di metri più avanti, lungo la strada. L’entrata si confonde tra piccole costruzioni abitate, campi di cavolfiore, panni stesi. «Uno spettacolo indecoroso, qui ognuno dovrebbe fare la sua parte, Comune e Soprintendenza. È una situazione che non si smuove dai tempi di Libero D’Orsi», commenta Irlando. Ricordando il fautore della campagna di scavi negli anni ’50, viene il dubbio di aver sbagliato strada.
Anche perchè poco più avanti si scorge un cartello: Antiquarium Nazionale di Boscoreale. Ma meglio non perdersi d’animo. A fianco all’entrata ormai chiusa della Villa, non funzionante e con tanto di tornelli arruginiti, c’è un segnale di «senso vietato» con un foglio: «Entrata Villa San Marco», di là. Attraverso altri panni stesi si raggiunge l’entrata. Ma è proprio troppo. Spunta un turista. Affannato e sudato, chiede appunto se ha sbagliato strada. No, «left», «right» e ci sei. Buona fortuna.

Fonte: Il Mattino, 28 set 2012

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